quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 17 MARZO 2021
La psicologia nel Ssn, la grande dimenticata



Gentile Direttore,
siamo in piena terza ondata, gran parte dei cittadini, in zona rossa e di nuovo milioni di lavoratori in ‘lavoro agile’ e le scuole quasi completamente chiuse, rispetto ad un anno fa, è evidente come il clima, la percezione collettiva e individuale, sono cambiati, ma non in meglio.
 
Eppure, i motivi per essere maggiormente ottimisti non mancherebbero: in questi 12 mesi l’Europa ha fatto molto, l’austerità ha lasciato il posto ad una politica di sostegno all’economia come mai nella storia recente il che vuol dire per l’Italia uno stanziamento di risorse ingenti, con un’unica prescrizione: spendere bene e presto queste risorse.
 
Rispetto ad un anno fa si intravede finalmente una via di uscita, la campagna vaccinale è iniziata e sono già milioni gli italiani che hanno ricevuto la prima dose, uno scenario assolutamente diverso e migliore, però la paura delle prime settimane ha lasciato il posto ad una rassegnazione collettiva che, in qualche caso, si trasforma in rabbia.
 
Si riscontrava più capacità e voglia di reagire un anno fa di quanta non se ne veda oggi. Proprio ora che si discute di dove allocare le ingenti risorse del Recovery Plan, il cui fine è quello di stimolare ed accelerare il processo di resilienza economica e sociale, pare che le energie che sottendono questo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sembrano venire meno.
 
Applicare all’economia ed all’intera società il concetto di ‘resilienza’ implica una consapevolezza che, allo stato attuale, appare non del tutto acquisita: coniugare resilienza con ripresa economica, con una sostanziale trasformazione della società, con una transizione orientata verso una energia non tradizionale ed uno sviluppo sostenibile, è un compito difficile se non si allineano tutti le componenti di questo processo.
 
Il punto di partenza è che nessuno sforzo economico e finanziario sarà mai sufficiente a modificare la struttura profonda della società, se non si interviene anche sugli aspetti sociali ed individuali: è indispensabile coniugare gli interventi economici nelle infrastrutture, nella transizione energetica, nella digitalizzazione, con gli aspetti psicologici individuali.
 
Il concetto di resilienza psicologica è un acceleratore dei processi di cambiamento economico culturale e sociale; le riforme sociali al pari della ripresa economica camminano sulle gambe delle persone ed un popolo rassegnato non agevola il necessario cambiamento e qui si innesta la necessità di una sostanziale presa d’atto del ruolo che la psicologia deve assolvere in questa fase di trasformazione profonda della società italiana.
 
Due sono i momenti nei quali la psicologia è chiamata a fornire il proprio contributo:
- nella fase emergenziale;
- nella fase di implementazione del piano di Riprese e Resilienza.
 
I numeri dell’emergenza sono sotto i nostri occhi:
- oltre 3 milioni di contagiati;
- più di 100.000 vittime;
- 500.000 in quarantena.
 
La fascia di cittadini coinvolti perché direttamente in contatto con le vittime ed i contagiati è molto ampia: siamo nell’ordine di 10 milioni di italiani che vivono o hanno vissuto direttamente questa crisi; centinaia di migliaia di famiglie che non hanno potuto vivere ed elaborare il lutto per la perdita dei propri cari, centinaia di migliaia di contagiati in quarantena domiciliare, vissuta spesso in solitudine, senza non dimenticare l'aumento della violenza di genere sfociata in femminicidi.
 
E poi ci sono gli studenti che stanno pagando un prezzo altissimo in sofferenza psicologica.
 
Questo prezzo pagato oggi dai ragazzi, domani saranno costi per l’intera società.
 
A questi cittadini ai quali il Governo chiede di fare uno sforzo importante, di cambiare le proprie vite ed abitudini, di far propri i cambiamenti, abbiamo il dovere di offrire un supporto, perché non tutti hanno le risorse e le energie necessarie e non tutti sono stati toccati dalla crisi sanitaria, economica, sociale e psicologica allo stesso modo.
 
A questi cittadini abbiamo il dovere di fornire un supporto psicologico adeguato. A chi perde il lavoro, a chi è chiamato ad assumersi responsabilità nuove, a chi vede il proprio mondo lavorativo completamente cambiato, a chi nella scuola (alunni, famiglie, corpo docente, personale scolastico), sta affrontando percorsi inesplorati.
 
Una attenzione straordinaria va poi al mondo della Sanità nel quale infermieri medici e tutte le altre professioni sanitarie e sociosanitarie  stanno facendo uno sforzo immane per fronteggiare la pandemia.
 
Le ‘ferite’ fisiche saranno curate, ma ci sono ferite altrettanto profonde che spesso non si vedono, che si tende a nascondere, per questo accanto agli interventi medici e farmacologici la Sanità deve prevedere, in misura maggiore di quanto non abbia fatto fino ad oggi, una importante presenza di psicologi.  
 
È indubbio che rispetto agli Stati dell’Unione Europea in nostro sistema politico, istituzionale, economico e sociale è estremamente critico e talora incapace di essere all’altezza della sfida; ne è stata un’evidenza “scientifica” il fatto che tutto quello che è “pubblico”, dalla PA alla scuola, alla sanità ecc., non è stato considerato mai un investimento bensì una spesa da tagliare appena possibile.
 
In questa visione distorta della res publica dei governi che si sono succeduti, la psicologia e con essa la prevenzione e la tutela del benessere psicologico individuale e collettiva è la dimenticata tra le dimenticate, considerata una sovrastruttura, un “orpello" di cui se ne può fare a meno, salvo ignorare che è il frutto di grandi scienziati sia della Mitteleuropa ma anche italiani, da Agostino Gemelli ad Adriano Ossicini; è invece la questione delle questioni e visto che ormai si abusa dei termini bellici, è la madre di tutte le battaglie.
 
Dopo la Seconda guerra mondiale molti Paesi occidentali hanno capito che lo sviluppo psicologico era la base del capitale umano e doveva diventare un investimento pubblico: hanno così cominciato a rendere disponibili strumenti ad hoc nell’ambito della scuola, del lavoro, del welfare e della sanità per questo  la Psicologia è una delle sette scienze “hub” più influenti; tuttavia in Italia questo, purtroppo, non è avvenuto e la pandemia ha messo a nudo l’assenza in Italia di un uso sociale della Psicologia, per le forze politiche invece essa deve diventare l’asse centrale  per ridurre divari socioculturali gap e discriminazioni potenziando la capacità del Paese di uscire vittorioso da questa crisi pandemica.
 
Purtroppo, ad oggi la risposta psicologica pubblica ha una contraddizione enorme tra quanto previsto nei nuovi LEA e la capacità reale del SSN di garantirlo, con i suoi quasi cinquemila psicologi dipendenti delle Aziende sanitarie prossimi alla pensione, residuo di un organico almeno doppio presente con l’avvio della legge 833/78 che si pensava dovesse aumentarsi invece che ridursi.
 
Le forze politiche di allora e che oggi si riconoscono nel centrosinistra introdussero la psicologia e gli psicologi nei consultori, nei servizi di salute mentale, nella medicina del lavoro e in quella scolastica, nei servizi ai disabili…tutti servizi e presidi, perlopiù gestiti dagli enti locali, che poi confluirono nelle allora uu.ss.ll.  e con l’avvio della legge 833/78 si potenziò la presenza del servizio di psicologia ospedaliera…ma poi venne l'epoca dei continui tagli e la psicologia e gli psicologi furono tra i più penalizzati perché considerati non indispensabili…ed ora ci si accorge dell’esatto contrario…
 
Queste  stesse forze politiche devono rialzare la bandiera che orgogliosamente avevano sventolato decenni fa perché il concetto di salute indicato dall’OMS diventi l’asse portante e strategico della politica per la salute individuale e collettiva del Governo e delle Regioni.
 
Da parte mia ho già contribuito, insieme ai colleghi deputati e senatori del mio partito e delle altre forze progressiste, con emendamenti approvati per rilanciare il potenziamento della psicologia nei servizi e presidi del SSN ed è già incardinata al Senato una proposta di legge, a mia firma e di altri 20 senatrici e senatori del PD, per l’istituzione dello psicologo di comunità che può e deve essere uno delle fondamenta sulle quali ricostruire o forse è meglio, costruire quella rete di servizi e presidi sanitari e sociosanitari di prossimità che devono essere l’articolazione diffusa ed estesa della sanità territoriale in grado di rispondere al complesso dei bisogni di salute, nuovi e vecchi…in forma olistica…o come va di moda ora dire in una visione One Health.
 
Paola Boldrini
Vicepresidente Commissione Igiene e sanità del Senato del Partito Democratico

© RIPRODUZIONE RISERVATA