quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Mercoledì 22 LUGLIO 2020
Ludopatia. Nel Lazio giocatori più che raddoppiati in 5 anni. D’Amato: “Dati impietosi”
Pubblicato il rapporto 2019 del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio. I soli Servizi per le Dipendenze patologiche della Regione nel 2019 hanno trattato 836 persone, a cui si aggiungono le persone trattate nel privato sociale che fa arrivare a 841 il totale delle persone assistite. Nel 2015 erano circa 350. Rispetto al 2018, gli utenti complessivi sono aumentati di 154 unità. Per D’Amato è "assurdo uno Stato che, da un lato fa del gioco cosiddetto ‘legale’ un’entrata di bilancio e dall’altra produce malati che devono poi essere curati”. IL RAPPORTO
Sono più che raddoppiate, in 5 anni, le persone in carico ai servizi pubblici per le dipendenze SerD del Lazio che, nel 2019 hanno trattato 836 persone a cui si aggiunge un piccolo numero di persone trattate nel privato sociale che fa arrivare a 841 il totale delle persone assistite, nell’82% dei casi uomini. E si tratta dei soli casi noti, a cui si aggiungono tutti i giocatori che non hanno ancora chiesto aiuto. A tracciare il quadro la “Relazione 2019 sulle dipendenze nel Lazio”, pubblicato dal Dep, il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
Rispetto al 2018, gli utenti complessivi sono aumentati di 154 unità e le persone che per la prima volta sono stati in trattamento nell’anno sono state 396, pari al 47% del totale.
Dati “impietosi”, per l'assessore alla Salute della Regione, Alessio D’Amato. “Questa è una vera e propria emergenza sanitaria e sociale che rovina le famiglie”, ha detto l’assessore, che in una nota ha definito “assurdo uno Stato che, da un lato fa del gioco cosiddetto ‘legale’ un’entrata di bilancio e dall’altra produce malati che devono poi essere curati dalle ludopatie addirittura aumentate nel tempo dell’emergenza COVID-19”.
Tornando al rapporto, dai dati emerge che oltre l’80% delle persone accede ai servizi in modo diretto e, diversamente dalle altre dipendenze, gioca un ruolo più determinante la rete familiare e/o affettiva: circa il 27% è giunto ai servizi su invio da parte di familiari, mentre tale proporzione è del 14% nel trattamento per alcol e del 5% per quello di uso di droghe.
L’età media è di circa 47 anni, 45 per gli uomini e 57 per le donne; gli over 50 rappresentano il 37% dei casi incidenti e oltre metà di quelli già noti ai servizi; in particolare quasi un terzo (27,4%) dei casi già conosciuti hanno oltre 60 anni. La proporzione di persone in condizione non professionale (per maggior parte pensionati) è pari al 19,4%.
Confrontando le età media per genere del primo comportamento di gioco d’azzardo, del comportamento continuativo e quella di primo contatto con i servizi, si nota che gli uomini sono in generale più giovani, ma che le donne si avvicinano prima ai servizi, ovvero la richiesta di aiuto avviene mediamente dopo 4 anni per le donne, contro i 7 degli uomini. Questo, secondo gli esperti del Dipartimento, potrebbe risentire della ridotta capacità economica (gender pay gap) che in genere hanno le donne rispetto agli uomini.
Gli occupati, comunque rappresentano oltre la metà del campione; il 45% è in possesso di un diploma di scuola superiore.
Per quello che riguarda il comportamento prevalente di gioco d’azzardo, risulta essere più frequente quello nelle sale da gioco con VLT o New Slot Machine. Il gioco on line (scommesse, poker e altro) è riferito come comportamento di gioco prevalente dal 4% dei pazienti. Circa il 40% riferisce un comportamento di gioco quotidiano; i circuiti utilizzati sono quelli del gioco legale per oltre l’85%.
Il dato sullo stato del percorso al 31/12/19 indica che la percentuale di abbandoni (drop out) è pari al 19% degli utenti totali, mentre tale proporzione è del 14% per i pazienti dei SerD in trattamento per alcol e dell’8% di quelli per uso di droghe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA