Gli italiani oramai spendono annualmente, di tasca propria, quasi 40 miliardi, contro i 129 del budget del Servizio Sanitario Nazionale, e dall’ultima indagine realizzata dal nostro Istituto in questo 2023, risulta che il 30% dei cittadini ha forti difficoltà a sostenere “di tasca propria” le spese mediche. Erano il 24,5% nel 2022. È quanto sottolinea il Rapporto Eurispes 2023
“Quel Sistema sanitario – si legge - che, in quanto universale e gratuito, dovrebbe permettere di curare adeguatamente una popolazione che, tra l’altro, invecchia sempre di più, e che in effetti ha funzionato bene dopo la riforma del 1978; è oggi ridotto allo stremo. I 12/15 miliardi di maggior dotazione annua che sarebbero indispensabili per risollevarlo, non ci sono. Mentre si dilatano altri capitoli di spesa, il budget della sanità langue. Queste politiche hanno prodotto la desertificazione sanitaria di molti territori, con la chiusura ‒ solo nel decennio 2010- 2020 ‒ di 111 ospedali e di 113 pronto soccorso; in totale sono scomparsi 37.000 posti letto. Ma non basta: per un verso il blocco alle assunzioni da parte delle diverse sanità regionali ha depauperato e debilitato il capitale umano (medici, infermieri, tecnici) delle strutture pubbliche, per l’altro, la mancata programmazione dei nuovi fabbisogni ha generato la crisi dei medici di medicina generale, con il risultato che già oggi milioni di italiani non possono contare sul medico di base, mentre per i prossimi anni – visto il forte invecchiamento dell’intero comparto dei medici italiani – per altri milioni si dovrà parlare di pratica impossibilità di accedere al primo livello di assistenza, per non parlare del numero chiuso delle Facoltà di medicina che allontana molti aspiranti medici proprio mentre ne diventa sempre più forte la ricerca. La penuria di nuovi professionisti si somma, inoltre, alla sempre più marcata tendenza di medici ed infermieri ad “emigrare” in altri paesi o nel migliore dei casi ad abbandonare il pubblico per collocarsi nel privato”.
Per l’Eurispes “la perdita di peso del tema “salute” negli ultimi decenni, discende da una pluralità di fattori. La crisi della dimensione comunitaria porta con sé l’accettazione di una dimensione privatistica anche in un ambito essenziale come quello della salute. Seppure non esplicitamente avanzata, vi è l’idea che l’individuo debba detenere le “chiavi” della propria salute. Non si può chiedere al “pubblico” di risolvere problemi “privati”. Per spiegare questo progressivo disimpegno che colpisce il Servizio Sanitario Nazionale, può essere utile introdurre una riflessione sulla assoluta trasversalità dei bisogni di salute. Chi li esprime è, in primo luogo, una popolazione anziana che cresce sempre più sia in valore assoluto, sia in percentuale e che, grazie proprio all’aumento dell’attesa di vita, inevitabilmente deve fare spesso ricorso a prestazioni mediche. Questi milioni di ultrasessantenni che rappresentano più del 30% dell’intera popolazione, costituiscono un macro-aggregato su cui nessuna forza politica è in grado di mettere il proprio cappello: sono, quindi, per così dire “orfani” di una specifica rappresentanza. Visto che nessuna area politica è in grado di ottenerne “in esclusiva” il consenso, il bisogno di salute è una bandiera che nessuno decide di sventolare”.
Eutanasia: la larga maggioranza dice sì, ma calano i sostenitori. Il 2023 rappresenta l’anno con la maggior perdita di consenso per la pratica dell’eutanasia (67,9%), dopo la netta ripresa dei favorevoli registrata nel 2022 (74,9%). L’80,9% dei 25-34enni si esprime a favore dell’eutanasia, seguiti dal 75,7% dei 18-24enni, dal 75,5% dei 35-44enni, mentre tra gli over 64 la percentuale precipita al 55,3%. Il maggior numero di pareri a favore proviene dal Nord-Ovest, dal Sud e dal Nord-Est (rispettivamente, 74,9%, 72,6% e 71,4%), mentre le Isole fanno registrare il dato più basso (47,1%). Il 73,8% dei laureati si dichiara a favore di tale pratica, a fronte del 61,3% di coloro che possiedono la licenza media.
Il Testamento biologico. Così come l’eutanasia, il testamento biologico (disciplinato dalla legge 219/2017) rappresenta un tema controverso. Secondo i dati raccolti dall’Eurispes, nel 2023 le persone favorevoli rappresentano il 68,8%, uno dei dati più bassi registrati negli ultimi anni, seppur vicino a quello dell’anno precedente: nel 2022 i favorevoli erano infatti il 69,3%, mentre negli anni precedenti le percentuali si attestavano al 71,5% e al 73,8%, rispettivamente, nel 2021 e nel 2020. Sul testamento biologico si esprime a favore il 74,3% dei laureati, mentre condivide la medesima opinione soltanto il 57,4% di chi possiede la licenza elementare o non ha conseguito alcun titolo di formazione primaria. Suicidio assistito, ancora reticenze. Rispetto alla possibilità di ricorrere al suicidio assistito, con l’ausilio di un medico per porre fine alla propria vita, i dati rivelano che gli italiani mostrano ancora un certo grado di resistenza. Nel 2023, gli italiani a favore rappresentano il 50%, in aumento rispetto a tutti gli anni precedenti: erano il 41,9% nel 2022; il 42,4% nel 2021; il 45,4% nel 2020 e soltanto il 39,4% nel 2019. Il maggior numero di consensi si registra tra i 25-34enni (58,1%), mentre la fascia di popolazione oltre i 65 anni si esprime a favore nel 45,6% dei casi
La fecondazione eterologa. Il 58% degli italiani si dichiara a favore della fecondazione eterologa (fecondazione in vitro attraverso l’utilizzo di ovociti, gameti e spermatozoi di donatori estranei alla coppia, in caso di sterilità di uno dei partner), in aumento rispetto al 2022 (56,9%) e con una percentuale vicina a quella rilevata nel 2021 (57,5%). L’utero in affitto. Poco meno di 4 italiani su 10 si dichiarano a favore della maternità surrogata (39,5%). Il dato appare in lieve aumento rispetto al 2022, quando solo il 36,5% del campione ha espresso opinione favorevole, ma in flessione rispetto al 2020 (40,2%). Meno di un italiano su due tra i 18 e i 24 anni si dichiara favorevole alla pratica dell’utero in affitto (49,1%), seguito dal 46,8% dei 25-34enni, dal 41% dei 45-64enni, dal 39,8% dei 35- 44enni e soltanto dal 30,9% degli over 64.
Autonomia differenziata e possibili riflessi in materia di tutela della salute. L’autonomia regionale differenziata si esprime nella possibilità delle Regioni di richiedere l’acquisizione di maggiori ambiti di autonomia normativa in aggiunta a quelli ordinariamente attribuiti ad esse dal Titolo V. Le prime Regioni ad attivarsi in questo senso sono state Lombardia e Veneto, alle quali si è poi aggiunta l’Emilia Romagna. Il primo concreto atto è l’approvazione, in via preliminare, in Consiglio dei Ministri (nella seduta del 2 febbraio 2023), dello schema di disegno di legge quadro, recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a Statuto ordinario”. In un contesto normativo in cui il diritto sociale alla salute si è andato caratterizzando come diritto costituzionale finanziariamente condizionato, i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) rappresentano la misura della effettività delle prestazioni erogabili dal SSN. È però evidente come, pur essendo stati i LEA definiti, ridefiniti e aggiornati, sussistano forti disomogeneità regionali nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, oltre che nella effettuazione della spesa da parte dei diversi Sistemi sanitari regionali, con la conseguente adozione di volta in volta, da parte dei Governi, di misure straordinarie di affiancamento da parte dello Stato. Le differenze tra i diversi sistemi sanitari regionali. Sulla base dei monitoraggi effettuati dal Ministero della Salute a partire dal 2010, l’Osservatorio GIMBE ha elaborato una classifica per punti tra le varie Regioni, che ha evidenziato consistenti disomogeneità negli adempimenti concernenti l’attuazione dei LEA. Agli ultimi posti della classifica (2010-2019) si trovano Sardegna, P.A. di Bolzano, Campania, Calabria. Nel 2020, con riferimento alle tre macroaree di valutazione individuate (area ospedaliera; area prevenzione; area distrettuale), Piemonte, Lombardia, P.A. di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Puglia hanno fatto registrare una soglia superiore a 60 punti (considerata soglia di sufficienza) in tutte le macroaree. Liguria, Abruzzo, Molise e Sicilia hanno presentato un punteggio inferiore alla sufficienza in una macroarea, mentre Campania, Basilicata, Valle d’Aosta, P.A. di Bolzano e Sardegna sono risultate insufficienti in due macroaree. La Calabria ha presentato un punteggio inferiore alla sufficienza in tutte e tre le macroaree.
Autonomia e possibili ripercussioni in àmbito sanitario. L’estensione dei poteri normativi riguarda diversi profili, dei quali possono enumerarsi quelli maggiormente rilevanti, quali: un più ampio spazio di manovra nella gestione del personale sanitario; una maggiore autonomia nel sistema di governance delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale; una più ampia possibilità di stipulare accordi con le Università; una maggiore autonomia nella gestione finanziaria con estensione anche al sistema tariffario e alla gestione dei fondi sanitari integrativi; maggiori competenze in tema di farmaci, con possibilità di interloquire direttamente con l’AIFA. Appare evidente come la legge quadro in materia di autonomia regionale differenziata sia destinata a costituire il primo snodo importante per avere piena contezza degli ambiti di operatività in àmbito sanitario, nella tutela piena ed uniforme del diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione.
Farmaci falsi. Nel mercato del falso, gli integratori alimentari insieme ai potenziatori sessuali sono i prodotti più `imitati´, rappresentando circa il 60-70% del totale dei prodotti per la salute contraffatti presenti in Italia. Discorso simile può essere fatto per i prodotti cosmetici contraffatti e che in Europa, si stimano ogni anno perdite per 9,6 miliardi di euro, di cui 935 milioni solo in Italia.
Gli integratori non sono sottoposti agli stessi controlli stringenti dei farmaci e possono essere acquistati in totale autonomia dai consumatori anche su siti generalisti, senza alcuna necessità di prescrizione. Questo perché gli integratori sono, dalla legge, assimilati agli alimenti, non dovendo contenere alcuna sostanza farmacologicamente attiva. La combinazione tra la libertà di acquisto e i minori controlli hanno fatto sì che gli integratori, come i prodotti di cosmesi, diventassero negli ultimi anni uno dei settori maggiormente permeabili alla contraffazione, soprattutto nelle economie più sviluppate. Riguardo ai cosmetici, l'Eurispes ricorda che presentano rischi assimilabili a quelli di farmaci e integratori contraffatti. Possono contenere sostanze farmacologicamente attive, funghi, batteri, metalli pesanti.
A far preoccupare è inoltre la tendenza all'autotrattamento che, soprattutto con gli acquisti online, porta a fare a meno del parere medico.