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Giovedì 14 GIUGNO 2012
Ospedale Pertini. L'ordine e i sindacati medici: "Non ci fidiamo più delle istituzioni"
Affollata assemblea del personale all'ospedale romano per dare voce al malessere conseguente all'evidente degrado degli standard di assistenza dopo i tagli del Piano di rientro regionale. Ed è la Regione, la prima sotto accusa: "E' ormai sorda a tutti nostri appelli".
Totale sfiducia nelle istituzioni, indignazione di fronte all’inerzia della Regione nell’ascoltare le difficoltà che rendono sempre più difficile e rischioso il lavoro all’interno degli ospedali pubblici, convinzione di una precisa volontà politica di depauperamento della sanità pubblica in favore del settore privato. Clima bollente, oggi pomeriggio, all'Assemblea dell'ospedale Sandro Pertini, indetta dall'intersindacale per denunciare il degrado della struttura conseguente ai tagli all'assistenza e al personale. La goccia che ha fatto traboccare una situazione già molto tesa è stata la recente aggressione di un medico nel pronto soccorso. Da lì è salita l'indignazione di tutte le maestranze che hanno confermato lo stato di agitazione a tempo indeterminato, fino a quando la realtà del Pertini non diventerà oggetto di provvedimenti risolutivi da parte della Regione.
I rappresentanti sindacali e dell'ordine dei medici sono stati unanimi nel giudicare la situazione del Pertini il paradigma di una sanità regionale ormai al collasso. Il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, Roberto Lala, è stato fin troppo chiaro sul nodo politico della questione. “Non mi fido più delle istituzioni, stanno mandando al massacro cittadini e operatori sanitari senza alcuna vergogna”, ha detto. I rischi di queste situazioni ricadono, infatti, sulle spalle di medici e pazienti. “I medici, in particolare – ha detto Lala - a causa della mancanza di colleghi determinata dal blocco del turnover, sono costretti a portare avanti da soli un’enorme mole di lavoro, per di più in uno stato di tensione che sempre più spesso sta sfociando in aggressioni”. “Abbiamo più volte chiesto formalmente un incontro con la Regione ma non ci è mai arrivata risposta – ha sottolineato il presidente dell’Ordine dei medici di Roma - Tutto questo è inaccettabile. Da oggi parte uno stato di agitazione e un blocco virtuale della struttura, per denunciare la gravità della situazione a tutte le Istituzioni”.
La fetta più grande di responsabilità per la situazione critica in cui versano da tempo le strutture sanitarie pubbliche è da attribuire alla Regione anche per il segretario regionale dell’Anaao Assomed, Donato Antonellis. “Le scelte portate avanti in questi anni hanno dimostrato la precisa volontà di penalizzare la sanità pubblica – ha detto - basti citare, per ultimo, la fissazione di tetti per l’ospedalità pubblica”. “Si era detto di voler applicare questi tetti solo alla sanità privata - ha proseguito - lasciando alle strutture pubbliche solo il blocco del turnover, invece, con questa decisione si è voluto assestare un colpo mortale alla sanità pubblica del Lazio”. Per il segretario regionale dell’Anaao Assomed, però, non sono esenti da colpe anche tutti quei direttori generali “che non riescono ad avere un maggiore potere contrattuale con la Regione e si limitano ad avere un ruolo da meri esecutori di ordini superiori”.
Sempre la Regione, ed il suo commissario ad acta per la Sanità, Renata Polverini, sono stati oggetto di “indignazione per le richieste non ascoltate e frustrazione per il senso di inutilità di iniziative e proposte rimaste solo parole al vento”, per Giuseppe Lavra, segretario regionale della Cimo-Asmd. La volontà politica, infatti, anche per Lavra appare ben precisa: “Si è avuto un grave disinvestimento nella sanità pubblica, si continuano a chiudere strutture pubbliche favorendo il settore privato senza neanche avere il coraggio di far chiarezza sulla questione – ha detto – in questo modo si sta svendendo l’ospedale pubblico e si sta negando l’assistenza sanitaria ai nostri cittadini”. L’intervento del segretario regionale della Cimo-Asmd si è poi concluso con una domanda provocatoria: “Il modello dei nostri Dea è funzionale ai pazienti e ai lavoratori che vi operano o è funzionale al gioco del turnover dei malati sulle cliniche che orbitano intorno ai grandi ospedali di Roma?”.
Infine, anche per Stefano Mele, segretario regionale della Fp Cgil, “vista la reiterata insensibilità e inerzia della Regione Lazio nell’ascoltare le nostre ragioni, bisogna iniziare a pensare che dietro questo atteggiamento risiede una volontà politica ben precisa”. “Se noi andiamo verso questa strada – ha concluso - finiremo di impoverire tutti gli ospedali e creeremo delle strutture povere fatte per poveri, incapaci di gestire, come sta accadendo oggi, la mole di pazienti che si riversa in cerca di assistenza".
Giovanni Rodriquez
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