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Mercoledì 02 DICEMBRE 2020
Necessario implementare nuovi trattamenti per l’iperkaliemia: il Position Paper della Società Italiana di Nefrologia (SIN)
Il trattamento dell’iperkaliemia nei pazienti affetti da malattie renali croniche (CKD) rappresenta ancora una sfida terapeutica, come sottolinea la Società Italiana di Nefrologia (SIN) in un Position Paper, che mette in evidenza il bisogno di nuove terapie ben tollerate ed efficaci per il controllo dei livelli plasmatici di potassio nei pazienti affetti da CKD o da malattie cardiovascolari
Il trattamento dell’iperkaliemia (o iperpotassemia) nei pazienti affetti da malattie renali croniche (CKD) rappresenta ancora una sfida terapeutica. Questa condizione, nella maggior parte dei casi, non viene trattata adeguatamente: ciò porta alla progressione della patologia e a un più precoce ricorso alla terapia sostitutiva renale. Lo sottolinea la Società Italiana di Nefrologia (SIN) in un Position Paper, che mette in evidenza il bisogno di nuove terapie ben tollerate ed efficaci per il controllo dei livelli plasmatici di potassio nei pazienti affetti da CKD o da malattie cardiovascolari.
L'iperkaliemia (che consiste in un eccesso dei livelli di potassio nel sangue) è il disturbo elettrolitico più comune osservato nei pazienti con malattia renale ed è un importante fattore di rischio “di aritmie cardiache potenzialmente pericolose per la vita”, come ricordano gli autori.
Si tratta di una condizione nota da tempo, molto frequente nei pazienti nefropatici e nei pazienti con scompenso cardiaco, come sottolinea, in un’intervista a Quotidiano Sanità, uno degli autori dell’articolo, il dottor Filippo Aucella, Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e della Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo. Negli ultimi anni, però, “la prevalenza dell’iperpotassiemia è aumentata perché usiamo sempre di più farmaci che, per quanto estremamente utile nonché molto efficaci, hanno come effetto collaterale l’iperpotassiemia”.
In Italia, l’incidenza si attesta intorno al 2-3%, ma arriva fino al 10% nei soggetti ospedalizzati. Il rischio è triplicato nelle persone affette da CKD, da patologie cardiovascolari, diabete e nei pazienti trattati con antagonisti del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS). Il rischio di sviluppare un’iperkalemia grave è del 4-5%, tuttavia, una recente ricerca epidemiologica ha rivelato che questa frequenza può anche superare il 30%, in alcune popolazioni come i pazienti in terapia dialitica cronica.
Il primo punto del Position Paper della SIN riguarda proprio la necessità di misurare la potassiemia nel corso della prima visita nefrologica e in tutte le visite successive, indipendentemente dalla prescrizione di RAASi. “Nei soggetti con CKD, una potassiemia superiore a 5 mEq/L deve essere considerata patologica e richiede un attento follow-up e l’implementazione di tutte le strategie di prevenzione e/o terapeutiche per riportare la potassiemia entro il range ottimale di 4.0-4.5 mEq/L”, scrivono gli autori.
Le attuali opzioni terapeutiche sono inadeguate al trattamento dell’iperkaliemia
I trattamenti farmacologici per questa condizione, comunque, sono attualmente molto limitati. In caso di emergenza, quando il paziente viene ricoverato per iperkaliemia severa, sono somministrati dei farmaci non registrati per tale patologia (insulina, bicarbonato di sodio o agonisti beta-2-adrenergici) che servono per correggere rapidamente gli elevati livelli ematici di potassio. Sono ancora meno le opzioni terapeutiche per un intervento a lungo termine.
Da un sondaggio condotto dagli stessi autori del position paper, è emerso che una condizione cronica viene trattata molto spesso con delle resine a scambio ionico, attualmente gli unici farmaci presenti sul mercato indicati per il trattamento dell’iperkaliemia, su cui però sono disponibili poche evidenze di efficacia e sicurezza e per i quali è stata osservata una correlazione con eventi avversi gastrointestinali anche severi. Entrambi questi farmaci sono inoltre idonei solo per un trattamento episodico dell’iperkaliemia e non per una normalizzazione a lungo termine.
Nuovi trattamenti per l’iperkaliemia
“Negli ultimi anni sono stati sviluppati una serie di composti che permettono di controllare e limitare l’iperpotassiemia”, commenta il Dr. Aucella. In particolare, due nuovi farmaci leganti il potassio, Patiromer e Sodio Zirconio Ciclosilicato, recentemente approvati dalla Food and Drug Administration (Fda) degli Stati Uniti e dall’European Medicines Agency (Ema), hanno dimostrato la loro efficacia e sicurezza nella gestione a lungo termine dell’iperkaliemia in pazienti con malattia renale cronica, anche associata a scompenso cardiaco, in diversi studi clinici randomizzati.
Il Sodio Zirconio Ciclosilicato è una polvere inorganica dotata di una struttura cristallina che cattura in modo preferenziale il potassio in cambio di cationi idrogeno e sodio. In virtù della sua selettività, può legare il potassio lungo tutto il tratto gastrointestinale riducendo così la concentrazione di potassio libero nel lume gastrointestinale, aumentandone l’escrezione fecale e diminuendone la concentrazione nel sangue, con il risultato finale di correggere l’iperkaliemia. Il Patiromer invece è un polimero anionico che lega il potassio nel tratto gastrointestinale, principalmente nel colon, scambiandolo con il calcio e poi viene escreto nelle feci. L’escrezione fecale consente di ridurre la concentrazione ematica di potassio in maniera dose dipendente.
La Società Italiana di Nefrologia auspica quindi la pronta implementazione di queste due nuove terapie. “L’uso di questi farmaci in pazienti con CKD”, scrivono gli autori, “consente un efficace controllo a lungo termine della concentrazione ematica del potassio, consentendo comunque il mantenimento di dosaggi efficaci di RAAi, indicati dalle linee guida di nefrologia e cardiologia come la strategia terapeutica più efficace per rallentare la progressione della CKD e per migliorare la prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco”.
E il Dr. Aucella conclude: “la nostra speranza, anche tramite questo Position Paper, è che tutti i colleghi nefrologi rimangano ben focalizzati sul problema iperpotassiemia e prendano contezza di queste nuove possibilità terapeutiche”.
“Questo Progetto è stato condotto con il contributo non condizionante di AstraZeneca”
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