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Giovedì 11 GIUGNO 2020
Covid. In arrivo “scudo penale” per operatori sanitari e (forse) funzioni dirigenziali. Tre le ipotesi allo studio del Ministero della Salute
La prima soluzione è quella più "garantista" ma anche quella più suscettibile a rilievi di costituzionalità. Si prevede la possibilità di una scriminante ad hoc con la quale prevedere che non costituiscono reato le azioni o omissioni tenute nell'esercizio delle professioni sanitarie o funzioni dirigenziali sanitarie durante l'emergenza e in conseguenza di essa. Nella seconda si andrebbe ad escludere la rilevanza di tutti i fatti colposi e resterebbe il solo dolo (oltre alla responsabilità civile). Con la terza si verrebbe puniti solo per colpa grave (sia di negligenza, imprudenza o imperizia)
Il Ministero della Salute sta studiando un possibile "scudo penale" per evitare che gli operatori sanitari impegnati nella lotta al Covid-19 e, forse, anche la dirigenza delle strutture e degli assessorati regionali, possano finire nelle aule di tribunale per azioni o omissioni tenute nell'esercizio della loro professione durante il periodo dell'emergenza, ossia dal 31 gennaio al 31 luglio prossimo (o data successiva in caso di proroga).
Andato a vuoto il primo tentativo con l'emendamento Marcucci (Pd) nel corso dell'esame del Decreto Cura Italia, ora si sta pensando ad un possibile intervento ad hoc.
Nel documento predisposto al dicastero di Lungotevere Ripa l'ambito applicativo della norma viene contestualizzato nel seguente modo: "Condotte tenute o eventi verificatisi durante lo stato di emergenza e in conseguenza (o in ragione, o in funzione) dell'emergenza o da essa comunque generati, nell'esercizio di professioni sanitarie o socio-sanitarie presso strutture, pubbliche o private (o anche nello svolgimento delle attività degli organi di vertice o datoriali delle stesse, nello svolgimento delle funzioni dirigenziali presso le predette strutture o presso il competente assessorato regionale).
I soggetti sui quali lo "scudo penale" andrebbe ad agire sono gli operatori delle professioni sanitarie o socio-sanitarie. Nel documento si lascia però aperta anche una finestra per i dirigenti sanitari, i dirigenti amministrativi, i direttori generali, i direttori territoriali e regionali, gli organi di vertice di strutture sanitarie o sociosanitarie sia pubbliche che private.
Quanto alle attività sulle quali lo "scudo" andrebbe ad agire troviamo: prevenzione, diagnosi, cura, terapia e, in generale, assistenza; amministrazione, direzione e gestione nell'ambito di strutture sanitarie o socio-sanitarie, anche con riguardo agli adempimenti degli obblighi previsti in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Chiariti i soggetti e le attività sulle quali la norma andrebbe ad agire, il Ministero della Salute lavora su tre distinte ipotesi di "scudo".
1ª soluzione
La prima è la soluzione in assoluto più "garantista" per i destinatari, ma anche quella più suscettibile a possibili rilievi di costituzionalità. Si prevede la possibilità di una scriminante ad hoc (sul modello dello stato di necessità e/o dell'adempimento del dovere in fase emergenziale) con la quale si vada a prevedere che non costituiscono reato le azioni o omissioni tenute nell'esercizio delle professioni sanitarie o funzioni dirigenziali sanitarie durante l'emergenza e in conseguenza di essa. Si lascia aperta la possibilità di un riferimento all'articolo 2045 del Codice Civile (stato di necessità) con la previsione di un regime speciale di indennizzo a carico dello Stato distinto per classi, casistiche, indici e voci di danno con procedura semplificata di accertamento e liquidazione mediante l'istituzione di un apposito fondo.
Come dicevamo, su questa prima ipotesi vengono segnalate possibilit criticità costituzionali per via "dell'esclusione indifferenziata di delitti - specie quelli contro la vita e la salute tutelati dagli articoli 2 e 32 della Costituzione - salvo, nel caso, prevedere la possibilità di specifiche e tassative esclusioni o limitazioni ex lege".
2ª soluzione
Sotto il profilo penale qui si andrebbe ad escludere la rilevanza di tutti i fatti colposi e resterebbe il solo dolo. La responsabilità civile resterebbe inalterata e, anche in questo caso, si va a prevedere la possibilità di indennizzo da parte dello Stato con un apposito fondo (come già previsto dalla 1ª soluzione).
Non mancherebbero anche in questo caso alcune criticità costituzionali come, ad esempio, un'impossibilità di intervento per delitti colposi a tutela della vita e della salute come omicidio o lesioni (anche gravi o gravissime) colpose, epidemia colposa e così via. Inoltre, si segnala come lo scudo non riguarderebbe "delitti dolosi che pure potrebbero risentire dell'emergenza come omissioni/ritardo/rifiuto d'atti d'ufficio o interruzione di pubblico servizio". Ci potrebbe infine essere un "rischio di allargamento giurisprudenziale della punibilità a titolo di dolo eventuale (per fattispecie a dolo generico)".
3ª soluzione
Anche in questo caso la responsabilità civile resterebbe inalterata con previsione della possibilità di indennizzo da parte dello Stato tramite un apposito fondo (come già previsto dalla 1ª e 2ª soluzione).
Qui, però, si verrebbe puniti solo per colpa grave (sia questa di negligenza, imprudenza o imperizia) in caso di violazione manifesta e ingiustificata della "leges artis" (ossia per aver l'operatore sanitario violato una regola specialistica e/o tecnica, vuoi per sua ignoranza, inabilità o inettitudine ad applicarla oppure per la sua concreta non applicazione nonostante avesse dovuto farlo) "o, comunque, delle regole generali di base che disciplinano l'attività esercitata previste in linee guida o buone pratiche clinico assistenziali ovvero in protocolli specifici o programmi predisposti per fronteggiare la situazione di emergenza, ove esistenti e quando appaiono adeguati alle specificità del caso concreto, sempre che il loro rispetto risulti attuabile nelle specifihe condizioni di emergenza".
La scelta sarebbe tra:
a) causa di non colpevolezza o scusante (per inesigibilità in concreto della condotta)
b) causa di non punibilità in senso stretto (per ragioni di politica-criminale) eventualmente estesa alla struttura
Si spiega poi come gli indici di gravità della colpa sarebbe da individuare tra i seguenti:
- misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi, sulla base della norma cautelare che si doveva osservare;
- specifiche condizioni di professionalità ed esperienza del soggetto agente e il suo grado di specializzazione;
- situazione ambientale, organizzativa e logistica in cui il soggetto si trovi ad operare;
- la proporzione o meno tra risorse (organizzative, strutturali, umane o economiche) disponibili e risultato da raggiungere o numero di pazienti e gravità delle relative condizioni;
- l'accuratezza nell'effettuazione del gesto clinico;
- le eventuali ragioni di urgenza e indifferibilità della condotta;
- il tempo a disposizioni per assumere decisioni o agire;
- l'oscurità del quadro patologico;
- la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche;
- il grado di atipicità, eccezionalità o novità della situazione;
- il concorso colposo della vittima o di terzi;
- il grado di prevedibilità dell'evento;
- il comportamento tenuto prima e dopo il fatto;
- tutte le altre condizioni dell'agente o circostanze del caso concreto (clausola aperta di chiusura).
Nel documento si suggerisce poi la possibilità di poter procedere in due modi:
a) indicare, sia pure a titolo esemplificativo i casi in cui la colpa grave è comunque esclusa per legge;
b) rimettere al giudice di merito la valutazione complessiva della gravità della colpa sulla base dei predetti indicatori, ponendo in bilanciamento fattori anche di segno contrario che ben possono coesistere anche nell'ambito della fattispecie esaminata, non dissimilmente da quanto avviene in tema di concorso di circostanze.
E ancora, sul piano del procedimento processo:
a) prima di iscrizione notizia di reato, parere di esperti (es. medico legale) su fondatezza colpa grave;
b) potrebbe applicarsi il procedimento di archiviazione ex artt. 411 comma 1-bis del c.p.p. alle ipotesi in cui, immediatamente o sulla base di elementi raccolti in sede di indagini preliminari (es. parere medico legale), la colpa non risulti grave;
c) potrebbe applicarsi il proscioglimento prima del dibattimento ai sensi dell'art. 469 comma 1-bis c.p.p. all'ipotesi in cui la colpa non risulti grave;
d) analogamente a quanto previsto dall'articolo 651 bis c.p.p., potrebbe prevedersi che la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per mancanza di colpa grave a seguito di dibattimento abbia efficacia di giudicato quanto all'accertamento del fatto e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato o sia intervenuto nel processo penale.
Infine, quanto alle criticità segnalate su questa ipotesi, si segnala il rischio di generare "indagini, processi o persino dibattimenti per verifica gravità o meno della colpa".
Giovanni Rodriquez
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