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Il difficile cammino della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti  

di P. Da Col, A. Trimarchi

02 OTT -

Nel panorama delle attuali sollecitazioni dell’opinione pubblica e dei professionisti per riformare e rifinanziare il SSN spicca, a nostro parere, la scarsa attenzione al tema dell’assistenza agli anziani nonautosufficienti, nonostante il suo peso nel SSN, la sua enorme dimensione quali/quantitativa ed il tentativo di riforma della Legge 33/2023 e del successivo suo Decreto attuativo (DL 29/2024). Per ora il successo sembra essere solamente di livello politico, perché certamente ciò non vale per quello operativo, ovvero per un vantaggio delle persone interessate. Questa la valutazione del “Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, in cui collaborano 60 Associazioni a vario titolo ingaggiate nel settore, tra cui la nostra CARD.

Proviamo qui a condurre per punti una sintetica analisi critica dello stato attuale di questa riforma prevista dal PNRR (“M5C2 -infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore - Riforma 1.2: Sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti”), guidati dal recente libro scritto dai principali esperti e coordinatori del Patto e scaricabile gratuitamente dal sito dell’Associazione.


1 - Come prima osservazione generale, dal confronto tra la Legge Delega 33 ed il Decreto attuativo 29 si evidenziano asimmetrie: sono stati fortemente depotenziati il ruolo e le funzioni del Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNAA). Nel Decreto 29, rispetto alla L. 33, sono state eliminate le aperture (progressi) della Legge Delega 33 relativi alla riforma dei servizi domiciliari specifici per la NA; è rimandata ad un Decreto successivo la riforma dei servizi residenziali; è stata eliminata la Prestazione Universale quale nuova misura economica universale, rendendola temporanea, sperimentale ed estremamente selettiva. Ancora, per nuove forme di sostegno e qualificazione delle assistenti familiari si dovranno attendere le linee guida sugli standard formativi, così come nuovi provvedimenti ad hoc per le misure di sostegno ai care giver. Unica luce forse definitiva: è stata mantenuta nei due step legislativi l’impostazione della ricomposizione degli attuali vari momenti valutativi della persona nonautosufficiente in due soltanto, uniformi nel Paese, con un cambiamento che dovrebbe avviarsi entro la fine del 2025. Infine – e spiegheremo oltre perché poniamo l’argomento non al primo bensì all’ultimo posto - è palese la mancanza di previsione di consistenti fondi aggiuntivi, fatto che rende la riforma priva di ogni reale impatto migliorativo. Insomma, per ora esiste una riforma incompiuta, che riduce o sopprime speranze, la cui crescita deve costituire secondo noi il primo obiettivo di un vero processo riformatore, che, prospettato già nel 1997, riguarda ormai, ogni giorno, dieci milioni di persone (4 milioni di anziani nonautosufficienti, 10 tra familiari ed operatori) ed i loro diritti.

2 - La questione della riforma incompiuta si pone, secondo noi, non solamente in termini di inadeguate risorse (servono almeno ulteriori 6-8 miliardi in più – vedi oltre), ma innanzitutto di insufficiente Cultura, sensibilità e mancanza di visione globale, e per questo qui ne parliamo: occorre conoscere e capire l’intero mondo della nonautosufficienza. Certo, poi domina il pensiero prevalente del “non ci possiamo permettere più di così”, ma i fatti ci inducono a ribaltare tale (im)prudente affermazione: dobbiamo convincerci e convincere che NON è accettabile NON poterselo permettere. Un tanto per ragioni sociali, etiche, scientifiche e soprattutto di equità; se non altro, per rispetto ai troppi caduti e feriti in questa fascia di popolazione durante la recente epidemia COVID-19.
3 - Un grande limite è che il Decreto attuativo 29/2024 non avvia un nuovo sistema di assistenza domiciliare specifico per queste persone (su cui il PATTO ha sempre insistito dall’esordio dei lavori nel 2021), ed addirittura smentisce le buone premesse del “progenitore” (L. 33). Si è creato così un vuoto che dovrà essere colmato con provvedimenti successivi (per ora non previsti). A mancare è, soprattutto, un progetto che risponda alla domanda: “di quali interventi al domicilio hanno bisogno gli anziani non autosufficienti?”. Oggi, tra gli interventi a casa, il Servizio sanitario fornisce in maggioranza singole prestazioni infermieristiche, certamente utili ma non sufficienti per affrontare le plurime conseguenze della non autosufficienza, tra le quali l’indispensabile sostegno nelle attività di base della vita quotidiana, la necessità dei familiari di poter contare su momenti di informazione/consulenza e sostegno psicologico, ed altro. In questo senso, va stigmatizzato il cospicuo finanziamento del PNRR (2,7 mld) per raggiungere la copertura del 10% della popolazione ultra65enne, in quanto questo obiettivo in realtà è solo prestazionale, che non tiene conto della rilevanza dell’intensità e della durata dell’assistenza, della stratificazione delle tipologie di intervento rispetto ai bisogni dell’anziano nonautosufficiente. Il SAD dei servizi sociali rimane un servizio ancora sottodimensionato perché sotto-dotato, e sostanzialmente riservato agli indigenti. Ricordiamo che la Legge di Bilancio 2022 (L. 234/2021) ha individuato l’assistenza domiciliare sociale come un Livello essenziale (LEPS). Il servizio rimane uno, ma le attività che dovrà garantire sono plurime e diverse. Questo dovrà comportare per tutti gli enti locali una profonda riorganizzazione dei loro servizi domiciliari. Purtroppo nel passaggio riformatore dalla Legge Delega 33 al Decreto Attuativo 29 è stata così cancellata la possibilità della “casa primo luogo di cura”. Si sarebbe dovuto introdurre un modello di servizi domiciliari ben integrante, specifico per la non autosufficienza, ancora assente nel Paese. Con il DL 29 rimane, invece, solo il coordinamento tra gli interventi domiciliari sociali e sanitari, mentre sono assenti aspetti decisivi quali la durata dell’assistenza fornita, la copertura delle attività quotidiane compromesse ed i diversi professionisti da coinvolgere.

4 - Il medesimo Decreto 29 non apporta basi di vero progresso per l’assistenza residenziale. Il Decreto sorprendentemente separa le parti da riunire: dedica infatti due articoli distinti ai servizi sociali (art. 30) e sociosanitari (art. 31), affrontati in modo comune dalla Legge 33. Per entrambi vengono semplicemente richiamate le indicazioni generali della Legge 33: continuità di vita e delle relazioni, ambienti familiari e sicuri, tutela della riservatezza, socialità, intensità assistenziale. Per i servizi sociosanitari (art. 31, commi 4 e 5), viene enunciata la necessità di assicurare processi d’integrazione istituzionale, organizzativa e professionale con il comparto sociale, oltre che di tener conto del livello di autonomia e delle condizioni cognitive e comportamentali dei residenti. Decisioni più sostanziali sono rinviate a un ulteriore Decreto del Ministero della Salute, da completarsi entro 120 giorni e limitato ai soli servizi sociosanitari. Va dato atto che nel Decreto 29 si parla di “Centri Residenziali Multiservizi” (CRM): i CRM sono una delle poche innovazioni contenute nel Decreto, anch’essi coerenti con alcune proposte del PATTO. Le strutture residenziali possono prevedere moduli distinti con diverso livello d’intensità assistenziale, oltre a servizi domiciliari, diurni e abitativi collegati con le Case della comunità. Le strutture possono così operare come Centri di servizio integrati, per la comunità e della comunità. Apprezzabile è il cenno alle cure palliative: l’art. 32 del Decreto definisce le Cure palliative come un diritto degli anziani non autosufficienti; specifica che sono erogabili anche in RSA e ne dà una definizione più ampia di quella dei LEA 2017. I disabili: il comma 2 dell’art. 31 affronta il tema delle persone anziane con disabilità psichiche e sensoriali, ricordando come il SSN garantisca loro trattamenti riabilitativi e di mantenimento, previa VMD e stesura del Progetto riabilitativo individuale (PRI). Il comma 3 bene cita sia il PAI che il PRI come strumenti guida degli interventi assistenziali.

5 - Come noto, il terzo e più solido pilastro del sistema attuale è costituito dai contributi economici alla persona. La riforma conseguente alla Legge delega 33 ben prospettava la modifica dell’indennità di accompagnamento (IDA), proposta dal PATTO e ben approfondita nel libro, in direzione della gradualità rispetto al bisogno, della valutazione del bisogno multidimensionale non esposta ad arbitrii e variabilità, della possibile fruizione di servizi anziché contributi monetari (in questo caso ricevendo un importo maggiore). Sia la Legge 33 che il Decreto 29 menzionano l’evoluzione dell’IDA nella nuova “Prestazioni Universale”, ma nel passaggio al Decreto la revisione dell’indennità è scomparsa. Infatti, il Decreto attuativo ha annullato le buone premesse della Legge 33 e ha reso la Prestazione Universale una misura non più per tutti, ma per una fascia limitatissima di grandi poveri - grandi anziani, di carattere sperimentale temporaneo e di entità monetaria non significativa per questa platea (saranno solo 80.000 i possibili fruitori ultra80enni vs un milione di candidabili). Si è annullata qualsiasi possibilità di riforma dell’IDA. Certamente hanno influito timori di natura tecnica e politica e valutazioni affrettate dei costi. Si stima che l’estensione a tutti gli ultra80enni percettori di IDA potrebbe costare circa 10 mld, cifra che salirebbe a 14 per tutti gli ultra65enni, ma non si è calcolato il recupero dai minori contributi per i soggetti con bisogni minori. Il Decreto 29/2024 per il biennio 2025-2026 stanzia in realtà solo 500 milioni destinati alla Prestazione Universale.

6 - Lo snodo decisivo della riforma non riguarda l’adeguamento dei finanziamenti pubblici (da limitati a “giusti”), ma la capacità dello Stato di ridisegnare con urgenza il welfare, per metterlo in grado di rispondere efficacemente alla crescente presenza di anziani non autosufficienti, con bisogni sempre più complessi. Ed il punto di partenza non può che essere la progettazione del sistema: discutere di finanziamenti ha senso solo se questa è solida. Per nessuna delle tre misure principali (assistenza domiciliare, residenziale, indennità) è previsto, al momento, un vero piano di cambiamento. Ciò significa che non vi è alcun chiaro percorso di sviluppo del settore per il quale poter richiedere nuovi fondi strutturali. Prima delle risorse, dunque, manca il progetto degli interventi da finanziare. Il PATTO ritiene che questo progetto sia urgente, debba essere partecipato, condiviso, convinto e convincente. E in questa logica nel PATTO si sta lavorando da tre anni, sintetizzando diverse posizioni, esperienze, conoscenze. Il libro è quindi anche espressione di questa collegialità.

7 - In questa prospettiva, purtroppo nel Decreto 29 si è persa la possibilità di realizzare un sistema integrato, unitario. Era stato immaginato e proposto dal PATTO come Sistema Nazionale per l’Assistenza agli Anziani (SNAA), cardine nel generare una radicalmente nuova forma di integrazione tra ambito sanitario e sociosanitario, sociale, previdenziale, ovvero tra ASL, Comuni, INPS. Lo SNAA esiste nella L. 33 per svolgere compiti di programmazione e governance riuniti nei tre livelli: Stato, Regioni, Comuni. Ciascuno di essi deve preparare un Piano triennale, in collegamento “a caduta” (quello statale genera quello regionale e quest’ultimo quello locale). Con il DL 29 questa visione è svanita; viene meno così l’occasione di rendere coerente, efficace un obbligo favorevole per Enti e professionisti, per superare i “silos”, che tante omissioni, ritardi, sprechi generano da molti anni. La rinuncia ad applicare un governo unitario tramite lo SNAA porta con sé anche quella della mancata realizzazione di un sistema nazionale di monitoraggio integrato, elemento considerato fondamentale dal PATTO per azioni sistematiche di coordinamento e di programmazione efficace. Nel Decreto 29, dunque, sono assenti entrambi questi due punti di forza e le possibilità di trovare il punto di equilibrio tra il maggior ruolo dello Stato e il rafforzamento delle autonomie locali per ricomporre le differenze territoriali.

8 - Gli esperti autori del libro riconoscono un valido punto di forza di entrambi i provvedimenti legislativi: la ricomposizione degli attuali molteplici momenti valutativi in due, da applicare in tutto il Paese (anche questa proposta del Patto). Nel primo, la Valutazione Multidimensionale Unificata è effettuata al primo contatto-richiesta dell’utente, ad esempio presso i PUA, le Case della Comunità. E’ qui prevista una valutazione globale, multidimensionale, a tutto campo rispetto alle esigenze della persona e al suo contesto di vita. Da questa può discendere, come necessario ed appropriato, la seconda valutazione svolta dalle Unità di Valutazione Multidimensionale, che potrà contare su tutto quanto immesso con la prima durante il primo step nel sistema informatico, arricchendola con altri elementi per personalizzare il PAI ed il percorso di assistenza. Anche se il Decreto 29 rimanda il disegno della sua concreta realizzazione ad atti successivi, il lavoro per razionalizzare procedure e passaggi delle valutazioni è ben impostato. Entro la fine del 2025 questa novità sarà in vigore, con un nuovo sistema standardizzato di valutazione multidimensionale, digitalizzato, uniforme in tutto il Paese. L’art. 28 del Decreto stabilisce le regole dell’interoperabilità digitale delle informazioni fra le amministrazioni pubbliche. Le informazioni sono ricondotte all’identità digitale del cittadino e diventano fruibili da tutti i soggetti abilitati. Non va sottovalutata l’importanza di questa revisione delle valutazioni della condizione di non autosufficienza dell’anziano. Se ben attuato, infatti, questo passaggio potrà migliorare in modo significativo la capacità di comprendere la situazione delle persone coinvolte e semplificare notevolmente passaggi e procedure, con notevoli benefici per l’utenza. D’altra parte, si tratta dell’unico certo cambiamento di fondo presente nella riforma.

9 - Esigenze di spazio impongono di soffermarsi brevemente su altri due temi fondamentali: le assistenti familiari ed i care giver. In breve: per la necessaria formazione e qualificazione delle “badanti” nel Decreto 29 vi è un rinvio a successive linee guida, da emanarsi entro 90 giorni, ma non si sa in quale misura vincolanti per le Regioni. Va notato che il medesimo Decreto lascia completamente cadere il riordino e il rafforzamento dei benefici fiscali. I care giver: mentre nella Legge Delega 33 la parte dedicata ai caregiver familiari è assai scarna e vaga, nel Decreto 29 viene notevolmente ampliata e articolata. Il Decreto definisce il ruolo dei caregiver (ricordiamoci che sono milioni), ne individua le modalità di relazione con gli operatori del sistema dei servizi sociali, sociosanitari e sanitari nei diversi momenti e interventi relativi al congiunto non autosufficiente, stabilisce i compiti delle Regioni e prevede il coinvolgimento delle associazioni di caregiver nella programmazione regionale e nazionale. Complessivamente, emerge un insieme di indicazioni generali piuttosto solido. Il Decreto non prevede ulteriori atti operativi perché i passaggi successivi rientreranno nell’iter della Legge quadro sui caregiver familiari attualmente in discussione.

10 - Dunque esistono oggi possibilità di realizzare “miglioramenti a costo-zero”: noi riteniamo che i tecnici debbano renderle esplicite, aumentando la pressione verso i decisori per raggiungere a breve almeno questi risultati.

11 - La questione “dei soldi”. Partiamo da alcuni dati significativi preliminari citandoli dal libro: oggi in Italia il 20% delle risorse pubbliche è destinato all’assistenza domiciliare, il 30% a quella residenziale ed il restante 50% a prestazioni in denaro. E’ uno squilibrio che va corretto. Ancora: in Italia la spesa pubblica pro-capite per Long-term care vale la metà di quella europea (210 € p.c vs 457). In totale, i 25 mld totali per la nonautosufficienza (insufficienti) sono così ripartiti: 9,2 per la parte sanitaria, 11 per l’IDA, 4,9 per altre prestazioni degli enti locali. Altra asimmetria. Anche la percentuale sul PIL in Italia per la LTC è metà di quella europea: 0,68% vs 1,40%; con una incidenza sulla spesa sanitaria del 9,8% vs 15,9%. Come sopra ricordato, per ora la riforma è stata dotata solamente di 500 milioni. Per portarci ad un intervento pubblico di livello europeo servono nuovi stanziamenti pari ad almeno 0,3/0,4 punti di PIL, ovvero almeno 6-8 miliardi all’anno (Patto, 2022). Ribadiamo che per CARD NON possiamo NON permettercelo. Come spiegato nel libro, si tratta di una cifra significativa, raggiungibile in un arco pluriennale, a condizione che il tema diventi una priorità politica, dato l’inscindibile legame tra risorse economiche e scelte politiche. L’interrogativo cruciale quindi è se e in quale misura la politica deciderà di dare priorità alla non autosufficienza, tra i tanti settori in competizione per ottenere maggiori finanziamenti pubblici. Esiste poi l’idea, condivisa nel PATTO, di dotare il sistema di un secondo pilastro di finanziamento della riforma, che non viene presa in considerazione nei due decreti. In breve, consiste nell’accantonamento di fondi, da usare per la copertura dei bisogni che scaturiscono dallo stato di non autosufficienza con una logica solidaristica e senza fini di lucro, che lo differenzia dal terzo pilastro, basato su una logica assicurativa legata al rischio. Vanno costituiti fondi integrativi alimentati dai contributi versati da una platea il più possibile vasta, da restituire sotto forma di rendita e/o servizi dal momento in cui sarà accertato lo stato di non autosufficienza. A questo scopo va prevista l’attivazione della copertura collettiva attraverso la contrattazione tra le parti sociali e il versamento, in maniera continuativa, di contributi in età lavorativa, così da trarre il massimo vantaggio da una solidarietà ampia, condivisa e generalizzata tra le diverse categorie lavorative e le generazioni.

In conclusione, riassumiamo quanto imparato dal libro: l’approvazione del Decreto Attuativo 29/2024 ha portato a compimento il percorso cominciato con l’inserimento della riforma nel PNNR, nel 2021, e continuato con l’approvazione della Legge Delega 33/2023, con esiti sfavorevoli inattesi. Mentre la Legge del 2023 delineava un progetto di cambiamento ampio e condivisibile, il Decreto del 2024 ne ha seguito in modo parziale le indicazioni, ridimensionando nettamente l’orientamento al cambiamento. La portata dell’arretramento risulta evidente se si considerano le principali novità emerse nel passaggio tra Legge Delega e Decreto Attuativo: mancata applicazione dello SNAA (con rinuncia a costruire un sistema unitario della non autosufficienza); cancellazione della riforma dell’Indennità di accompagnamento (lasciando così inalterate – come accade dal 1980 – le notevoli criticità della più diffusa misura del settore); decisione di non progettare una domiciliarità pensata per la non autosufficienza (cioè di non mettere in discussione i modelli d’intervento oggi prevalenti ma inadeguati) e rinvio di una riforma della residenzialità. Ci si trova ora di fronte ad un sostanziale rinvio della riforma, con il rischio di ritrovarsi in un intermezzo di immobilismo ormai insopportabile per milioni di persone. Di converso, è giusto riconoscere che comunque per la prima volta questo sistema di assistenza è stato messo in discussione, facendo emergere difficoltà ed opportunità di un processo lungo e in divenire, per cui il giudizio complessivo diventa interlocutorio e non è del tutto negativo. Questa nuova attenzione è però insufficiente ed incompleta, andrà coltivata ed ampliata per rafforzare alcune basi per il cambiamento già impostate e affermare le priorità della politica a favore di questo settore. Dovranno seguire altri atti legislativi e normativi, per la cui costruzione come CARD riteniamo che noi operatori siamo chiamati a contribuire con impegno responsabile di ascolto e studio, per capire, proporre, convincere. Continuiamo a pensare che una vera riforma sarà tale solamente se innanzitutto avrà almeno aggiunto, mai sottratto, speranza e fiducia ai dieci milioni di persone che attendono da troppo tempo sollievo e sostegno.

Paolo Da Col, Antonino Trimarchi
Centro Studi CARD



02 ottobre 2024
© Riproduzione riservata


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