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Mercoledì 14 LUGLIO 2010
Dolore: il rapporto medico-paziente è da ricostruire
Un’indagine condotta dal sito doloredoc.it rivela che le percezioni di medici e pazienti sulla qualità e quantità di informazioni e attenzioni riservate al paziente differiscono notevolmente.
È di poco superiore al 42 per cento la percentuale di pazienti che afferma di condividere con il proprio medico specialista informazioni circa i principali aspetti della terapia del dolore quali i benefici e gli effetti collaterali della terapia, la scelta del farmaco, la via di somministrazione e le indicazioni circa la posologia.È uno dei risultati di un’indagine condotta da www.doloredoc.it, portale indipendente dedicato al dolore, sostenuto da un grant incondizionato di Grunenthal. Ciò che sorprende dei risultati dell’analisi è che i medici dichiarano di condividere queste informazioni con i pazienti nel 93,98 per cento dei casi.
Discostamenti analoghi si registrano anche nella percezione della durata della visita. Mentre il 36,4 per cento dei pazienti afferma che la prima visita dura 10 minuti, il 56,7 per cento dei medici ritiene che duri oltre 20 minuti.
Su una cosa, però, medici e pazienti sono d’accordo: entrambi sono convinti che la condivisione delle informazioni aumenta l’aderenza alla terapia.
“Le indagini sui tempi della visita medica registrano sempre, anche nella letteratura internazionale, una certa contrapposizione che dimostra la differente prospettiva dei soggetti”, ha commentato Egidio Moja, ordinario all’Università Statale di Milano. “Si assiste infatti all’asserzione, da parte dello specialista, di fare una visita accurata, denunciando un’alta valutazione del proprio operato, e con la dichiarazione di tempi di visita piuttosto brevi da parte del paziente che così dichiara il proprio bisogno di maggiore attenzione”.
“Diversi studi internazionali - ha aggiunto tuttavia Moja - concordano nell’affermare che una visita che si prolunghi oltre i 20 minuti non è necessariamente più soddisfacente”.
Tuttavia, il caso del dolore è peculiare rispetto alle altre diagnosi. “Nella terapia del dolore va però sicuramente considerata l’importanza del colloquio con il paziente almeno per due ragioni: da una parte per la maggiore possibilità da parte del medico di conoscere timori ed esigenze del paziente e quindi rassicurarlo, dall’altra, la condivisione degli elementi costitutivi della terapia, farmaci, posologia, durata, effetti collaterali, con una maggiore compliance della stessa”, ha spiegato Moja.
Perciò ha concluso lo specialista, anche se “un buon rapporto medico-paziente è sempre auspicabile per affrontare al meglio qualsiasi tipo di malattia, quando si tratta il dolore - cronico o acuto che sia - l’alleanza tra medico e paziente è vitale perché il dolore, oltre a minare profondamente la vita del paziente, è “segno della malattia che parla” e come tale porta con sé un pesante carico di timori e preoccupazioni. Allora è necessario costruire un ponte comunicativo tra medico e paziente al quale quest’ultimo potrà affidarsi nella lunga lotta al nemico-dolore”.
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