quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 10 GIUGNO 2020
Anche per Colao le persone Lgbti non esistono



Gentile direttore,
nonostante i festeggiamenti in corso, secondo noi di AMIGAY aps, il documento Colao, non è una vittoria ma una regressione sul concetto di "Genere" perché lo usa come una clava per mettere le Donne contro le Persone LGBTI. E' come se le donne transgender o le donne bisessuali e lesbiche non fossero neanche donne. L'unica donna rappresentata è quella madre e lavoratrice, possibilmente sposata, sicuramente con un uomo. Non possiamo negare che sia meglio di essere solo madre, come è stato finora in Italia, anche nella raffigurazione stereotipata data dalla App Immuni.
 
L'avanzamento di questo documento è quello di riconoscere il ruolo obbligatorio di madre e lavoratrice alle donne... non la libertà di essere sè stesse indipendentemente dai condizionamenti sociali, dall'orientamento sessuale, identità di genere, scelte di vita.
 
A livello nazionale ci si è lamentati che solo 4 donne avessero avuto il diritto di rappresentanza nella taskforce Colao, nessuno si è accorto della gravità dell'assenza di persone LGBTI, per non dire di colore... o altre minoranze.
 
L'effetto è evidente. La questione migranti e cittadini italiani "coloured" è completamente elusa. Noi, persone LGBTI, siamo ignorati o dovremmo fare appello al concetto di "disabili" per farci di nuovo considerare?
Il termine "Genere" è abusato come sinonimo di Sesso e di Donne.
L'effetto non è quello di garantire le donne, ma di mettere le donne contro le persone LGBTI, escluse da ogni forma di protezione.
 
Il documento parla inoltre di lotta agli stereotipi di genere. Immaginiamo quindi un mondo con solo stereotipi di genere transfobici e omofobi, insegnati regolarmente a scuola con l'approvazione della taskforce. La donna immaginata dalla Taskforce Colao è comunque uno stereotipo: donna madre-lavoratrice e basta. Due obblighi, invece di ulteriori libertà.
 
L'effetto sarà devastante ovviamente per quel 10% di minori e adolescenti LGBTI, che invece hanno diritto a vedere un futuro di parità riconosciuto, perché tale è il Diritto all'Equità di Genere. Anche per le giovani donne eterosessuali del nostro Paese, quindi il 45% in adolescenza, siamo sicuri che questo documento, che le obbliga alla meternità e al lavoro, non sia vissuto necessariamente come rassicurante.
 
E' una vergogna che nonostante la legge sulla Medicina di Genere (art. 3 legge 3/18), che include le persone LGBTI, e la legge sulle Unioni Civili (legge 1/16), le minoranze di genere siano ancora contrapposte ad interessi eterosessisti, che di per sè sono sempre una violenza anche contro le donne.
 
Chiediamo l'immediata revisione del documento con una frase iniziale che spieghi che Genere significhi ad esempio: "Ogni libera espressione del genere di uomini e donne e persone intersessuali, incluso orientamento sessuale, identità di genere, comportamento di genere, scelte di vita ". 
Una sola frase trasformerebbe l'intero documento, donando a tutte le donne la libertà ed alle persone LGBTI la dignità.
 
Occorre forse una revisione più integrale del testo per indicare i diritti specifici delle persone migranti ed italiane di diversa etnia, comunque sottoposte ad ingiustizie e razzismo nel nostro Paese. La reclamiamo!
 
Manlio Converti
Psichiatra
Presidente AMIGAY aps
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA