quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Lunedì 21 GIUGNO 2021
Sangue e plasma. “Investire su giovani e donne per accrescere il valore della donazione”. Intervista al direttore del Cns, De Angelis
Ma anche continuare a tenere alta la bandiera della donazione volontaria e non remunerata sia di sangue sia di plasma, che ha fatto grande il nostro sistema nazionale sangue nel mondo. Questi i messaggi lanciato dal World Blood Donor Day che si è tenuto nei giorni scorsi Roma. Un successo per il Cns e per le Associazioni e Federazioni di donatori di sangue
L’Italia porta a casa un bilancio positivo: la due giorni di lavori, organizzati a Roma per celebrare il World Blood Donor Day la scorsa settimana, è stata senza dubbio alcuno un grande successo. La donazione volontaria e non remunerata - punto di forza del nostro sistema, che ha saputo così raggiungere l’autosufficienza di sangue e punta ora a conseguire lo stesso risultato sul fronte plasma - non solo ha incassato il plauso dell’Oms, ma ha conquistato l’interesse mondiale dei media e delle persone.
Ma c’è ancora molta strada da fare. L’età media dei donatori si sta alzando pericolosamente e bisogna mettere in campo forze nuove: giovani e donne in primis, come ha spiegato in questa intervista il Direttore generale del Centro nazionale Sangue, Vincenzo De Angelis con il quale abbiamo tirato le somme della giornata mondiale dei donatori di sangue, ma non solo.
De Angelis guarda anche alle sfide future a partire dalla necessità di sanare il gap tra le Regioni e far sì che tutte “concorrano in maniera paritaria a raggiungere l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale e nel migliore dei modi possibili”. E come ci ha raccontato, Ministero della Salute, Cns e Regioni, con la partecipazione attiva delle Associazioni dei donatori di sangue, sono già al lavoro. Le prime indicazioni arriveranno con il Programma nazionale per l’autosufficienza del sangue e dei suoi prodotti, pronto a sbarcare in Conferenza Stato Regioni.
Direttore De Angelis, ospitare il World Blood Donor Day a Roma è stato un importante riconoscimento per il lavoro svolto in questi anni nel nostro Paese. Soprattutto la due giorni di lavoro è stata una grande opportunità per riaffermare a livello mondiale l’importanza della donazione volontaria e non remunerata valorizzando il fortissimo impegno delle associazioni di donatori di sangue. Proviamo a tirare le somme?
Non è stato facile pianificare due giorni di intenso lavoro, realizzati in piccolissima parte in presenza e in larga parte in remoto, ma posso dire con soddisfazione che portiamo a casa un bilancio estremamente positivo. Quella che poteva sembrare una difficoltà organizzativa si è tramutata in una forma di successo: l’evento ha attirato l’attenzione del mondo. Se da un lato abbiamo perso la gente che “passava per strada” dall’altro abbiamo catturato quanti transitavano nel web e sono stati moltissimi. Abbiamo conquistato l’interesse dei media e delle persone su un tema fondamentale, ossia l’importanza della donazione volontaria e non remunerata sia di sangue sia di plasma.
Se volessimo sintetizzare qual è stata la parola d’ordine del Wbdd2021?
Investire sui giovani. L’Oms ha insistito su questo tema, i giovani devono diventare un punto di riferimento non solo nel futuro, ma anche nell’immediato. È un’impellenza che tocca tutto il mondo, Italia compresa. I numeri in nostro possesso parlano chiaro: nei circa 1,6 milioni di donatori totali, l’età media continua a salire. La concentrazione massima nella popolazione tra i donatori è tra i 35 e i 60 anni. Sono invece in calo i donatori tra 18 e 25 anni, scesi sotto quota 200mila. Questo significa che i donatori vicini alla soglia dei sessanta anni a breve usciranno dal percorso donazionale, lasciando un vuoto che deve allarmarci.
Ma in Italia accanto alla parola giovani, aggiungerei la parola donne. Nel nostro Paese solo il 33% dei donatori sono donne, a differenza di quanto avviene in altri Stati europei, come ad esempio in Spagna dove è stata raggiunta la parità. Investire sulle donne è strategico non solo per rendere il nostro sistema sangue sostenibile, ma anche perché, come emerso chiaramente nel corso del Wbdd2021, le donne sono ottimi donatori di plasma.
Quali strumenti bisogna attivare per incentivare la cultura della donazione tra i giovani e le donne?
Questo è un grande tema che chiama in causa principalmente le Associazioni del volontariato: per legge l’attività di reclutamento e fidelizzazione dei donatori è infatti affidata a loro. Va sottolineato che il mondo del volontariato si è già ampiamente interrogato sulla questione mettendo in campo molte iniziative. Tra le molte è stato dato il via a bandi di gara per premiare, ad esempio, le migliori App per la prenotazione dei donatori, campagne pubblicitarie di sensibilizzazione sui social media e altro ancora. È stato prodotto tanto materiale molto interessante che sarà utilizzato per il futuro proprio con l’obiettivo di allargare la cultura della donazione a queste fasce di popolazione.
In Italia è stata raggiunta l’autosufficienza sangue. Sul fronte plasma?
Abbiamo già ottenuto buoni risultati, ma di strada da fare ce ne resta. La grande sfida è avvicinare quella parte del Paese che raccoglie plasma a livelli molto elevati, 24 kg ogni mille abitanti in un anno, a quella che non raggiunge neanche i sei chilogrammi. C’è una forbice ampia tra queste realtà che va colmata. Se riusciamo a produrre 18-20 kg di plasma avviati alla lavorazione industriale ogni mille abitanti, contro i 14 di oggi, l’obiettivo dell’autosufficienza diventerà sempre più vicino.
Uno dei temi dibattuti al Wbdd2021 è stato Plasma iperimmune per la malattia da Covid 19. Sono state riposte molte speranze nel suo utilizzo, qual è lo stato dell’arte?
Oggi i dati della letteratura dimostrano che l’uso, non tanto del plasma quanto delle immunoglobuline purificate dal plasma ha indicazioni molto limitate: possono infatti essere utilizzate limitatamente ai soggetti immunodepressi che non riescono a produrre anticorpi. Ma sicuramente il plasma iperimmune non è la cura, soprattutto non è utile somministrarlo a pazienti in stato avanzato di malattia.
Passiamo a un altro tema. Sarà presentato nella prima seduta utile della Conferenza Stato Regioni il nuovo Programma nazionale per l’autosufficienza del sangue e dei suoi prodotti. possiamo dare qualche anticipazione?
Posso dire che è un Piano largamente condiviso, scritto insieme alle Regioni e al Centro nazionale sangue. Un Piano costruito poco per volta già dalla scorsa estate, non è quindi improvvisato. Però è un Piano ponte.
Perché un Piano ponte?
Vede, già da due anni era stata rappresentata al Ministero le necessità di definire nuove modalità per la programmazione delle attività trasfusionali. È stata quindi messa in piedi una Commissione ad hoc, che sta operando molto bene, divisa in sottogruppi inter istituzionali, composti da Ministero, Cns e Regioni, con la partecipazione attiva delle Associazioni dei donatori di sangue e, novità nella programmazione trasfusionale, anche dei pazienti per i quali i derivati del sangue sono salvavita. Gruppi che stanno lavorando su varie tematiche - dall’autosufficienza dei globuli rossi e del plasma, al nuovo sistema informativo dei sistemi trasfusionali fino al finanziamento del sistema - i cui risultati dovrebbero arrivare entro la fine dell’anno. Ecco perché per il momento è stato definito solo un Piano ponte. Tuttavia è un Piano che contiene ha già nuovi strategici inquadramenti: considera insieme globuli rossi e plasma in un’ottica quindi di autosufficienza globale degli elementi che concorrono alla salute della popolazione; inoltre punta a ridurre quel gap regionale di cui abbiamo parlato. Si guarda perciò alle performance regionali per far sì che tutte le Regioni concorrano in maniera paritaria a raggiungere l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale e nel migliore dei modi possibili. Questo si traduce in un impegno per ogni Regione a implementare i servizi che consentano di potenziare o migliorare la propria attività. Il Piano prevede quindi un monitoraggio trimestrale da parte del Cns per rilevare eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi programmati e mettere in atto azioni correttive.
Ester Maragò
© RIPRODUZIONE RISERVATA