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Giovedì 19 NOVEMBRE 2020
Covid. La rivincita dei farmaci generici: boom vendite con aumenti fino a quasi l’800% per alcune categorie. In farmacia raddoppio per idrossiclorochina. Il Rapporto Nomisma
Medicinali e principi attivi “dimenticati”, per lo più iniettivi, funzionali alle terapie intensive sono rientrati prepotentemente nell’armamentario terapeutico dei medici durante i primi mesi della pandemia. Con una domanda cresciuta tra il 128% e il 782% rispetto all’anno precedente che ha messo a dura prova la capacità di risposta delle aziende. Presentato, nello studio annuale, il bilancio dell’emergenza Covid e le prospettive per il prossimo decennio. LA SINTESI IL RAPPORTO
Relegati in panchina per anni sono diventati titolari indispensabili nella partita contro la Covid 19. Farmaci e principi attivi “dimenticati” dai nomi impossibili, rocuronio, cisatracurio, midazolam, propofol, dal mese di marzo hanno infatti visto schizzare le loro quotazioni con una crescita della domanda, da parte dei fabbisogni farmaceutici regionali, tra il 128% e il 782% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Farmaci per lo più iniettivi, funzionali alle prestazioni erogate nelle terapie intensive, che hanno messo però a dura prova la capacità di risposta delle imprese degli equivalenti e accendendo i riflettori su un’esigenza vitale per il settore sanitario: mantenere in vita una “biodiversità di produzione” indispensabile alla sostenibilità del Ssn, non solo in casi straordinari come quello della pandemia.
Per questo le aziende del settore, reclamano catene di approvvigionamento più sicure e meno soggette a fluttuazioni, e un numero di fonti di approvvigionamento adeguato lungo tutte le fasi produttive per diversificare il rischio. Anche perché non è stato ancora tagliato il cordone che lega l’intera Europa, per l’approvvigionamento degli sostanze intermedie utili a sintetizzare i principi attivi e quindi produrre i farmaci, ai paesi extra-europei. Una dipendenza che, nei momenti critici e non solo, va spezzata.
Il focus sugli effetti dell’emergenza sanitaria sul comparto e le indicazioni di policy che ne derivano, emerse anche da una Survey ad hoc, sono il cuore dell’edizione 2020 dell’Osservatorio sui farmaci generici, realizzato dalla Società di studi economici Nomisma per Egualia (già Assogenerici), presentato oggi in un evento streaming con la partecipazione di Mario Fiorentino, Direttore generale per la politica industriale, l’innovazione e le PMI del ministero dello Sviluppo Economico, Nicola Magrini, direttore generale dell’Aifa, Antonio Parenti, capo della rappresentanza italiana della Commissione Ue e Angela Ianaro, membro delle Commissioni parlamentari Affari Sociali e Politiche dell’UE e Presidente Intergruppo Parlamentare Scienza e Salute della Camera dei Deputati.
I generici durante i primi mesi dell’emergenza si sono presi la loro rivincita.
Per quanto riguarda i medicinali per la cura delle malattie croniche, non sono state riscontrate variazioni significative nei consumi ad eccezione, in regime ospedalieri, dell’incremento registrato per la classe degli antivirali (gli antivirali Hiv passano da una media pre-Covid (gennaio- febbraio), di 0,98 confezioni per 10mila abitanti al giorno a una media post-Covid (marzo-maggio) di 1,10 confezioni; gli altri antivirali da 0,21 a 0,22) e della riduzione dell’utilizzo di farmaci DAA per Hcv (si passa da 0,04 a 0,01 confezioni al giorno per 10mila abitanti).
Sul fronte degli approvvigionamenti da parte delle farmacie pubbliche o private, c’è stato un significativo aumento di idrossiclorochina (da 0,68 confezioni a 1,44 confezioni), di farmaci a base di acido ascorbico (vitamina C) (0,16; 0,21) e di ansiolitici per uso non parenterale (23,22; 24,11). Mentre si sono abbassati gli acquisti rispetto al trimestre pre-Covid di anti- infiammatori non steroidei (il cui consumo passa da 0,14 a 0,08) e antipiretici (da 36,04 a 31,61).
Ma la revenge dei generici si è giocata soprattutto sul terreno dei farmaci utilizzati nei trattamenti di pazienti con Covid-19 e degli iniettivi e ossigeno. Basta solo dare un’occhiata al differenziale fra il marzo 2019 e il marzo 2020: la morfina è schizzata a +128% e il rocuronio a ben il 782% in più.
Vediamo i dati emersi, i dati Aifa evidenziano un notevole incremento dell’azitromicina e dell’idrossiclorochina passate rispettivamente, a 0,76 e a 0,60: nel periodo dicembre 2019-febbraio 2020 sono state consumate in media 0,39 confezioni per 10milaabitanti al giorno di azitromicina e 0,01 di idrossiclorochina. Valori che hanno raggiunto l’1,15 e lo 0,61 fra marzo e maggio 2020. Nel caso dell’idrossiclorochina, c’è stato un aumento relativo del 4.662%.
“È interessante notare – sottolinea il rapporto – come, dal lato della produzione, in entrambi i casi la maggioranza del consumo sia stato garantito dal mercato domestico: risulta, infatti, che le confezioni importate10 incidano sul totale delle consumate solo per il 17% nel caso della azitromicina e per il 12% in quello della idrossiclorochina”. Sempre nella classifica dei principi attivi, spicca il tocilizumab IV, passato un utilizzo medio di 0,04 confezioni al giorno a a 0,06 e il darunavir/ cobicistat (antivirale anti-HIV) da 0,04 a 0,05).
Per quanto riguarda i farmaci iniettivi e l’ossigeno, funzionali allo svolgimento delle attività nelle terapie intensive, sono emerse importanti variazioni per l’ossigeno che, nei mesi dell’emergenza, vede aumentare il consumo di 18,70 confezioni per 10mila abitanti ab die (da 53,46 a 71,16); per gli anestetici generali (da 0,82 confezioni a 1,77), gli stimolanti cardiaci iniettivi (da 1,56 a 2,15), i curari iniettivi con effetti miorilassanti (da 0,19 a 0,58), l’acido ascorbico (da 0,22 a 0,68), gli ipnotici (da 0,31 a 0,77) e gli antidoti (0,19 a 0,33).
Insomma, i farmaci che hanno visto il più elevato incremento percentuale sono stati i curari iniettivi (+264% tra il periodo pre e post-Covid) che, insieme alla idrossiclorochina, si classificano dunque come i prodotti ad aver determinato il maggiore shock di domanda rispetto ai quantitativi generalmente richiesti.
Fra i farmaci iniettivi maggiormente utilizzati dalle strutture ospedaliere per la gestione dell’emergenza, spiccano il midazolam cloridrato (ipnotici e sedativi benzodiazepinici) il propofol (farmaco anestetico e un agente ipnotico), la morfina, rocuronio bromuro e il cisatracurio besilato (miorilassanti).
Nella classifica dei farmaci utilizzati in ospedale, rispetto ai mesi corrispondenti del 2019, il cisatracurio cresce del 238% e il rocuronio del 200%. Seguono propofol (+63%), midazolam (+53,3%) e morfina (5,4%). La situazione si è poi avviata verso una normalizzazione già nel mese di aprile, ad eccezione del rocuronio e del cisatracurio, che rispetto all’aprile del 2019 hanno aumentato il proprio consumo rispettivamente del 213% e del 103%.
Tirandole somme, sotto il profilo della fornitura dei principi attivi, sottolinea quindi il rapporto, ci sono due evidenze: “La prima consiste nel fatto che, fatta eccezione per il rocuronio, la parte prevalente dei consumi risulta garantita da farmaci generici, che coprono il fabbisogno di midazolam, propofol e morfina con una quota compresa fra l’81% e il 91% e il fabbisogno di cisatracurio con una che oscilla fra il 50% e il 62%. Il secondo aspetto è relativo alla sostanziale stabilità, su tutti i mesi considerati, dell’incidenza dei farmaci generici e non generici sul totale; evidenza che denota la capacità di entrambi i segmenti di rispondere allo straordinario shock di domanda verificatosi a marzo, con un aumento delle produzioni in grado di assorbire l’incremento di fabbisogno e di garantire totalmente il mantenimento della rispettive quote di mercato”.
Ester Maragò
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