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Giovedì 01 LUGLIO 2021
Una legge quadro sulla “questione medica”
Gentile Direttore,
“Si immagini una ferrovia progettata da brillanti ingegneri ferroviari, il treno corre a tutta velocità, ma al posto dei macchinisti ci sono dei postiglioni, quelli delle diligenze”, Svetlana Alekseievic racconta così la tragedia di Cernobyl (“Preghiera per Cernobyl” Ed. E/O). Una frase che torna alla mente leggendo le discussioni sul futuro della sanità: rinnovare, trasformare, ricostruire, attuare, sì ma all’interno di quale ordinamento?
Consola il fatto che è ripreso il dibattito pubblico sul futuro della sanità, sul post covid, con un punto fermo, il consolidamento dei valori fondanti il servizio sanitario nazionale, cioè l’universalità del diritto e l’uguaglianza delle prestazioni, come stella polare cui tendere senza tentennamenti e con una chiara difesa dell’unicità del servizio pubblico, per quanto la guerra dei vaccini lasci intendere quanto questa impresa sia ardua.
Il dibattito aperto in varie sedi, forum, convegni, pubblicazioni, congressi, affronta molteplici questioni, istituzionali, organizzative, politiche e professionali. L’agenda non è molto diversa tra gli interlocutori coinvolti, il che dovrebbe rendere più facile individuare le soluzioni idonee a far sì che il servizio possa affrontare le due pandemie del secolo, la cronicità e le altre future zoonosi.
Tuttavia non è così semplice; alcune posizioni sono poco conciliabili ma, quando esiste una classe politica in grado di filtrare i diversi interessi, istituzioni forti e un complesso di norme sufficientemente certe, la soluzione si trova. Ecco, qui è l’intoppo, perché sono proprio queste le cose che mancano e rendono tanto difficile procedere quanto facile rinviare.
La questione essenziale è: a chi affidare le sorti del rinnovato sistema di tutela della salute che tutti dicono di voler rinnovare per renderlo idoneo alle sfide della modernità? Purtroppo nel nostro paese abbiamo assistito negli ultimi decenni a uno scadimento del personale politico e amministrativo cui non si è supplito in alcun modo sul piano formativo o della selezione.
Paghiamo la carenza di personale gestionale a diversi livelli e con differenti funzioni. E ancor più paghiamo il sovrapporsi di una congerie incredibile di normative stratificate per livelli decisionali che definire insensato o dissennato è dir poco. E’ il problema sollevato da alcuni sindaci ma che è quasi impossibile risolvere perché è legato anche al comportamento della magistratura sommersa da troppe leggi e troppe correnti.
E’ in questo quadro che si colloca la cosiddetta questione medica che nessuno ha risolto, neppure in altri paesi. Il punto nodale del problema è come riuscire a inserire i medici nel governo della sanità mediante meccanismi di governance. Chi scrive ha assistito al destino del Consiglio sanitario Regionale Toscano e di un paio di intersindacali mediche, oltre a miriadi di tavoli intercategoriali e non può non rilevare che spesso gli ostacoli sono nati dentro la categoria.
Forse si potrebbe proporre una legge, antecedente a qualsiasi soluzione della questione medica e della gestione della sanità, ovviamente sostenuta da tutte le associazioni mediche, con in testa la Fnomceo: una legge quadro, una sorta di statuto della professione medica, che risolva il problema della colpa professionale, dei livelli di contrattazione, dei diritti sindacali, dell’accesso al servizio e della formazione nel e per il servizio, dei procedimenti disciplinari, dei rapporti funzionali tra professioni, e della partecipazione dei medici ai livelli gestionali del servizio.
Si potrebbe pensare a una sorta di consiglio di programmazione regionale e di consiglio di amministrazione di singola asl, cui partecipino rappresentanti designati dai medici.
In conclusione si ha l’impressione che tutte le proposte avanzate, pur convincenti e condivisibili, lascino una qualche insoddisfazione nei medici perché non si riesce a dare loro certezza di ruolo e concretezza di partecipazione al governo della sanità. Rifare il punto una volta per tutte con una sorta di testo unico della professione del terzo millennio potrebbe restituire serenità e allentare il disagio dei medici.
Antonio Panti
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