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Lunedì 27 SETTEMBRE 2021
Dopo il Covid quante questioni aperte per i medici di famiglia



Gentile Direttore,
Filippo Palumbo ha richiamato giustamente, con la sua lettera, l’attenzione su una frase del documento elaborato dalla Commissione salute delle Regioni che tratta delle possibili modifiche nelle relazioni SSN/MMG; tale frase fa riferimento al contributo, in termini di vite umane, fornito dalla medicina generale nella prima ondata epidemica e alla possibile relazione causale di tali tragici accadimenti con il modello organizzativo.
 
Concordo sulla inadeguatezza di questa valutazione come è stata succintamente espressa nel contesto di questo – peraltro utile - documento, senza fornire una adeguata riflessione sul fatto che molti paesi, che non avevano avuto esperienza di recenti epidemie, si sono trovati impreparati.
 
Resta tuttavia evidente che, con ampie differenze regionali, l’organizzazione delle attività dei MMG e la stessa aggiornata conoscenza, da parte delle Aziende sanitarie, degli orari, dei luoghi in cui viene effettuata l’attività, delle caratteristiche degli ambulatori, risulta assai carente.
 
Le modalità di fornitura ai MMG di materiali, presidi, attrezzature, mezzi di protezione individuale non sono definite e resta spesso indeterminato quanto sia a carico delle Aziende e quanto del singolo professionista; si tratta di una “zona grigia” scarsamente normata.
 
A ciò si aggiunge l’assenza, dopo decenni di rapporti contrattuali, di forme di accreditamento, anche strutturale, degli ambulatori: servizi igienici, accessibilità per portatori di handicap, dimesionamento delle sale di attesa, caratteristiche dell’ambulatorio ecc., proprio in un Paese in cui le normative per tante attività sono – talora forse eccessivamente – dettagliate; basti pensare al complesso iter per aprire una, anche temporanea, somministrazione di cibo!
 
Praticamente inesistente è il rapporto fra MMG e i Servizi di prevenzione delle Aziende sanitarie (peraltro indeboliti da anni di tagli di personale) che esercitano, nei confronti degli operatori delle Asl, una azione di prevenzione, di indirizzo e di individuazione dei presidi di prevenzione individuale.
 
Infine, come noto, la formazione dei MMG è affidata a quell’intreccio di attività sindacale/formativa/convegnistica su cui alcune indagini giornalistiche hanno attirato recentemente l’attenzione; un percorso didattico che (forse) non fornisce una adeguata conoscenza di alcuni aspetti e materie fondamentali per la professione quali ad esempio: organizzazione e management dei servizi sanitari, controllo e valutazione qualità, prevenzione, rischio clinico, ecc..
 
Su tali argomenti il documento richiamato offre adeguati elementi di riflessione e presenta alcune ipotesi normative; una serie di proposte su cui speriamo di leggere quanto prima gli ulteriori contributi che Filippo Palumbo si propone di offrirci.
 
Marco Geddes da Filicaia

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