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Venerdì 08 OTTOBRE 2021
Viaggio nelle professioni sanitarie. I Tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, intervista al presidente Di Giusto
Professione che nasce da lontano, ne ripercorriamo le presenze sin da Pompei, dall’alto Medioevo, dal Rinascimento. Con il Presidente parliamo anche delle “morti bianche”: “Le morti sul lavoro, a cui devono essere aggiunti – e non dimenticati - gli infortuni gravi e permanenti e le malattie professionali, rappresentano una grave piaga sociale che non può essere affrontata senza una logica di sistema che coinvolga tutte le parti interessate”, domenica 10 ottobre la Giornata nazionale per la sicurezza sul lavoro. Anche il PNRR tra i temi del colloquio.
Continuiamo il nostro cammino tra le 19 professioni che compongono la FNO TSRM e PSTRP. Il nostro colloquio di oggi è con Maurizio Di Giusto, presidente della cda nazionale dei Tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei Luoghi di lavoro (TPALL). Il 10 ottobre, domenica, la Giornata nazionale per la sicurezza sul lavoro.
Presidente Di Giusto. Partiamo dalla storia in Italia della vostra professione. La possiamo definire recente o meno?
La Professione del Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei Luoghi di lavoro (TPALL) è una professione “giovane” dal punto di vista normativo in quanto istituita con il DM n°58 del 1997, tuttavia è altresì tra le più antiche nella storia del nostra paese in quanto, ad esempio, già nelle trascrizioni delle terme di Pompei nel 80 a.C. si legge che tra ogni ciclo termale vi era la verifica, da parte di personale deputato, delle condizioni igieniche. Proseguendo nel Capitulare de villis et curtibus imperialibus – riferito alla corte di Carlo Magno (VIII secolo d.C.) - possiamo leggere: “Occorre dedicare molta attenzione perché i prodotti alimentari lavorati o confezionati a mano siano tutti fatti o preparati con pulizia somma: il lardo, la carne secca o insaccata o salata, il vino, l’aceto, il vino di more, il vin cotto, la salsa di pesce, la senape, il burro, il malto, la birra, l’idromele, il miele, la cera, la farina”.
L’attuale pandemia ha posto risalto, se ancora ve ne fosse bisogno, al ruolo della Sanità pubblica ed a quello degli operatori che in tale settore operano quotidianamente, ma già il passato ci ha visto coinvolti in queste situazioni; a Venezia il 13 ottobre 1440, in occasione di nuovi pericoli di peste, in Senato furono eletti tre “Provveditori alla Sanità” “qui diligenter examinent et intelligant omnia quae habent corumpere aera” che, per fini di prevenzione, controllo e repressione, si avvalevano anche di specifici collaboratori sul territorio. A Firenze nel XVII secolo le guardie del Bargello ispezionavano e fornivano pareri su attività lavorative come macellerie e concerie, sulla qualità del pane e delle farine, sui salumi, sulle carni, sulla potabilità dell’acqua, e nelle loro ispezioni individuavano alimenti ritenuti non sani o contraffatti. Anche in questo caso non possiamo non vedere gli antesignani dei TPALL.
Con regio decreto n. 7042 del 1890 nasce ufficialmente la figura del Vigile sanitario, con il compito di coadiuvare l’Ufficiale Sanitario nell’esecuzione delle ispezioni igienico sanitarie e dei regolamenti comunali; competenze poi ampliate nel 1923 con la costituzione dei Laboratori provinciali di igiene e profilassi. Nel 1978 con l’istituzione del Servizio sanitario nazionale i Vigili sanitari furono nei servizi di prevenzione delle USL assumendo la denominazione di Personale di vigilanza e ispezione e da qui, appunto, arriviamo alla storia più recente dalla quale sono partito Il DM 58/97, ma questa non è più storia è il presente e contestualmente la base del futuro della nostra figura professionale che ha oggi un profilo ben definito, con ambiti d’intervento quanto mai vasti e interessanti da un punto di vista preventivo ma anche economico.
Come si trovano i vostri iscritti a lavorare all’estero?
A differenza di altre professioni sanitarie la nostra professione nel territorio europeo, “Environmental and Workplace Prevention Techniques”, non ha una completa corrispondenza nei vari Paesi. Questo perché il nostro agire professionale si sviluppa principalmente nel dare applicazione alle discipline normative di settore che possono essere diverse nei vari Paesi dell’Unione. Esistono tuttavia, nei vari Stati, percorsi formativi universitari corrispondenti, totalmente o in parte, al TPALL e questo permette nei rispettivi Paesi, stante le norme europee del mutuo riconoscimento professionale, l’esercizio professionale. L’esperienza di molti colleghi che hanno scelto di esercitare all’estero la professione, anche eventualmente dopo percorsi di formazione post base, è stata molto produttiva in particolar modo nella sicurezza alimentare, grazie alla presenza di Regolamenti comunitari specifici e recepiti in tutti gli Stati, oppure nella sicurezza nei luoghi di lavoro, in virtù degli standard definiti dalle normazioni tecniche quali ISO, ecc. e dall’approccio sistemico alla valutazione del rischio che viene fornito dai nostri percorsi universitari e molto apprezzato all’estero in particolar modo nei paesi anglosassoni.
Parliamo del vostro ruolo nella sicurezza alimentare.
Come per avviene per gli altri ambiti di competenza professionale, protezione ambientale, sanità pubblica e veterinaria, prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, Il Tecnico della Prevenzione esercita le proprie attività in forma libero professionale o in qualità di dipendente di Enti pubblici e privati e/o aziende. A parte le attività di prevenzione ambientale, dove nel pubblico le principali funzioni sono esercitate nei Servizi regionali delle Agenzie di protezione Ambientale, la professione svolge il proprio ruolo all’interno dei rispettivi Servizi dei Dipartimenti della Prevenzione afferenti alle singole Aziende sanitarie del territorio nazionale. Con riferimento alla sicurezza alimentare le funzioni del profilo sono quelle di tutelare il diritto fondamentale alla salute del cittadino-consumatore attraverso la verifica dell'applicazione dei vari Regolamenti Comunitari del cosiddetto “Pacchetto Igiene”, fino al recente Regolamento CE n°625/2017, che sono capisaldi dell'attuale normativa vigente, congiuntamente ad una serie di normative nazionali e regionali più specifiche. In tale contesto, in ambito pubblico, il Tecnico della prevenzione oltre a ciò che viene fatto nei servizi veterinari in merito al benessere animale ed alla salubrità dei mangimi, si occupa, ad esempio, della verifica degli adempimenti normativi, delle condizioni igieniche di locali e attrezzature, dell’applicazione da parte delle imprese delle norme di buona prassi igienica e di lavorazione, delle condizioni di conservazione e gestione degli alimenti, fino anche alle certificazioni di commestibilità/idoneità al consumo di alcuni alimenti quali ad esempio i funghi freschi. In caso di non conformità sono erogate specifiche sanzioni, nonché prescrizioni di ripristino delle condizioni di sicurezza e, nei casi più gravi, si arriva a proporre la sospensioni di attività e/o commercializzazioni dei prodotti alimentari mediante sequestri, restrizioni, ecc. In veste di consulente alle imprese invece il Tecnico della prevenzione, oltre alla stesura dei prescritti piani di autocontrollo alimentare, favorisce, sempre in ottica proattiva, l’attivazione di tutte quelle misure di prevenzione e sicurezza funzionali a garantire la salubrità dei prodotti alimentari.
Una questione aperta è quella delle morti bianche. Parliamo anche della morte di Luana D'Orazio a Prato.
Ho già espresso in altre occasione quanto non condivida questo termine “morti bianche”, non nascondiamo il termine che invece deve essere palesato a gran voce sono “morti da Lavoro”, ovvero persone che nell’esercizio di un loro diritto costituzionalmente riconosciuto, ogni giorno non fanno ritorno alle loro case. L’art. 4 della nostra Costituzione recita al primo comma “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto..”. Tra le condizioni che rendono effettivo questo diritto, non può non essere riconosciuta la sicurezza dei luoghi di lavoro ed in questo la responsabilità dello Stato nelle funzioni proprie esercitate dai rispettivi decisori nel dare concretezza a tale principio. Le morti sul lavoro, a cui devono essere aggiunti -e non dimenticati perché meno empaticamente coinvolgenti,- gli infortuni gravi e permanenti e le malattie professionali, rappresentano una grave piaga sociale per un Paese moderno, che non può essere affrontata senza una logica di sistema che coinvolga tutte le parti interessate. Quanto accaduto purtroppo a Luana D’Orazio ha avuto un risalto mediatico ed emotivo forte ma il nome di Luana rappresenta il nome di più di 690 persone morte sul lavoro già in Italia nel 2021. Numeri che sono nomi, numeri che non possono e non devono rappresentare solo quel mero e triste dato statistico che ci porta a circa 4 morti al giorno. Se questo è il contesto del tema, e lo è, seppur le profonde trasformazioni socio economiche intervenute nel nostro paese, ma anche la maggiore attenzione normativa rispetto alla salute e sicurezza dei lavoratori, hanno fatto si che dai 4.500 infortuni mortali all’anno degli anni ’60, nel 2007 il numero sia sceso a 1.260 fino ad al dato di oggi sopraindicato, non possiamo assolutamente ritenerci “soddisfatti” perché non dovremmo mai esserlo neanche con una sola morte all’anno sul lavoro, ovvero accaduta nell’esercizio di quel diritto legittimo riconosciuto ed in precedenza espresso.
Se il susseguirsi degli impianti normativi, dei modelli organizzativi, dei contesti ambientali, di competenze suddivise in maniera frammentaria tra Enti, che talvolta si sovrappongono negli interventi alle imprese, e di molti altri fattori oggi ci porta questi risultati, diviene palese quanto vi sia la necessità di mettere in campo nuove strade in linea con i processi tecnologici e sociali che in questi anni hanno cambiato il mondo del lavoro. Ci vuole il coraggio del cambiamento, il coraggio anche di programmare sistemi non solo basati sulla dicotomia inadeguatezze-sanzioni, ma anche a supporto alle imprese in politiche economiche, anche di detrazioni totali delle spese sostenute in sicurezza (costa molto di più allo Stato ed alla collettività la non sicurezza), che rendono “conveniente” alle aziende investire in Prevenzione. Le ispezioni esercitate ai sensi del D.Lgs 81/08 e smi, da parte dei Tecnici della prevenzione che operano nei Dipartimenti della prevenzione delle ASL, a cui competono tali funzioni, seppur nell’auspicabile e necessario aumento delle piante organiche, non saranno mai sufficienti per “controllare” quasi 5 milioni di imprese. Un esempio, nel privato, è sono quelle imprese che hanno investito, assumendo ad esempio nelle proprie direzioni Tecnici della prevenzione o che si sono rivolte alla alla Professione come consulente, le quali hanno cambiato il loro paradigma in visione positiva verso la sicurezza, in quanto le competenze e la mission della nostra professione, a differenza di altre professioni, è protesa non solo dell’adempimento normativo ma al valore della Salute quale obiettivo. Le morti di questi ultimi giorni hanno riportato alla ribalta, se ancora ve ne fosse bisogno, il tema della sicurezza sul lavoro. Commissioni parlamentari, cabine di regia, tavoli di lavoro, e quant’altro in questi momenti viene ritenuto opportuno per studiare ed affrontare questa piaga, sono alla ribalta della notizia, ma tutto questo non basta. Vi è la necessità di coinvolgere tutti i soggetti interessati, a tutti i livelli, costituendo contesti di confronto permanenti tra decisori, imprese, parti sociali, e non ultimo la rappresenta di professionisti che come i TPALL ogni giorno, anche nelle difficoltà strutturali ed organizzative in cui alcuni servizi vivono, effettuano ispezione alle imprese ed hanno piena contezza dei bisogni e delle criticità riscontrate. Come un progettista non può prescindere dal relazionarsi con le maestranze e con i fornitori, è una colpevole mancanza che la Federazione nazionale degli Ordini TSRM- e PSTRP, a cui afferisce l’albo dei Tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di Lavoro, non sia ad oggi stata chiamata ad esprime propri rappresentati in tali contesti tecnici nazionali tesi alla progettazione ed alla programmazione verso un Prevenzione sempre più efficace ed efficiente.
Cambiamo argomento: il PNRR. Intravedete con la FNO TSRM e PSTRP delle finestre?
Il PNRR rappresenta l’imperdibile opportunità per rilanciare l’attività di prevenzione in seno al Servizio sanitario nazionale e i livelli essenziali di assistenza, attraverso le riforme e le innovazioni necessarie. La gestione sicura, efficace ed efficiente degli investimenti previsti, pari a 235,1 miliardi di euro deve essere orientata verso un sistema sanitario teso non solo al presente ma al futuro, per quelle che sono le garanzie costituzionali di Salute. Da ciò e per tale motivo, diviene ineludibile valorizzare le professioni sanitarie attraverso la definizione e l’adozione di modelli organizzativi moderni, in grado di consentire alle stesse di esprimere tutte le potenzialità, presenti sia professionali sia gestionali. Per quanto sopra, con la FNO TSRM e PSTRP, sono stati richiesti specifici investimenti sulle varie componenti del PNRR.
Investire anche in termini di risorse umane. Occorre sottolineare che negli ultimi anni, a causa del blocco delle assunzioni, il numero di professionisti si è notevolmente ridotto, per riguadagnare parte di quelle risorse il numero di TPALL dovrebbe essere implementato di circa 1400 professionisti, soprattutto in alcune regioni del centro sud. Il fabbisogno di TPALL nel pubblico non dovrebbe interessare soltanto le Aziende sanitarie ma anche gli Enti locali (ed in tal senso vi è una proposta di Legge) e non di meno quegli Enti che, come prescritto dall’art. 13 del D.Lgs 81/08 e smi, hanno competenze in tema di salute e sicurezza sul lavoro, quali ad esempio il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, negli organici degli ispettorati INAIL, nelle forze armate; e, non ultimo la recente, pandemia e la gestione degli condizioni post emergenze e catastrofi naturali porta tale bisogno anche all’interno della Protezione civile. È oramai un dato ineluttabile quanto investire in Prevenzione sia garanzia certa in termini strettamente di risparmio economico dei costi sanitari e soprattutto in termini di Salute.
Lorenzo Proia
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