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Giovedì 22 OTTOBRE 2020
Riforma medicina del territorio. Anche gli anestesisti contro la Fnomceo: “Proposta fumosa. E poi Ordine non può essere interlocutore su politiche lavoro”
Il sindacato Aaroi-Eimac si aggiunge alla Cgil Medici nella critica contro le proposte dell’Ordine per la riforma dell’assistenza territoriale. “Organizzazione in convenzione non riesce a gestire, come sta oggi purtroppo dimostrando, anche la seconda ondata Covid”.
Dopo la Cgil Medici anche l’Aaroi-Emac si scaglia contro la proposta di riforma della medicina del territorio illustrata dalla Fnomceo. “Sottoscriviamo – scrive il sindacato degli anestesisti in una nota - in toto quanto affermato dalla Cgil Medici sulla proposta di riforma della medicina territoriale presentata dalla Fnomceo. Una "proposta" tanto fumosa quanto alle millantate sue utilità per i cittadini, quanto chiarissima nel suo vero target principale: sostenere la "bontà" del rapporto di lavoro "in convenzione" con il SSN che hanno i Medici di famiglia e gli "Specialisti Ambulatoriali", fino ad adombrarne un'espansione nel settore ospedaliero, quello stesso settore che da sempre si trova con i Pronto Soccorso affollati da pazienti che sono costretti a recarvisi per esigenze di salute che la medicina di famiglia, anche proprio a causa della sua organizzazione in convenzione e non invece a rapporto di lavoro dipendente, non riesce a gestire, come sta oggi purtroppo dimostrando anche la seconda ondata Covid”.
“Ancor più incredibile – sottolinea poi l’Aaroi-Emac - , ma si tratta di un copione a cui siamo purtroppo abituati, che ciclicamente si ripete, il fatto che la Federazione degli Ordini dei Medici, cui non spettano certo funzioni di interlocutore sulle politiche organizzative del lavoro medico nel SSN, si faccia tramite di simili proposte ad uso e consumo esclusivo di quei soli Medici del SSN - una minoranza che tuttavia riesce a mantenere una forte influenza ai vari livelli istituzionali - per i quali il rapporto di lavoro convenzionato com'è oggi è funzionale a mantenere il proprio status "libero-professionale", ma di cui - occorre ricordare - economicamente si fanno comunque carico le casse dei 21 Sistemi Sanitari Regionali italiani”.
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