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Martedì 09 FEBBRAIO 2021
Recovery plan. “Innovazione organizzativa, continuità ospedale-territorio, integrazione politiche, accessibilità e semplificazione”. Le priorità di Federsanità in audizione

"Un sistema a carattere comunitario nel quale produrre salute/benessere diventa un compito anche della società civile e del Terzo settore, all’interno di un sistema relazionale che connette le varie dimensioni del benessere stesso: sociale, economico, ambientale, oltre che meramente sanitario. Un modello che si muove per anticipare i bisogni sociosanitari e prevenire le patologie, abbandonando il tradizionale modello 'curativo' di attesa della patologia e di erogazione di prestazioni sanitarie”. Questa la proposta della presidente Tiziana Frittelli in audizione alla Camera. IL DOCUMENTO

“Federsanità è impegnata da 25 anni nel sostegno all’integrazione sociosanitaria sempre evocata, ma mai attuata fino in fondo. La Pandemia ha, ancora una volta, posto in primo piano la necessità di integrare il sociale con il sanitario, in modo da offrire alle Comunità una rete di servizi realmente integrati senza vuoti assistenziali o scollamenti che rischiano di vanificare anche il miglior modello sanitario o il miglior modello sociale”.
 
Così la Presidente di Federsanità, Tiziana Frittelli, in apertura dell’audizione informale che si è svolta oggi presso la 12esima Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

“In questi mesi, abbiamo toccato con mano la necessità di fornire – ha detto la Presidente Frittelli - sia ai nuclei familiari sia alle singole persone in quarantena, non soltanto la necessaria assistenza sanitaria, ma anche l’altrettanto necessario supporto di natura sociale. Il modello sociosanitario che costruiremo dovrà quindi partire da questi avanzamenti organizzativi, professionali e istituzionali – ma anche culturali – che hanno contraddistinto le risposte degli attori del sociale e del sanitario all’evento pandemico”.

La Relazione di Federsanità è partita da alcuni spunti di riflessione come la necessità di aumentare le caratteristiche di flessibilità della rete ospedaliera o la definizione di linee guida per la realizzazione degli investimenti in edilizia che tenga conto dell’enorme potenziale offerto dalla disponibilità di una infrastruttura che sia in grado di fare fronte a questa flessibilità, eventualmente ampliando le dotazioni minime delle singole realizzazioni perché possano essere rapidamente adeguate a modifiche del fabbisogno. Nodo centrale, secondo Federsanità, la realizzazione di una reale integrazione sociosanitaria.
 
"Una oramai consolidata letteratura evidenzia come l’assenza di efficaci strumenti di sostegno alla dimensione sociale – che tengano conto delle situazioni di rischio e vulnerabilità, delle condizioni di età e di genere, reddituali, ambientali e di stress, di assenza, di scarsità dei legami interpersonali e sociali – determinino una tensione verso la “sanitarizzazione” dei bisogni e un conseguente maggiore ricorso ai servizi legati al Ssn".

“In questo quadro – ha sottolineato la Presidente Frittelli - una possibile risposta è quella legata al ruolo delle Comunità: un sistema a carattere comunitario nel quale produrre salute/benessere diventa un compito anche della società civile e del Terzo settore, all’interno di un sistema relazionale che connette le varie dimensioni del benessere stesso: sociale, economico, ambientale, oltre che meramente sanitario. Un modello di politica sociosanitaria che, soprattutto, si muove per anticipare i bisogni sociosanitari e prevenire le patologie, abbandonando il tradizionale modello “curativo” di attesa della patologia e di erogazione di prestazioni sanitarie”.

Le proposte di Federsanità:
• Orientare gli investimenti edilizi per le infrastrutture ospedaliere verso soluzioni in grado di garantirne la flessibilità dell’offerta rispetto al fabbisogno e la sostenibilità ambientale degli interventi (consumi energetici e gestione del ciclo dei rifiuti), fattori di spesa per investimento che tuttavia in prospettiva riducono anche significativamente le spese di gestione.  
- Definire standard adeguati di posti di terapia intensiva/sub-intensiva attivati e attivabili al bisogno
- Definire Linee guida e protocolli per il corretto ciclo dei rifiuti nell’ambito delle strutture ospedaliere e definire criteri standard di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili per le nuove strutture
- Favorire l’ammodernamento tecnologico, anche attraverso forme di acquisizione alternative agli acquisti; rendere strutturale una riduzione dell’imposizione IVA almeno sugli investimenti per aggiornamento del parco tecnologico (e delle eventuali lavori necessari per l’installazione degli stessi).
 
• Supportare un nuovo protagonismo della Medicina Generale e della Pediatria di Libera Scelta, in modo da far evolvere le attuali AFT in modelli agili e maggiormente integrati con gli altri servizi sanitari e sociali di comunità.
- Agevolare l’acquisizione di strumenti diagnostici e di risorse infermieristiche e amministrative per l’utilizzo in rete da parte di studi associati di MMG e PLS. 
 
• Rafforzare le strutture assistenziali territoriali colmando il divario fra le regioni italiane e riequilibrando l'offerta assistenziale alla non autosufficienza.
 
• Rafforzare i servizi per la salute mentale, garantendo percorsi precoci di presa in carico a partire dall’età scolare, attraverso servizi di supporto psicologico. 
 
• Individuare un punto di maggiore equilibrio nel rapporto tra Case di Comunità, presidi di cure intermedie e numero di abitanti, tenendo conto delle caratteristiche fisiche del territorio, della viabilità e delle potenzialità di connettività.
- Definire standard di presenza infrastrutturale sulla base di n. abitanti, densità abitativa e caratteristiche orografiche del territorio.
 
• Attuare l’integrazione sociosanitaria dando piena attuazione alla L.328/2000.
- Definire i livelli essenziali delle prestazioni in ambito socioassistenziale e trovare le necessarie complementarietà rispetto ai LEA.
- Garantire il finanziamento dei LEP attraverso il Fondo Nazionale Politiche Sociali.
 
• Dedicare una maggiore attenzione ai territori meno popolosi, con particolare attenzione a quelli montani o alle c.d. “aree interne”, che già soffrono di carenze di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta. Questi territori vedono inoltre una maggiore presenza di fasce di popolazione anziana, che spesso presenta difficoltà nell’utilizzo di device tecnologici.
- Individuare modalità di incentivazione alla presenza di professionisti sanitari nei territori con caratteristiche di aree interne.
 
• Ricorrere alla leva del volontariato e del servizio civile per avvicinare i servizi – sanitari, sociali e di pubblica utilità – ai cittadini delle aree più deboli, sia attraverso la presenza di presidi fissi sia di strutture mobili. A questo proposito una buona pratica è quella delle Botteghe della Salute sperimentate in Toscana.
- Nel quadro del completamento della Riforma del Terzo settore, individuare modalità ad hoc in ambito sociosanitario, valorizzando esperienze innovative, coinvolgendo anche i caregiver in processi formativi utili alla presa in carico, anche per il tramite delle associazioni dei pazienti.
 
• Affiancare a interventi straordinari specifiche risorse strutturali per sostenere l’ammodernamento tecnologico degli ospedali e dei presidi sociosanitari locali.
 
• Promuovere un approccio di sistema tra la Missione 1 relativa alla digitalizzazione con gli interventi di coesione territoriale rispetto alla strategia nazionale per le aree interne – Missione 5 –. Il superamento delle distanze fisiche consentito dalla telemedicina avrà infatti bisogno di infrastrutture di accesso oggi distribuite in maniera diseguale all’interno del Paese.
- Sviluppare una governance non ‘a canne d’organo’, ma in grado di individuare e sviluppare le opportune sovrapposizioni tra le diverse Missioni e componenti del Piano, oltre che con le politiche ordinarie.
- Sviluppare la connettività digitale delle zone interne per facilitare gli interventi di telemedicina.
 
• Promuovere una migliore organizzazione, standardizzazione e accessibilità dei dati sociali e sanitari, anche attraverso la interoperabilità delle relative banche dati. Ciò rappresenta il prerequisito per una più efficace gestione di percorsi assistenziali integrati.
- Messa a regime del FSE sull’intero territorio nazionale.
- Sviluppo della cartella sociosanitaria informatizzata.
- Definizione di standard e modalità di raccolta comuni dei dati, che consentano il confronto e l'integrazione tra le diverse fonti nel rispetto della privacy.
 
• Individuare criteri condivisi per la promozione di una rete di strutture territoriali – sociali, sociosanitarie e socioassistenziali – basate sulle reali esigenze dei territori e sulle possibili sfide individuate a partire da un approccio predittivo rispetto alle criticità.
- Individuare standard di presenza di servizi e strutture sociosanitari sull’intero territorio nazionale, in grado di garantire l’intera copertura dei percorsi assistenziali attivabili. 
 
• Definire un adeguato quadro istituzionale – ad esempio con consorzi o convenzioni tra aziende sanitarie ed enti locali – e basato su una governance multilivello tra Regioni, ASL e distretti e che veda la partecipazione dei Comuni e delle rappresentanze del Terzo settore.
- Definizione di un cronoprogramma per l'avvio di forme sperimentali di governance sociosanitaria nelle regioni che non hanno individuato modelli specifici.
 
•Promuovere adeguati piani di formazione dedicati agli aggiornamenti tecnico-professionali, digitali e manageriali. In particolare, si tratta di formare manager con una visione integrata rispetto alla programmazione sociosanitaria, capaci di interpretare nuovi dati e informazioni e di gestire organizzazioni complesse, valutabili non soltanto sulla base di logiche aziendali.

• Eliminare l’imbuto formativo, con ulteriori 12.000 borse per le scuole di specializzazione, puntando sui profili specialistici più carenti e finanziare politiche retributive volte a differenziare le retribuzioni di chi operi in zone disagiate, per attutire il fenomeno dell’urban-rural divide.

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