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Martedì 05 OTTOBRE 2021
Per una Sanità Pubblica dopo Covid 19: Integrazione e Continuità Assistenziale (seconda puntata)
Si può ritenere cheil concetto d’integrazione e, come suo epifenomeno, quello di continuità abbiano rappresentato gli obiettivi sottostanti a tutte le innovazioni attuate nelle organizzazioni sanitarie e sociosanitarie in questi anni
Un ruolo centrale nella struttura del Framework ASIQUAS ha il concetto di “integrazione sociosanitaria”. Nel libro “Qualità nell’Assistenza Sanitaria e Sociosanitaria” (1) la “dimensione” dell’”integrazione” si sviluppa attraverso 5 capitoli connessi tra loro: a) Integrazione sanitaria; b) Continuità assistenziale; c) Sistemi clinici micro, meso e macro; d) Reti cliniche e e) Percorsi Assistenziali, Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA).
Si può ritenere cheil concetto d’integrazione e, come suo epifenomeno, quello di continuità abbiano rappresentato gli obiettivi sottostanti a tutte le innovazioni attuate nelle organizzazioni sanitarie e sociosanitarie in questi anni.
a) Integrazione sociosanitaria: può essere definita come … “erogazione dell’assistenza attraverso il potenziamento del coordinamento e della continuità della cura (assistenza/servizi coordinati e interconnessi nel tempo e coerenti con le esigenze e preferenze di salute delle persone[1]) all’interno e tra le diverse istituzioni variamente coinvolte nell’assistenza dei pazienti(2)”. Questo in linea anche con le indicazioni delModulo 6 Salute del PNRR, Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza.
Si deve partire dall’integrazione sul campo, dalla frontiera dei bisogni e dei servizi erogati, dai singoli contesti operativi che dipendono in modo decisivo dalle convinzioni e dai comportamenti dei professionisti, dall’assunzione di precise responsabilità deontologiche e di doveri di rendicontazione.
I driver principali dell'agenda dell'assistenza integrata sono costituiti dal saper affrontare il cambiamento di domanda dell’assistenza (es. invecchiamento della popolazione), dalriconoscere i risultati sanitari e sociali come interdipendenti, dall’assistere i gruppi più vulnerabili della società, dal portare a una migliore efficienza del sistema, e dalmigliorare la qualità e la continuità.
b)“Continuità assistenziale “. La comunità scientifica appare, nel suo complesso, concorde con le indicazioni emerse dal rapporto del CHSRF (5) che individua due elementi core e tre tipologie di “continuità assistenziale”. I due elementi coresono: l’esperienza dell’interazione tra l’individuo e gli operatori che forniscono assistenza (providers); el’assistenza fornita nel corso del tempo”.
La “continuità” viene declinata attraverso tretipologie di dimensioni: Continuità relazionale(Relational continuity), Continuità gestionale (Management continuity) e Continuità informativa (Informational continuity). In questo contesto i percorsi assistenziali rappresentano la modalità concreta per tradurre in azioni/interventi il concetto di continuità assistenziale.
c) “Sistemi clinici micro, meso e macro”, Nelson e Batalden (6,7) hanno descritto i Microsistemi Clinici come “un piccolo gruppo indipendente di operatori che lavora insieme su basi regolari per fornire assistenza a specifici gruppi di pazienti, ad esempio in un reparto o in un ambulatorio, piuttosto che nell’assistenza domiciliare integrata, ecc”.
d)“Reti Cliniche”, intese come un sistema integrato di setting ospedalieri e territoriali volti a dare una risposta ad una data patologia, sono invece, in quest’ottica, da considerarsi un Macro sistema Clinico, ossia un’impalcatura che dovrebbe permettere di far muovere il paziente attraverso le varie prestazioni sanitarie erogate nei diversi micro-sistemi clinici (che costituiscono, quindi i nodi della rete), garantendo equità, appropriatezza ed efficacia senza lasciare soluzioni di continuità.
Una recente revisione sistematica (8) ha definito le “reti cliniche” come “un gruppo di professionisti che forniscono servizi di prevenzione, diagnosi, cura e di assistenza attraverso sottili confini di collaborazione e integrazione nell’ambito del sistema sanitario in cui svolgono il loro operato”.
Le reti cliniche, quindi, sono sistemi organizzativi complessi che consentono ai professionisti di più discipline di lavorare in modo coordinato nel contesto di più setting assistenziali, superando le consuete restrizioni dovute ai confini professionali ed organizzativi esistenti (9). Per valore si intende un cambiamento che risparmia risorse e mantiene o incrementa la qualità (10).
Uno studio sulla valutazione delle Reti Cliniche (11) ha evidenziato che le reti inter-ospedaliere si sono dimostrate efficaci nel migliorare: la salute: latempestività e l’appropriatezza del trattamento dei pazienti e lariduzione dei costi pro-capite: i costi di una rete, seppure alti in una prima fase di implementazione, tendono a diminuire una volta che il nuovo modello organizzativo sia entrato a pieno regime (12).
Una ricerca dell’AGENAS (13) (2009) sui fattori prioritari d’implementazione delle reti cliniche ha evidenziato che il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei professionisti della rete (nonché il supporto di un coordinamento tecnico regionale) e la presenza di risorse dedicate rappresentano i due principali fattori che offrono la garanzia di alta probabilità di successo di qualsiasi progetto di rete.
Nei Meccanismi Operativi delle Reti Specialistiche Regionali sono gestiti i principali processi di funzionamento delle reti, ovvero il “processo di presa in carico”, “dimissione” e “continuità assistenziale”, il Processo diagnostico-terapeutico-assistenziale (PDTA - Clinical Pathway), il Processo di miglioramento continuo della qualità (MCQ) ed il Processo di comunicazione e trasparenza.
e) Percorsi Assistenzialisono ampiamente riconosciuti in letteratura medica come uno dei principali strumenti per rendere operative le reti cliniche, ovvero per disegnare e strutturare i processi assistenziali centrandoli sui bisogni dei pazienti, facilitando in questo senso la promozione della qualità dell’assistenza cure (13)
I PDTA sono oggi definiti come “interventi complessi finalizzati alla condivisione dei processi decisionali e dell’organizzazione dell’assistenza per un gruppo specifico di pazienti durante un periodo di tempo ben definito”.
Dall’insieme di tali definizioni e dalle evidenze pratiche emerge che il core delle caratteristiche dei percorsi assistenziali può essere sintetizzato nei seguenti punti: la sequenzialità delle azioni e la continuità assistenziale; gli interventi basati sulle evidenze scientifiche e le buone pratiche; la messa a punto del percorso sulla base delle risorse (umane, tecnologiche, organizzative, ecc.) dell’organizzazione; la taratura degli interventi sulle aspettative e caratteristiche dei pazienti Il lavoro multidisciplinare, il coinvolgimento dei familiari o care-giver; gli “audit” sugli scostamenti dal percorso e sugli esiti.
I percorsi assistenziali sono inquadrabili tra gli interventi complessi. Se utilizziamo il punto di vista della “persona” si possono esemplificare livelli crescenti di complessità a livello di singolo paziente o di gruppi di pazienti o a livello di popolazione. Parimenti, se utilizziamo il punto di vista della “organizzazione”, singoli servizi/unità di assistenza sanitaria specifiche discipline/aree di assistenza sanitaria o area dell’assistenza integrata sociosanitaria.
È stato di recente dimostrato che i PDTA sono in grado di influenzare positivamente gli outcome clinici dei pazienti inducendo una maggiore aderenza alle linee guida evidence based (14,15).
I PDTA sono inoltre strumenti di supporto al team-working multidisciplinare, caratteristica che può determinare anche impatti positivi sugli outcome dei pazienti (15, 16).
Il processo di adattamento del percorso generale (aspecifico e valido per ogni contesto) allo specifico contesto e poi ancora al singolo paziente può essere schematizzato considerando la presenza di quattro diversi livelli concettuali di PDTA (17,18, 20):
- Model Pathway: il Percorso Modello è il livello più aggregato e generale di PDTA;
- Operational Pathway: il Percorso Operativo viene sviluppato da un’organizzazione tenendo presenti sia le evidenze riportate nel Percorso Modello, sia le peculiarità organizzative locali (risorse, competenze disponibili, ecc.);
- Assigned Pathway: il Percorso Assegnato è la contestualizzazione ai bisogni specifici di ogni singolo paziente reale del Percorso Operativo dell’organizzazione in cui al paziente si viene a trovare;
- Completed Pathway: il Percorso Realizzato è il percorso reale che il paziente ha sviluppato, è l’effettiva esperienza del paziente.
Relativamente ai PDTA le Raccomandazioni SIQUAS (21) li definiscono come: “piani di assistenza multi professionali e multidisciplinari, costruiti a livello locale sulla base di raccomandazioni riconosciute, per specifiche condizioni cliniche e categorie di pazienti, che identificano la sequenza degli atti diagnostico-terapeutici (micro processi) da effettuare al fine di raggiungere obiettivi di salute, definiti a priori, con un’efficienza e un’efficacia ottimali”.
Nelle Raccomandazioni SIQUAS vengono definiti i requisiti di qualità per l’integrazione e per la gestione dei PDTA e per gli Audit clinici e organizzativi con 3 Raccomandazioni specifiche.
Su tutti questi temi, come ASIQUAS, intendiamo sviluppare il confronto tra operatori e istituzioni, aziende sanitarie e terzo settore, per produrre nel tempo nuove Linee Guida e Raccomandazioni, selezioni e validazioni di buone pratiche, loro raccolta e divulgazione in una ottica di networking e di condivisione fattiva.
Giorgio Banchieri, Francesco Di Stanislao e Lidia Goldoni
Asiquas
Leggi la prima puntata.
Riferimenti:
1. Di Stanislao F., Amoddeo C.E., Banchieri G., Caldesi R., Cazzetta M.,, Greghini S., Priore S., Scelsi S., Sodo S. Dal Maso M., De Belvis A.G., Goldoni L., Ronchetti M., Vannucci A., Wienand U., Carzaniga S., Caracci G., D’Alleva A., Acquaviva G., Catalini A., Diotallevi F.,Masiero A.L., Montagna V.: La Qualità nell’Assistenza Sanitaria e Sociosanitaria Evidenze, norme, modelli, interventi, monitoraggio.
2. WHO (2018) - Continuity and coordination of care A practice brief to support implementation of the WHO Framework on integrated people-centred health services.
3. Kodner DL, Spreeuwenberg C (2002) “Integrated care: Meaning, logic, applications, and implications: A Discussion Paper” in International Journal of Integrated Care, Vol. 2
4. Canadian Health Services Research Foundation (CHSRF)- Reid R., Haggerty J McKendry MA Defusing the Confusion: Concepts and Measures of Continuity Health Care Final Report March 2002
5. Nelson EC, Godfrey MM, Batalden PB, Berry SA, Bothe AE, McKinley KE, Melin CN, Muething SE, Moore LG, Wasson JH, Nolan TW. 2008. Clinical Microsystems, Part 1. The Building Blocks of Health Systems. The Joint Commission Journal on Quality and Patient Safety. Volume 34 Number 7. July 2008.
6. Batalden PB, Nelson EC, Mohr JJ, Godfrey MM, Huber TP, Kosnik L, Ashling K. 2003. Microsystems in Health Care: Part How Leaders Are Leading. The Joint Commission Journal on Quality and Patient Safety. Volume 29 Number 6. June 2003.
7. Brown BB, Patel C, McInnes E, Mays N, Young J, Haines M. 2016. The effectiveness of clinical networks in improving quality of care and patient outcomes: a systematic review of quantitative and qualitative studies. BMC Health Services Research (2016) 16:360 DOI 10.1186/s12913-016- 1615-z
8. NHS Management Executive. 1999. Introduction of managed clinical networks within the NHS in Scotland. Edinburgh: NHSiS Management Executive; 1999. (MEL(1999)10).
9. Ovretveit John - Il miglioramento del valore nei servizi sanitari – Un metodo basato sulle evidenze. Edizione italiana a cura di Tommaso Bellandi e Tommaso Grillo Ruggieri. Il Mulino, 2014
10. D’Alleva A., Di Stanislao F.; Panella M.: Evidence-Based Policy-Making per generare valore in sanità: pianificazione di un modello di strutturazione e valutazione di Reti cliniche - Tesi di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva. Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università Politecnica delle Marche - Anno Accademico: 2016 – 2017 -
11. Bloem BR, Rompen L, de Vries NM, Klink A, Munneke M, Jeurissen P. 2017. ParkinsonNet: A Low-Cost Health Care Innovation With A Systems Approach From The Netherlands. Health Affairs 36, No. 11: 1987–1996.
12. De Giacomi G., Di Virgilio E., Aguilar Matamoros M., Di Domenicantonio R., Angelastro A.: Reti ospedaliere Strumenti e modelli per la programmazione - AGENAS - I quaderni di Monitor (suppl. al n.24 del 2009) –L’Attività Ospedaliera: Dati e Riflessioni) Pag. 193-212
13. Vanhaecht K, Panella M, van Zelm R, Sermeus W. 2010. An overview on the history and concept of care pathways as complex interventions. International Journal of Care Pathways, 14(3), 117– 123. doi:10.1258/jicp.2010.010019
14. Seys D, Bruyneel L, Sermeus W, Lodewijckx C, Decramer M, Deneckere S, Panella M, Vanhaecht K. 2018. Teamwork and Adherence to Recommendations Explain the Effect of a Care Pathway on Reduced 30-day Readmission for Patients with a COPD Exacerbation. COPD: Journal of Chronic Obstructive Pulmonary Disease 0(0):1-8
15. Panella M, Marchisio S, Di Stanislao F. - Reducing clinical variations with clinical pathways: do pathways work? Int J Qual Health Care 2003; 6: 509-21. (Honourable Mention del Peter Reizenstain Prize)
16. Gittell JH, Fairfield KM, Bierbaum B, Head W, Jackson R, Kelly M et al. 2000. Impact of relational coordination on quality of care, postoperative pain and functioning, and length of stay: a nine-hospital study of surgical patients. Med Care 38(8):807-819.
17. Deneckere S, Euwema M, Van Herck P, Lodewijckx C, Panella M, Sermeus W, Vanhaecht K. 2012. Care pathways lead to better teamwork: results of a systematic review. Soc Sci Med. 75(2):264-8.
18. "Requisiti di qualità nell'integrazione tra sanità e sociale, Raccomandazione SIQUAS VRQ", Franco Angeli Editore, 2013, a cura di Apicella Anna, Banchieri Giorgio, Di Stanislao Francesco e Goldoni Lidia.
19. Riviste QA n. 0 Nuova serie, La storia della SIQUAS VRQ, sul sito www,asiquas.it, 2021
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