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Martedì 13 LUGLIO 2010
La sanità europea tra pubblico e privato. La ricetta "Italia" non dispiace ai liberali
“Eppur si muove” è il volume pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni che ha come obiettivo l’analisi comparata dei Ssn di alcuni paesi europei. Gli autori si chiedono anche in che misura una migliore collaborazione pubblico-privato può stimolare efficienza ed economicità.
Una visione d’insieme dell’evoluzione che stanno attraversando i sistemi sanitari di Italia, Francia, Germania, Olanda e Svizzera. Ovvero quei paesi che negli ultimi 15 anni hanno subito i cambiamenti più marcati e più rapidi. Cambiamenti non tutti nella stessa direzione ma comunque uniti da un fil rougeche è il coinvolgimento di attori privati nelle forniture di servizi sanitari.
Questo è il punto di partenza del volume “Eppur si muove”, autori Alberto Mingardi (presidente dell'istituto Bruno Leoni, uno dei pochi think tank liberal italiani) e Gabriele Pelissero (medico universitario e presidente dell'Aiop Lombardia), presentato questa mattina a Roma.
La sanità europea dunque si sta muovendo, invertendo una tendenza: il monopolio da parte del pubblico.
In Europa, viene ricordato nel volume, sono presenti due modelli: Bismarck e Beveridge. Il primo nato in Germania sul finire dell’800 fondato sull’assicurazione sociale, il secondo nato in Inghilterra nel 1942 basato sul servizio sanitario nazionale.
L’Italia, unico fra i paesi europei, ha cambiato nel ventesimo secolo il proprio welfare passando dal modello Bismarck al modello Beveridge. Questo processo, iniziato con la legge 833/78, è tuttora in corso. Infatti accanto ai principi di universalità e alle caratteristiche organizzative di tipo centralistico e monopolistico, il nostro sistema sanitario si sta sempre più connotando “nei fatti e nella normativa” come regionalistico.
Il nostro Ssn presenta 21 sistemi sanitari diversi l’uno dall’altro per regole di finanziamento, organizzazione, livelli di qualità ed efficienza. Altro elemento, questo, di unicità nell’ambito europeo. Anche la presenza del privato, all’inizio marginale, è diventata sempre più solida. E i cittadini/pazienti possono spostarsi da una regione all’altra scegliendo dove farsi curare.
Al momento in Europa non esiste una situazione comparabile a quella italiana non essendo possibile la libera circolazione dei pazienti tra paesi. Questa chiusura prevedibilmente non durerà a lungo. E l’Unione europea sperimenterà, come scrive Gabriele Pelissero: “una situazione simile a quella che stanno sperimentando le regioni italiane, e per questo lo studio dei fattori di successo di un sistema sanitario rispetto ad un altro rappresenta, già oggi una lezione preziosa su cui bisognerebbe altamente meditare”.
S.S.
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