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Mercoledì 20 GIUGNO 2012
Lazio. Acoi: “Impariamo dagli esiti, per migliorare le nostre perfomance”
È questo l’obiettivo dei chirurghi ospedalieri della società scientifica che, nel corso di un convegno organizzato al San Camillo Forlanini di Roma, si sono confrontati con Agenas sui dati emersi dal Programma nazionale esiti, impegnandosi a migliorare gli outcome delle loro procedure.
“Imparare per migliorare”. È questo il leit motiv dei medici dell’Acoi, la società scientifica dei chirurghi ospedalieri italiani che oggi, in un convegno organizzato presso l’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, hanno aperto un confronto diretto con gli esiti messi nero su bianco da Agenas nel programma nazionale esiti (Pne). Il Programma che offre una fotografia dettagliata degli outcome delle struttura sanitarie italiane. Non pagelle, classifiche e graduatorie, come ha ricordato Carlo Perucci, direttore scientifico del Pne, ma uno strumento per consentire alle Regioni e alle Aziende di avviare attività di auditing clinico e organizzativo
“Il nostro obiettivo – ha detto Luigi Presenti, presidente Acoi – è quello di lavorare per garantire che le nostre performance siano migliorabili. A partire dalla standardizzazione della documentazione clinica, arrivando a linee guida di compilazione sistematica delle Sdo, così da consentire analisi corrette. E la nostra società scientifica partendo da una base di qualità diffusa, si impegna a migliorare gli esiti delle nostre procedure identificando sia i contesti legati alla crescita del singolo professionista sia agli elementi di contesto sanitario”.
Ecco perché quello realizzato oggi nell’azienda romana è solo il primo passo.
“Impariamo dagli esiti per arrivare all’adozione sistematica dell’audit clinico – ha detto Stefano Bartoli, segretario nazionale Acoi – vogliamo identificare i punti di debolezza del nostro sistema e agire per il miglioramento, per questo quello organizzato oggi è solo il primo di tanti altri eventi che saranno realizzati dalla nostra Associazione in tutte le Regioni d’Italia”.
Che ci siano ancora molti angoli da smussare lo dimostrano i dati presentati nel corso della kermesse. Sotto la lente, in particolare, sono finiti i dati relativi all’indicatore che misura la proporzione di colecistectomie laparoscopiche con degenza post-operatoria entro 4 giorni, sul quale le strutture del Lazio marciano a differenti velocità.
Nella Regione, come ha illustrato Marina Davoli, direttore dipartimento di epidemiologia del Lazio, dove il sistema di misurazione degli esiti è stato implementato come strumento della qualità delle cure, ci sono 25 strutture su 95 che effettuano meno di dieci interventi di colecistectomia laparoscopica l’anno, ben 274 Unità operative e più di 200 che realizzano meno di 50 interventi l’anno. Tradotto, troppe strutture con pochi volumi di attività che sicuramente non garantiscono esiti favorevoli.
Entrando poi nel merito della valutazione della proporzione di colecistectomie laparoscopiche con degenza post-operatoria entro 4 giorni, dai dati per struttura emerge un quadro ancora più variegato. Al Policlinico Gemelli nel 2010/2011 sono stati valutati più di 1.300 interventi effettuati in 20 Unità operative, ma di queste solo 3 realizzano un volume di interventi superiore a 100 in due anni. Il Policlinico Umberto I presenta un quadro a tinte fosche: sono stati valutati circa 900 interventi svolti in 25 Unità operative, ma nessuna arriva a realizzare più di 100 interventi in due anni. Diversi gli scenari al San Camillo dove sono stati valutati circa 600 interventi in 5 reparti, ma 4 superano la soglia dei 100 interventi, sempre in due anni. Ma sicuramente il Lazio dal 2006 al 2011 ha compiuto passi in avanti: la media regionale è infatti passata dal 44% al 54%.
“È stato svolto un grande lavoro con le società scientifiche – ha detto Marina Davoli - per poter arrivare ad una comparazione puntuale dei dati tenendo ben conto il differente case mix tra le strutture”.
E anche la società scientifica non è rimasta a guardare, e ha lavorato per fotografare lo stato dell’arte su questo indicatore. Dai dati presentati, da Andrea Mingoli dell’Acoi, è emerso che Lazio solo 16 centri su 43 esaminati da Agenas presentano una media vicina a quella nazionale. E in un centro appena l’1,15% dei pazienti ha una degenza post operatoria inferiore a 4 giorni. Inoltre in 24 centri la degenza media è di 5,54 giorni. “Dobbiamo ancora lavorare sull’organizzazione nelle strutture ospedaliere – ha spiegato Mingoli – e ora stiamo svolgendo un’azione di auditing per identificare le strategie più corrette per ridurre la degenza totale post operatoria”.
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