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Venerdì 29 MAGGIO 2020
Medici e “camici grigi” di nuovo in piazza Montecitorio. “Senza specializzandi la sanità si ferma”
“Abolizione dell’imbuto formativo, una riforma della formazione medica che riconosca maggiori diritti e tutele ai medici in formazione, per la centralità della medicina sul territorio. Non per noi ma per il nostro Ssn”. I “camici grigi”, giovani medici in attesa di un posto di specializzazione, sono stati oggi i protagonisti della seconda giornata di protesta a Piazza Montecitorio che ha visto la mobilitazione di numerose associazioni dopo quella promossa mercoledì scorso da altre sigle.
“Basta al lavoro precario perché non c’è spazio per la specializzazione, basta perché la corda è stata tirata abbastanza e oggi si spezza. Basta dire che non ci sono fondi per la nostra specializzazione perché allora vi pregherei di dire ai cittadini che domani non ci saranno le figure adeguate per consentire le loro cure. Il 22 settembre prossimo saremo circa 27mila a partecipare a un concorso per appena 12.500 borse di specializzazione. E lo sforzo che il Governo ha saputo fare è stato solo quello di mettere 4.200 borse in più rispetto agli anni precedenti. State dicendo no ad un nostro diritto e no alla vostra salute e alla salute dei cittadini”.
A gridare al megafono tutta la sua rabbia oggi, davanti al Parlamento, è Elena Natoli. Una giovane dottoressa in rappresentanza dei tanti “camici grigi”, protagonisti della seconda giornata di protesta a Piazza Montecitorio: se mercoledì scorso a fare sentire la loro voce erano stati studenti, specializzandi e giovani medici, oggi la scena era occupata principalmente da loro. Giovani medici laureati, magari anche occupati ma con un lavoro precario. Medici che non riescono a conquistare una borsa di specializzazione, porta di ingresso per accedere ai concorsi pubblici nel Ssn e avere finalmente maggiori tutele e garanzie di stabilità. Chiaramente nessun politico, oggi non c’è lavoro d’Aula.
“L’indifferenza del Governo uccide, fateci specializzare”. “Senza specialisti vi curano i ministri”. “Siamo medici non tappabuchi”. “Senza specializzandi la sanità si ferma”. “Stessi rischi stesse tutele” sono alcuni degli slogan stampati sui cartelli che i giovani medici, con la mascherina protettiva e rigorosamente distanziati, hanno esibito davanti al palazzo della politica.
Una mobilitazione organizzata ufficialmente da 14 associazioni che hanno manifestato a Roma e ed in altre 21 piazze di tutta Italia (Coordinamento Chi si cura di te?, Link - Coordinamento Universitario, Associazione Salviamo Ippocrate, ASVer - Associazione degli Specializzandi di Verona, ER - Ex Rappresentanti in prima linea, Farmacia Politica, Materia Grigia, Sigm - Segretariato Italiano Giovani Medici, FederSpecializzandi, Asup - Specializzandi Perugia, Specializzandi e specializzande del Lazio, Asu - Associazione Studenti Universitari Padova alla quale si sono affiancati la FP Cgil Medici e Dirigenti Ssn, Udu - Unione degli Universitari).
Ma in realtà, come hanno raccontato a Quotidiano Sanità, una protesta di giovani medici che non vogliono schierarsi dietro nessuna bandiera.
Nessuna etichetta quindi, ma idee ben chiare su quello che vogliono. Sono contro l’imbuto formativo, per una riforma della formazione medica, in difesa del Ssn pubblico e universalistico,
Quattro le proposte sul piatto. La prima richiesta, riguarda l’azzeramento dell’imbuto formativo. “Chiediamo un rapporto 1:1 tra neolaureati e posti di formazione specialistica o generalista e rifiuteremo qualsiasi proposta a ribasso – ha detto Alessandro Testa – inoltre chiediamo che questa estensione si a finanziata stabilmente e che la formazione sia allargata alla realtà del territorio attraverso la rotazione tra ospedali universitari e periferici. Devono anche essere riviste le modalità concorsuali per l’accesso alle specializzazioni mediche. Chiediamo poi – ha aggiunto – una vera evoluzione del contratto medico in formazione specialistica, con il riconoscimento e la retribuzione di guardie e straordinari e l’introduzione di forme contrattuali di formazione lavoro nelle forme più opportune e adatte a tutelare la qualità della formazione”.
A queste due proposte si aggiungono la richiesta di una garanzia di formazione uniforme tra tutte le scuole e che venga riconosciuta la centralità della medicina sul territorio. “Chiediamo – ha aggiunto Testa – che venga garantito ai futuri medici di medicina generale un percorso formativo di qualità nel quale venga valorizzata l’importanza di una gestione globale e proattiva dei pazienti e tutele pari a quelle dei colleghi in formazione specialistica”.
Ester Maragò
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