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Mercoledì 29 APRILE 2020
Ma siamo proprio sicuri delle mascherine obbligatorie?
Gentile Direttore,
si susseguono interventi pubblici per un generale uso delle mascherine all’aperto, con Regioni che lo vogliono estendere alla “Fase 2” fino a invocare l’obbligo nazionale con sanzioni ai trasgressori. A sostegno vi sono prese di posizione drastiche: “basta dubbi”, accompagnate da citazione di una “revisione sistematica”. In realtà l’articolo citato non è una revisione sistematica della letteratura (contiene importanti omissioni) e non è pubblicato su una rivista scientifica: Preprints è una banca dati di articoli non pubblicati e non revisionati tra pari.
E ancora: “La scienza dice sì”, con traduzione di un’opinione di Greenhalgh e Howard per il pubblico. Ma il verdetto attribuito a “La Scienza” è in realtà scientificamente ancora controverso.
Si riportano di seguito brani (autorizzati) della traduzione di una Risposta rapida sul BMJ a Greenhalgh, da parte dell’epidemiologo Lazzarino e del suo team dell’University College London:
«nel BMJ, [1 – per i riferimenti in esteso si rimanda al link] Greenhalgh et al. avvisano che le maschere chirurgiche si dovrebbero indossare in pubblico per impedire alcune trasmissioni di covid-19, aggiungendo che a volte dovremmo agire senza prove definitive, in base al principio di precauzione. … citano una definizione del principio di precauzione … "strategia per affrontare questioni di danno potenziale quando mancano ampie conoscenze scientifiche in materia".
Tuttavia, benché un’unica formulazione di tale principio non sia stata universalmente adottata, [2] il principio di precauzione mira a evitare che ricercatori e decisori politici trascurino effetti collaterali potenzialmente dannosi di alcuni interventi. Prima di attuare interventi clinici e di sanità pubblica vanno attivamente ipotizzati e descritti potenziali effetti collaterali e solo allora va deciso se val la pena di quantificarli o no.
La maggior parte degli articoli e delle linee guida scientifiche relativi alla pandemia Covid-19 evidenziano due potenziali effetti collaterali dell'uso di maschere chirurgiche in pubblico, ma pensiamo ce ne siano altri da considerare prima che qualsiasi politica globale di sanità pubblica coinvolga miliardi di persone.
I due potenziali effetti collaterali già riconosciuti sono:
1. Indossare una maschera facciale può dare un falso senso di sicurezza e indurre le persone a ridurre l’aderenza ad altre misure di controllo delle infezioni, tra cui il distanziamento sociale e il lavaggio delle mani.
2. Uso inappropriato della maschera: le persone non devono toccare le proprie maschere, devono cambiare di frequente quelle monouso o lavarle regolarmente, smaltirle correttamente e adottare altre misure di gestione, altrimenti i rischi loro e degli altri possono aumentare. [3,4]
Altri potenziali effetti collaterali da considerare sono:
3. Qualità e volume della conversazione tra due persone che indossano maschere sono molto compromessi e le persone possono inconsciamente avvicinarsi. Mentre si può essere addestrati a contrastare l'effetto n. 1, può essere più difficile affrontare questo effetto collaterale.
4. Indossare una maschera facciale fa entrare l'aria espirata negli occhi. Ciò genera una sensazione spiacevole e un impulso a toccare gli occhi. Se le mani sono contaminate, ci si infetta.
5. Le maschere facciali rendono la respirazione più difficile. Per persone con BPCO sono insopportabili perché peggiorano la loro dispnea.[5] Inoltre una frazione di CO2 espirata in precedenza è inalata a ogni ciclo respiratorio. I due fenomeni aumentano frequenza e profondità della respirazione, quindi aumentano la quantità d’aria inalata ed espirata. Ciò può peggiorare la diffusione di Covid-19 se le persone infette che indossano maschere diffondono più aria contaminata. Ciò può anche peggiorare le condizioni cliniche degli infetti se la respirazione potenziata spinge la carica virale in profondità nei polmoni [n.d.r.: per riflettere su questo importante rischio si rimanda al primo modello teorico immunologico del Covid-19, riportato su QS],
(5B) Gli effetti descritti al punto (5) sono amplificati se le maschere facciali sono molto contaminate (v. punto 2)
6. Impedire la trasmissione interpersonale è la chiave per limitare l'epidemia, ma finora si è dato poco peso a quanto accade dopo che una trasmissione è avvenuta, quando l'immunità innata svolge un ruolo cruciale. Lo scopo principale della risposta immunitaria innata è prevenire subito la diffusione e il movimento di agenti patogeni estranei in tutto il corpo.[6] L'efficacia dell'immunità innata dipende molto dalla carica virale. Se le maschere facciali creano un ambiente umido in cui il SARS-CoV-2 può restare attivo per il vapore acqueo fornito di continuo dalla respirazione e catturato dal tessuto della maschera, determinano un aumento della carica virale e quindi possono causare una sconfitta dell'immunità innata e aumento di infezioni. Questo fenomeno può anche interagire con i punti precedenti e potenziarli.
In conclusione, a differenza di Greenhalgh, crediamo che… occorra quantificare le complesse interazioni che potrebbero operare tra effetti positivi e negativi dell'uso di maschere a livello di popolazione. Non è tempo di agire senza prove.»
Di più, la rapida rassegna sistematica di Brainard conclude che le prove non sono ancora abbastanza forti per supportare l’ampio uso di maschere contro COVID-19, salvo che per brevi periodi di tempo da parte di individui vulnerabili, contingentemente in situazioni ad alto rischio.
Nei tre RCT identificati l’OR di sviluppare sindromi influenzali è 0,94 (0,75-1,19), dunque non significativo, con l’intervallo superiore di confidenza compatibile anche con aumento di rischio, che in effetti è quanto risulta in tendenza nel RCT più ampio, pragmatico e recente: OR 1,10 (0,87-1,38) e anche peggio nelle infezioni respiratorie confermate dal laboratorio.
Dunque, in attesa di nuovi validi RCT pragmatici, non c’è motivo di forzare la posizione più ragionevole del Governo, che prevede mascherine, anche “lavabili” “nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza” che“si aggiunge alle altre misure di protezione”.
In assenza di prove decisive, concordiamo con il principio di precauzione. Ma proprio per questo affermiamo che colui che, invece di proporre una misura mirata e condizionata con cui saremmo d’accordo, la vuole universale e intrusiva, è tenuto a esibire le prove di sicurezza (primum non nocere) ancor più che di efficacia, prima di obbligare alla sua adozione.
Infine, raccomandiamo che “la Scienza” non proclami dogmi, ma accetti di mettersi civilmente in discussione. Confutare - certo, con l’onere della prova - “verità” date per scontate non è affatto atteggiamento antiscientifico. Pensiamo che i rappresentanti politici abbiano la responsabilità di assicurare un ambiente antidogmatico favorevole a un dibattito scientifico libero, trasparente ed esente da conflitti d’interessi, come garanzia di un reale progresso delle conoscenze e del benessere della società.
Fondazione Allineare Sanità e Salute
Fondazione per la Salutogenesi
Gruppo NoGrazie
ISDE Medici per l’Ambiente
Medicina Democratica Onlus
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