quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Martedì 22 SETTEMBRE 2020
Aborto farmacologico. Il caso Piemonte deve far riflettere
Gentile Direttore,
all’indomani della pubblicazione della Circolare che annuncia l’imminente aggiornamento sulle linee di indirizzo per la IVG farmacologica, l’assessore piemontese Marrone ha annunciato che, superata l’emergenza da pandemia SARS COV-2, nella sua regione si tornerà al ricovero ordinario per l’IVG farmacologica. La Giunta Regionale ha dichiarato di stare “verificando (…) eventuali profili di illegittimità del provvedimento del Ministero della Salute (…), in quanto sarebbero emerse delle criticità”, anche se “l’argomento non (…) è stato oggetto di valutazioni etiche da parte dell’assessore regionale alla Sanità (…)”.
La vicenda sollecita alcune considerazioni che riguardano il diritto delle donne alla salute, alla base della legge 194:
1. Quando si parla di salute riproduttiva la medicina viene spintonata di lato dalla politica, che impone limiti e detta regole umilianti per la dignità delle persone, la professionalità dei medici e la relazione con i pazienti. Le “valutazioni etiche” di un qualunque assessore alla sanità regionale contano più delle evidenze scientifiche e l’aborto viene agitato come una clava nella battaglia politica e nelle campagne elettorali. La politica peggiore torna a usare le donne e i loro corpi, non avendo alcun interesse per la loro salute.
2. L’emergenza da pandemia SARS COV-2 ha imposto un’accelerazione ad un processo che era già in moto, poiché le linee di indirizzo del 2010 sulla IVG farmacologica erano obsolete e antiscientifiche già quando furono pubblicate. Dunque, l’aggiornamento annunciato dal Ministero della Salute non ha, come ha affermato l’assessore Marrone, carattere transitorio, legato alla pandemia, ma prende atto di un incontestabile dato di evidenza: l’aborto farmacologico è una procedura sicura ed efficace, ed è dovere del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), in assenza di controindicazioni, garantire alle donne il diritto di sceglierla.
3. L’aborto è una "procedura medica" che nulla ha a che vedere con le posizioni etiche del politico di turno. La politica, e il nostro SSN, hanno invece il dovere di assicurare alle donne la possibilità di accedere ai migliori standards clinici e alle procedure più moderne e sicure per la loro salute fisica e psichica (come peraltro recita l’articolo 15 della legge 194).
4. Non si capisce quali criticità possano essere emerse, giacché non è chiaro se il Ministero della Salute ha fatto sue le linee di indirizzo del Consiglio Superiore di Sanità (CSS), o se ne elaborerà di proprie a partire da quelle del CSS. Questa incertezza ha reso per il momento inapplicabili le novità annunciate, per cui ad oggi nulla è cambiato in tema di IVG farmacologica. Le linee d’indirizzo del CSS, d’altra parte, presentano molte incongruenze e limitazioni di carattere ideologico, prive di basi scientifiche. E’ auspicabile dunque che le linee di indirizzo annunciate vengano pubblicate, possibilmente migliorate, prendendo in considerazione e non ignorando totalmente l’esperienza e il sapere degli operatori.
5. Nessuna linea di indirizzo si è mai occupata di un aspetto importante della IVG farmacologica, il cosiddetto aborto “terapeutico” del secondo/terzo trimestre di gravidanza.
Il 28 settembre è la giornata mondiale dell’aborto sicuro. Molti sostengono che nei paesi dove l’aborto è legale e si garantiscono procedure sicure, abbia ormai poco senso celebrarla. Non è così, purtroppo, nel nostro paese, per le donne che, per diagnosi tardive, si trovano a dover interrompere la gravidanza dopo le 22-24 settimane.
In questa epoca il feto ha acquisito la possibilità di vivere autonomamente al di fuori dell’utero, e poiché la legge non è chiara circa la legittimità del feticidio (previsto e raccomandato da tutte le società scientifiche internazionali), l’aborto non viene praticato, per non essere costretti a rianimare un feto che, seppur gravemente malato, dovesse nascere vivo. Si ignora dunque il diritto alla salute delle donne le quali, dopo innumerevoli esami e con diagnosi di grave patologia, sono costrette a penose migrazioni verso paesi maggiormente attenti alla salute delle loro cittadine.
Partendo da queste considerazioni, le polemiche elettorali mostrano tutta la loro inconsistenza, e si afferma, prepotente, la necessità di assicurare realmente il diritto alla salute per tutte le donne, pensando ad ipotesi di modifica della legge 194, in particolare degli articoli 6 e 7 che si occupano di IVG dopo il 90mo giorno.
Poi ci sono gli altri diritti, c’è la dignità delle donne come persone, perfettamente in grado di assumere in autonomia decisioni che riguardano la loro vita. Personalmente ritengo che sia ormai tempo, per noi operatori e per la società civile, di superare la cristallizzazione del dibattito sulla mera difesa della legge 194, assumendo il coraggio di mettere in discussione l’impianto generale e i molti punti della legge nei quali questi diritti non trovano spazio (il diritto all’autodeterminazione prima di tutto) e che definiscono la dignità della persona e la cittadinanza femminile.
Anna Pompili
AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto)
© RIPRODUZIONE RISERVATA