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Mercoledì 15 LUGLIO 2020
Carenza medici. L’ospedale di Bosa a rischio chiusura. I sindaci dell’Unione dei Comuni della Planargia chiedono soluzioni
Le problematiche della sanità del territorio sono state affrontate nel corso di un’Assemblea Straordinaria. Mastinu: “Il continuo depauperamento del personale medico ha creato grosse difficoltà nella sanità in particolare nell’Ospedale Mastino di Bosa. Orrù: “Il problema degli organici e della programmazione di questi servizi sanitari risalgono a 25 anni fa”.
Un’Assemblea Straordinaria dell’Unione dei Comuni della Planargia si è tenuta nella mattina di lunedì presso la Sala Consiliare del Comune di Bosa, su richiesta del Sindaco Pier Franco Casula, con il coinvolgimento dei Sindaci, della Commissione Comunale alla Sanità, dei Consiglieri Regionali della Provincia di Oristano e dei rappresentanti Sindacali, per un confronto serrato con i rappresentanti della ASSL di Oristano ai quali è stato chiesto di intervenire in maniera incisiva e concreta per affrontare le problematiche della Sanità del territorio.
I lavori sono stati aperti dal Presidente dell’Unione, Giovanni Maria Luigi Mastinu, sindaco di Tresnuraghes ma anche Direttore della Struttura complessa di Medicina interna dell’ospedale di Bosa. Per Mastinu “La situazione della Sanità della Planargia non è più sostenibile, in particolare quella dell’Ospedale di Bosa, che si trascina oramai da tempo”.
Il medico chirurgo spiega: “Avevamo paventato questa situazione oltre un anno fa, notando un continuo depauperamento del personale soprattutto medico, e non per sostituzioni. Non sono qui per fare polemiche o dare colpe a qualcuno, ma senz’altro il sistema centralizzato con la nascita dell’ATS, che mi ha visto sin dal principio contrario, ha portato anche alle suddette conseguenze, che si possono peraltro osservate non solo a Bosa ma anche in altre realtà territoriali, come ad es. Sorgono.
Sottolineo – prosegue il Presidente dell’Unione – che Bosa, dal DM70, viene definita “zona disagiata”. E come tale ha necessità di un Pronto soccorso, con quindi un servizio di emergenza-urgenza H24, l’esigenza di specialisti come gli anestesisti, di servizi di chirurgia e medicina. Ogni giorno invece si presenta un problema nuovo: prima mancavano i radiologi, ora abbiamo questi specialisti ma mancano gli internisti. Non ci è inoltre venuta incontro l’emergenza Covid, che ha peggiorato ulteriormente la Sanità territoriale. Siamo stati assolutamente d’accordo, in una condizione di estrema necessità, sul trasferimento degli anestesisti nei punti centrali dove il problema virus viene affrontato; ma alla luce della situazione che per fortuna in Sardegna è abbastanza sotto controllo, abbiamo poi visto che il ritorno di suddetti specialisti non c’è stato.
Mastinu avverte inoltre: “Mancano ancora due internisti, mancano due medici di pronto soccorso, ma soprattutto vi comunico del recente ordine di servizio di fine giugno che dice: “Si chiede a far data dal 15 luglio, sino a data da destinarsi, di predisporre la trasformazione dell’attività di laboratorio di Bosa e Ghilarza in punto prelievi, con contestuale sospensione dell’attività analitica sia per la routine, che per l’urgenza”. Questo tradotto in italiano – rileva il chirurgo – significa chiudere l’ospedale di Bosa. Punto di primo prelievo significa prelevare e trasferire tutto ad Oristano. È un ordine di servizio che parte da domani, e mi hanno detto è stato posticipato di una settimana”.
Per Beatrice Mura, segretaria regionale FSI USAE che ha aperto il dibattito elencando una serie di criticità, il problema del laboratorio analisi accennato da Mastinu “non è solo una questione di chiusura del servizio che andrebbe a discapito del P.S. e reparti, ma di tutti anche gli altri servizi territoriali”. Inaccettabile dunque per Mura “una scelta di questo tipo per un servizio sanitario di un territorio periferico come Bosa, impensabile non avere la possibilità di un laboratorio analisi e trasferire l’unico medico presente ad Oristano”.
Interviene il chirurgo Silvio Tanda, responsabile dell’unità operativa di Chirurgia dell’Ospedale di Bosa e rappresentante sindacale dei medici CIMO: “In questo momento presto, insieme agli altri colleghi della chirurgia, servizio presso il Pronto Soccorso che in assenza del nostro intervento avrebbe dovuto lavorare con soli tre medici. È comprensibile che un servizio H24 con tre medici, non può andare avanti. A causa della sospensione per il Covid dell’attività chirurgica dunque, ci siamo messi in gioco e abbiamo tenuto aperto il P.S. con lo svolgimento dei turni in prima persona. Da premettere che la chirurgia di Bosa si compone di 5 chirurghi, me compreso, e faceva circa 500 interventi l’anno. Le carenze croniche a cui siamo giunti hanno creato però delle serie difficoltà anche per il nostro reparto, sono davvero arrivate a un punto di non ritorno. È dunque necessario riportare al centro del dibattito politico regionale la gravità della situazione in cui versa oggi la sanità, determinata sostanzialmente dal mancato aggiornamento e adeguamento degli organici nei servizi”.
“In riferimento al problema degli organici e della programmazione di questi servizi sanitari – replica il direttore dei presidi ospedalieri Assl Oristano, Nicola Orrù -, non risale certamente a questi ultimi 5 anni, come ho sentito è stato accennato. E’ un problema bensì che risale agli ultimi 25 anni, quando si è deciso il numero chiuso per la frequenza della facoltà di medicina e si è pensato di far specializzare la metà dei medici che si laureano. I problemi erano dunque già conosciuti, arrivare in questo periodo e trovarsi senza medici era ciò che ci si doveva aspettare. La Quota 100 ha anticipato peraltro il problema, e questi che stiamo vivendo sono i fatti.
Da qui la difficoltà a tenere anche i servizi sanitari aperti – prosegue il Direttore Assl -: con chi, con quali medici, con quali specialisti? Per fare qualche esempio. Dal 2016 ad oggi, nel laboratorio, sono andati via otto medici che non sono stati sostituiti. Dal 15 luglio va in pensione l’unico medico che seguiva Ghilarza, e ad Oristano quindi, con lo specialista che arriverà da Bosa, avremo tre medici in totale. Come possiamo garantire un’attività a tutto campo con questi numeri di specialisti?
Altresì dicasi per gli anestesisti – sottolinea Orrù -, per l’emergenza Covid ne sono andati via otto e non sono rientrati. Oggi ci sono stati assegnati due specializzandi che non possono fare i turni, devono essere seguiti da un tutor, non possono fare autonomamente le guardie mediche ed è perciò che non li posso mandare a Bosa per garantire l’attività notturna.
Il Direttore ASSL ribadisce come le criticità “si siano trovate poi legate all’emergenza Covid, ma anche al fatto che si stava andando in una direzione, quella dell’ATS, con un cambio successivo di Giunta e nuovamente di direzione. Di fatto – commenta -, si sta pensando a fare la riforma per la politica, ma non si sta pensando di fare la riforma per i cittadini. Perchè ciò di cui si ha necessità oggi, non è avere ATS o le ASSL, bensì l’esigenza vera è quella di fare concorsi, perché in questi anni il personale è andato via e non è stato sostituito.
Da premettere – rileva Orrù -, che anche facendo i concorsi, non ci sarà la corsa del personale che sceglierà come mete le sedi periferiche come Bosa, Ghilarza, ma anche la stessa Oristano. Ne ho avuto esperienza diretta, i luoghi di preferenza del personale sono per lo più accentrati nelle zone territoriali di Cagliari e Sassari, dove ci sono le scuole di specializzazioni, dove c’è la possibilità di crescita professionale. Ho avuto medici con contratto a tempo indeterminato che si sono licenziati per rientrare a Sassari o comunque nel proprio territorio.
Sul laboratorio analisi di Bosa – conclude il Direttore -, sono stato io a dire al responsabile Dott. Irde di aspettare un’attimo, il tempo perché noi procediamo ad assumere qualche tecnico di laboratorio o biologo, per tornare a garantire l’attività. Da comprendere tuttavia in che modo si sta operando, da tre mesi il laboratorio è diventato anche punto di riferimento per l’accertamento diagnostico Covid, con quei 500 test che arrivano e i medici sono soltanto tre in un servizio H24 per cercare di garantire la risposta il prima possibile. Una gestione che diventa complessa del servizio e che fa insorgere delle grosse difficoltà”.
Elisabetta Caredda
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