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Lunedì 04 OTTOBRE 2021
Cosa vuol dire, per me, riformare la medicina generale. La mia risposta a un giovane medico di sinistra
L’ipotesi generale è quella della terza via, quindi dell’autore. Supererei lo strumento della convenzione e lo sostituirei come ho già scritto tempo fa con il Professional Services Agreement (PSA), supererei le quote capitarie, riassorbirei le guardie mediche e al MMG concederei più autonomia possibile e alla fine considererei il MMG come uno shareholder cioè una azionista della sanità pubblica
Dopo la pubblicazione del mio articolo “ Medicina generale. Tutti i rischi di una controriforma al buio” (QS 27 settembre 2021) ho ricevuto diverse telefonate e molte mail, e tra le critiche e gli apprezzamenti anche alcune richieste di ragguagli e chiarimenti da parte di giovani medici in prima linea, soprattutto sul tema della riforma, cioè su cosa vuol dire riformare per davvero il MMG.
Uno di questi, una donna, si è dichiarato di sinistra e quindi favorevole alla dipendenza (notare l’automatismo) e che è impegnata in un gruppo nazionale che sta pubblicando un “libro azzurro” per la riforma delle cure primarie. Costei mi ha chiesto: ma cosa vuol dire riformare da sinistra il MMG?
Vorrei provarmi a rispondere a questa domanda chiarendo cosa per me vuol dire riformare e in particolare riformare la medicina generale.
La sfida della coerenza
Per me se si riforma come si deve si è automaticamente di sinistra ma solo perché per riformare, non serve appartenere ad uno schieramento politico, ma serve per forza ragionare in un certo modo. Per essere di sinistra in sanità si deve trovare il modo di sposare il cambiamento con la coerenza. Il vincolo è epistemico non ideologico. L’ideologia senza una coerente epistemologia è solo propaganda.
Riformare è difficile non perché è difficile avere delle idee, quelle non mancano mai, ma perché qualsiasi idea che si trova deve essere coerente con un sistema di valori di riferimento.
Io posso reinventare il MMG in tanti modi il modo giusto per me è quello più coerente con certi valori di riferimento. Quando manca la coerenza, come in sanità è avvenuto tante volte, la sinistra o il presunto riformatore va fuori dai binari e finisce con il contro-riformare. Un esempio è la riforma della Bindi del 99.I suoi punti più criticabili sono, al confronto con un certo sistema di valori , quelli più incoerenti. Un altro esempio è l’economicismo che ha ispirato gran parte delle scelte politiche in sanità in questi anni. Esso è un modo di pensare che in ragione dei limiti economici è disposto ad essere incoerente proprio con i valori di riferimento fino a sentirsi autorizzato a negarli. Per questo l’economicismo è essenzialmente un pensiero contro riformatore e per questo ho sempre temuto gli economisti soprattutto quelli di sinistra. Per me i peggiori.
Idee e valori
L’incoerenza quindi non vale come avere idee sbagliate ma vale come avere idee incoerenti.
Per me nei confronti del MMG tanto la proposta della dipendenza che la proposta di rinnovare semplicemente la convenzione oggi non sono coerenti con un certo sistema di valori.
Entrambi rischiano di avere esiti negativi sui nostri malati.
Oggi la convenzione come ammettono gli stessi MMG per tante ragioni e spesso indipendentemente dalla loro volontà, ha di fatto tradito i valori di rifermento,( nell’articolo precedente ho parlato non a caso di gravi problemi di “reforcing” ) per cui anche un suo eventuale rinnovo non può essere esentato dall’obbligo di ristabilire le condizioni di coerenza tra idee e valori che c’erano alla sua origine . In questo caso per me rinnovare vale come riformare.
Limitarsi a rinnovare punto e basta vale di fatto come contro riformare. Vale come contro-riformare anche superare la convenzione tout court e sostituirla con delle soluzioni nelle quali sono contraddette le più elementari condizioni di coerenza con i valori.
Oggi sui MMG “anything goes” (“qualsiasi cosa può andar bene”) tanto per citare Feyerabend, ma solo alla condizione irrinunciabile che le idee siano coerenti con i valori.
Diritti e interessi
Oltre al problema di coerenza tra idee e valori c’è anche quello molto delicato tra diritti e interessi. Non va mai dimenticato che la medicina generale come qualsiasi alto servizio sanitario pubblico non è primariamente funzione degli interessi del MMG ma è funzione dei diritti delle persone.
La medicina generale serve alla gente non ai medici. I medici sono soggetti professionali utilizzati come strumenti in modi giuridici diversi per produrre salute diritti o comunque per produrre un bene sociale . In questo senso i MMG sono servus ” cioè sono un “servizio”. In questo senso i nostri malati sono “cause primarie” e i nostri medici sono “cause strumentali”.
Per me quando gli interessi delle cause strumentali non coincidono con i diritti delle cause primarie in tutte le possibili accezioni c’è un forte rischio di controriforma.
Secondo me oggi gli interessi e i diritti per tante ragioni non solo non coincidono ma tradiscono molte contraddizioni e questo vale sia per le proposte che sostengono il superamento della convenzione sia per quelle che ne chiedono semplicemente il rinnovo.
Perché? Perché in entrambe manca un input riformatore vero per cui nel caso del rinnovo restiamo nell’apologia e nell’invarianza nel caso della contro riforma ci avventuriamo nel velleitarismo
Con il velleiterismo non si va lontani
La definizione di velleitarismo è la seguente: atteggiamento ispirato ad ambizioni o desideri condannati in partenza al fallimento per impossibilità oggettive o soggettive. Vediamo meglio.
Nel sindacato i medici sono una “categoria”, esattamente come gli infermieri, come tutte le professioni medico- sanitarie, ma per la filosofia il concetto di “categoria” è una determinazione della realtà attraverso la quale tale realtà viene pensata.
Mettiamo insieme le due cose, giusto per vedere che succede: attraverso i MMG quindi i loro sindacati, i loro ordini, le loro norme, i loro contratti lo Stato di fatto pensa le cure per i nostri malati. Il che vuol dire che se resterà la convenzione le cure saranno organizzate in un certo modo se invece gli MMG passeranno alla dipendenza le cure saranno organizzate diversamente.
Lo sanno bene Speranza e le Regioni che vogliono mettere i MMG nelle case di comunità perché in questo modo saranno le case di comunità che attraverso i medici “penseranno” i cittadini. Se invece i MMG resteranno nei loro “ studi” i MMG continueranno a “pensare” le cure per i nostri cittadini come hanno sempre fatto quindi non cambierà niente.
Secondo me il rischio politico che corrono tanto Speranza che le Regioni, e quindi tutti noi e il paese, è quello che se costoro non portano a casa la controriforma della medicina generale si svuota del tutto la missione 6. Non mi pare una questione di poco conto.
A Speranza come è noto ho perfino dedicato un libro (La sinistra e la sanità dalla Bindi a Speranza con in mezzo una pandemia, Castelvecchi editore) con il quale dimostro che lui non è altri che l’avatar della Bindi ma 20 anni dopo. Per cui su di lui non aggiungerò altre considerazioni. Qui mi limito solo a dire che fondare la risposta alla pandemia su una controriforma it et nunc tanto delicata e complessa come quella che riguarda la medicina generale cioè senza i necessari accordi, senza confronti, senza riscontri, senza pre intese, non solo è una follia ma financo una ingenuità grossolana. Cioè puro velleitarismo.
Evidentemente Speranza non conosce a fondo i MMG e soprattutto nei loro confronti credo che egli abbia sopravalutato la propria forza politica. Sono convinto che se le regioni non terranno il fronte e Draghi a Speranza non gli metterà una mano in testa la sua sconfitta politica sarà inevitabile. Staremo a vedere anche se trovo improbabile in questa pandemia che Draghi imponga ai MMG la dipendenza. Nella mia esperienza so che con i MMG i colpi di mano è meglio evitarli.
“n” possibilità
Coloro che sostengono la dipendenza sono convinti in buona fede di offrire al cittadino più garanzie ma questa loro sincera intenzione è contraddetta dagli inconvenienti secondo me non sufficientemente valutati che la dipendenza comporta quando imposta al MMG.
Coloro che sostengono il rinnovo della convenzione anche loro sono convinti di offrire al cittadino più garanzie anche se a loro volta contraddetti da un una empiria piuttosto negativa: è innegabile che la convenzione cioè lo status del libero professionista nel tempo abbia manifestato degli effetti paradossali.
Entrambi i casi quindi ripropongono comunque la necessità di una riforma ma in entrambi i casi si pone quello che nello scontro tra convenzione e dipendenza è escluso a priori cioè la terza via o terza possibilità. Tutti i contendenti nella discussione sul MMG ragionano nella logica aristotelica cioè nella logica del tertium non datur (non è ammessa una terza possibilità). Ma chi l’ha detto che siamo costretti a scegliere per forza tra convenzione e contratto tra libera professione e dipendenza?
Se per coniugare con coerenza nuove idee con i valori di riferimento e se per rendere compossibili tanto gli interessi dei medici che i diritti dei malati , devo cercare una terza via io non ho problemi ad a uscire dalla logica aristotelica. Nel pensiero riformatore sono ammesse n possibilità. Il guaio vero è che a parte i riformatori come me queste n possibilità la maggior parte di coloro che hanno le mani in pasta non riesce ne a concepirle e ne a considerale possibili. Ma questo è un loro limite non il mio. Per cui trovo illogico che si dica che io volo troppo alto perché gli altri volano troppo basso.
Il falso MMG
Tutta la discussione sul MMG ha un difetto di fondo: essa suppone un falso medico cioè un medico irreale che proprio perché irreale non esiste. Questo vale sia per i convenzionalisti che per i dipendisti.
Il medico di cui parliamo in realtà si trova come ci ha spiegato la FNomceo nel 2018 nel bel mezzo di una crisi di ruolo, cioè alle prese con quella “questione medica” che alla fine si potrebbe sintetizzare come un processo di costante di delegittimazione sociale della professione. Cioè una professione che è vista tanto dalla politica che dalla società sempre meno importante, sempre meno professione, sempre più bisognosa di essere amministrata.
Questo processo di delegittimazione, per quanto possa sembrare paradossale, non si è interrotto con la pandemia ma per certi versi si è amplificato. Ma questo perché è un processo strutturale.
E allora se il medico è colui che come “categoria” pensa le cure per i nostri malati come è possibile rinnovare o no la convenzione senza affrontare la sua crisi professionale ?
Sarebbe come riconfermare un capitano alla guida della nave anche se matto.
Questo è uno snodo strategico che fino ad ora nella discussione nessuno si è posto. E per me questo è il vero dramma: cioè medici che si preoccupano giustamente del loro destino contrattuale ma senza preoccuparsi del loro destino professionale. Come se fare il medico oggi fosse scontato.
Nel mio articolo precedente ho parlato di “autore” ma è del tutto evidente che la mia proposta è prima di tutto una risposta alla crisi della professione, una crisi si faccia attenzione che è particolarmente acuta nella categoria dei medici dipendenti, perché in quanto dipendenti sono rispetto agli altri i più amministrabili.
Questa è la ragione per cui costoro alla prima occasione scappano dal pubblico.
L’autore altro non è che un medico con un grado di autonomia e di responsabilità in più rispetto tanto al medico convenzionato che al medico dipendente . L’autore è la terza via di cui parlavo prima nel senso che è una idea coerente con i valori di riferimento ma che si emancipa dalla contrapposizione tra convenzionato e dipendente. Se c’è una crisi di ruolo cioè di autonomia trovate cosi strano che qualcuno trovi il modo per aumentargliela? Trovate davvero bizzarro che ciò si possa fare usando anche il terreno della contrattazione?
Io francamente trovo strano che tutti facciano finta che la “questione medica” non esista.
La domanda che faccio facendo un salto logico di cui mi scuso in anticipo è: ha senso rinnovare o in un modo o in altro modo, la questione medica?
La verità scomoda è che sia con la convenzione sia con la dipendenza con l’aria che tira il medico sempre nella merda resterà? Lo trovate giusto? Io no. Perché continuo a credere che un buon medico sia ora e sempre la prima garanzia per il malato.
E sapete perché non lo trovo giusto? Perché non è coerente con i valori di riferimento e perché gli interessi dei servus non son coerenti con i diritti del dominus.
Per un accordo riformatore
Le riforme con la logica del it et nunc non si possono fare e meno che mai con I MMG. E però serve come il pane fare riforme perché alla fine tutti dicono che di acqua ce ne è tanta ma alla fine la papera continua a non galleggiare.
Lasciamo perdere la quarta riforma che con questo ministro e con il suo staff cioè con art 1 è praticamente impossibile. Vedremo. Secondo me nella situazione data l’unica cosa sensata che si possa fare sulla medicina generale è:
• rinnovare al meglio la convenzione cercando di riformarla il più possibile, cioè usandola come ponte verso una idea di riforma più compiuta,
• fare un accordo di riforma tra i MMG e il governo e le regioni, e concordare un percorso intellettuale alla fine del quale mettiamo in tavola un nuovo MMG e una nuova medicina generale.
L’ipotesi generale su cui io personalmente lavorerei è quella della terza via, quindi dell’autore, supererei lo strumento della convenzione perché dobbiamo ammettere non solo che ha funzionato male ma che ha fatto il suo tempo e lo sostituirei come ho già scritto tempo fa con il Professional Services Agreement (PSA) che sottoporrei ad un rigoroso “reforcing” con poteri anche di revoca, supererei quindi le quote capitarie perché la vera novità dovrebbe essere quella di pagare i medici sui risultati, riassorbirei le guardie mediche perché esse non hanno più senso se parliamo di presa in carico e di continuità terapeutica ma organizzando le cose in modo da non obbligare il MMG a stare a disposizione H24, al MMG concederei più autonomia possibile cioè la facoltà della proscrizione (non si tratta più solo di fare ciò che è consentito ma di fare con delle garanzie precise anche ciò che non è esplicitamente vietato) e alla fine considererei il MMG come uno shareholder cioè una azionista della sanità pubblica chiamato a partecipare alla gestione del servizio pubblico.
Io sono convinto che ciò facendo il MMG sarebbe coerente con i nostri valori di riferimento, che i suoi interessi non sarebbero in contraddizione con i diritti e che affrontare la sua crisi professionale sarebbe un gran vantaggio per i malati e non solo.
Conclusioni
Vorrei chiudere rivolgendomi in particolare a quel giovane medico di sinistra favorevole alla dipendenza e che mi ha chiesto cosa vuol dire per me riformare la medicina generale.
Io, come hai visto, la faccia su una proposta di riforma ce l’ho messa cercando di spiegare alcuni, non tutti, dei criteri politici di riferimento che ho usato per costruirla. Ce ne sarebbero molti altri ma lo spazio è tiranno. Ora però tu che ti dici di sinistra non farmi la solita obiezione che fanno tutti i babbioni della sanità, gli stessi che se potessero non si cambierebbero neanche le mutande, e cioè che la mia proposta è pura teoria e che oggi non ci sono le condizioni per riformare un alcunché.
E ti prego, fallo per me, astieniti dal ricordarmi i nomi di coloro che oggi governano la baracca con lo scopo di annientare la mia voglia di riforma e di dimostrarmi l’impossibilità dell’impresa. Lo so. Li conosco tutti ad uno ad uno. Da anni.
E allora? Ti domando tu che sei di sinistra buttiamo la medicina generale a mare solo perché non ci sono le condizioni per riformarla?
Suvvia …vengo da una scuola nella quale mi hanno insegnato che le condizioni per cambiare il mondo non ci sono mai e che però siamo talmente pieni di contraddizioni che volendo questo mondo potremmo addirittura rivoluzionarlo perché per rimuovere le contraddizioni si deve cambiare per forza.
Con tanto affetto e grazie di cuore per avermi interpellato.
Leggerò il “libro azzurro” augurandomi di trovarlo utile e interessante. Non chiedo che di poter avere idee utili per cambiare.
Ivan Cavicchi
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