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Martedì 06 LUGLIO 2010
In città si muore di più che in provincia. E per cause evitabili

Le grandi città italiane sono molto trafficate e ricche di smog, con un alto indice di vecchiaia e di mortalità legata a cause evitabili. È il quadro che emerge dal Primo Rapporto Osservasalute Aree Metropolitane 2010 redatto dall’Osservatorio per la Salute nelle Regioni Italiane e presentato stamani al Policlinico Gemelli a Roma. 

Nonostante per l’offerta di servizi sanitari le metropoli del Nord si dimostrano più avanti rispetto a quelle del Sud, tutte le aree metropolitane hanno un volto simile: molto popolate, molto ‘anziane’, soffrono di malattie spesso evitabili se fossero adeguatamente sviluppati programmi di prevenzione primaria e l’assistenza sul territorio. Inoltre in città si muore di più. In quasi tutte le città metropolitane, ad eccezione di Bologna e Firenze, si registrano infatti sia per gli uomini che per le donne, valori superiori del tasso di mortalità rispetto alla media nazionale. E' quanto emerge dalla prima edizione del Rapporto Ossevasalute Aree Metropolitane 2010 redatto dall’Osservatorio nazionale per la Salute nelle Regioni Italiane e presentato stamane al Policlinico Gemelli a Roma.
“Il quadro è tutt’altro che roseo – ha rilevato Walter Ricciardi, coordinatore della ricerca e Direttore dell’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo del Sacro Cuore - perché praticamente tutte le aree metropolitane arrancano anche laddove le Regioni di appartenenza appaiono in discreta salute”.

 
Tanti anziani in città. Cresce costantemente la popolazione anziana nelle aree metropolitane.
Il record di provincia più “giovane”, per entrambi i generi e per la classe di età 65-74 anni, spetta a Napoli (uomini: 7,27%; donne: 8,26%), mentre la più “vecchia” è Trieste (uomini: 13,19%; donne: 14,36%). Analoga situazione si riscontra per le donne anche nella classe di età 75 anni ed oltre (Napoli: 7,71%; Trieste: 17,32%). Per gli uomini, invece, la provincia più giovane risulta sempre Napoli (4,70%), mentre la più vecchia è Genova (10,29%). La domanda di servizi socio-sanitari è, dunque, molto diversa ed altrettanto diverse dovrebbero essere in quest’ottica le strutture e le ripartizioni delle spese.
 
Aumenta l’età delle madri al parto. Relativamente al Tasso di Fecondità Totale (TFT) si registra negli anni 2001-2005, una lieve ripresa, anche se i valori risultano estremamente bassi (1,311 figli per donna) e inferiori al livello di sostituzione (2 figli per donna), che garantirebbe il ricambio generazionale. Questa lieve ripresa, in parte, è dovuta all’aumento della fecondità delle donne in età avanzata. Le province più “feconde” risultano Napoli e Palermo con valori, rispettivamente, pari a 1,507 e 1,505 figli per donna, mentre le province in cui si registra un TFT particolarmente basso sono Cagliari e Trieste (0,982 e 1,131 figli per donna).
Cresce l’età media delle donne al parto, il cui valore nazionale, nel 2005, è pari a 31,1 anni (incremento di 0,6 anni rispetto al 2001). Le province in cui l’età media al parto è più elevata (32,2 anni) sono Trieste, Genova e Roma. Le province in cui l’età media è più bassa sono Napoli e Catania con 29,6 anni. Da segnalare l’incremento che si è registrato a Milano dove l’età media è passata da 30,3 nel 2001 a 32,1 nel 2005, evidenziando un aumento di ben 1,8 anni.
 
Le malattie delle città metropolitane. Se la mortalità generale è in diminuzione, tuttavia nelle città metropolitane si registrano tassi superiori alla media nazionale. Per il primo indicatore, si osserva infatti nel periodo considerato (2000-2004), un calo generalizzato (uomini: 128,28 nel 2000 vs 116,99 per 10.000 nel 2004; donne: 79,73 vs 72,36 per 10.000). A livello nazionale, nel periodo 2003-2004, la riduzione della mortalità è stata pari a 7,84% negli uomini ed a 9,92% nelle donne. Scendendo nel dettaglio, il primato negativo spetta alla provincia di Napoli dove si registrano i tassi maggiori di mortalità sia per gli uomini (141,84 per 10.000) che per le donne (94,22 per 10.000), mentre i valori più bassi si riscontrano a Firenze (uomini: 108,15 per 10.000; donne: 70,15 per 10.000).
Tuttavia, come accennato, nella città metropolitane si muore di più. In quasi tutte le province metropolitane infatti, ad eccezione di Bologna e Firenze, si registrano valori superiori del tasso di mortalità rispetto alla media nazionale; “ciò mette in evidenza che, quando non ben affrontati, i fattori di rischio si manifestano con maggiore intensità nelle aree urbane rispetto al resto del Paese”, ha spiegato il professor Ricciardi.
 
Salute dell’ambiente e indice di eco-compatibilità. “Le differenze esistenti tra le città metropolitane e il resto del Paese trovano la sua manifestazione più evidente nelle condizioni dell’ambiente che appare in quasi tutte le aree metropolitane più deteriorato rispetto al resto del Paese, con conseguenti e rilevanti effetti sulla salute e sulla qualità della vita dei residenti nelle grandi città italiane”, ha spiegato Ricciardi.
Che l’ambiente non sia ottimale lo si vede innanzitutto dall’indice di attenzione all’eco-compatibilità che permette di classificare ciascuna provincia sul fronte della adeguata gestione del suo territorio. La classifica dei comuni, in ordine di maggior attenzione alle compatibilità ambientali, è effettuata tenendo conto di diversi fattori: acqua, aria, energia, rifiuti, rumore, trasporti e verde urbano. Questo indice ‘squalifica’ le province metropolitane, infatti solo due di esse, Venezia (con un indice di 6,92) e Bologna (6,91), si trovano nella top ten della classifica dei 111 comuni capoluogo di provincia, occupando il secondo ed il terzo posto.
Un altro aspetto interessante per misurare la salute dell’ambiente è l’inquinamento atmosferico. L’indicatore scelto per la stima dell’impatto sanitario dell’inquinamento atmosferico è il particolato fine (PM10), in quanto è l’inquinante più frequentemente associato ad una serie di esiti sanitari, che vanno dai sintomi respiratori alle diverse morbosità e dalla mortalità prematura alla mortalità cronica. Il numero di giorni di superamento del limite previsto per tale inquinante non è ancora sufficiente per attestarsi sotto il limite dei 35 giorni di superamento del limite previsto per il PM10. I dati raccolti suggeriscono la necessità di attuare provvedimenti a breve, medio e lungo termine per ridurre efficacemente la concentrazione di particolato, altrimenti pericoloso per la salute.
Un ulteriore aspetto importante per misurare la salute delle nostre città è la disponibilità di verde urbano che è un indicatore che si ottiene dal rapporto tra la superficie dei comuni adibita al verde urbano e la popolazione residente. La disponibilità di verde urbano in Italia risulta essere, nel 2008, pari a 93,6 m2 per abitante. In tutte le città considerate, nel periodo 2003-2008, si assiste ad una sostanziale stabilità di aree verdi con alcune eccezioni: Venezia, Catania e Reggio Calabria aumentano il loro verde urbano di 8,7, 4,7 e 4,8 m2 per abitante rispettivamente, mentre Roma, che comunque è prima per questo dato e l’unica città che supera in maniera consistente la media nazionale con un valore di 131,7 m2, per abitante registra una diminuzione di 8 m2 per abitante.
 
Offerta sanitaria. Negli ultimi anni si assiste ad un evidente tendenza alla diminuzione dei ricoveri in Regime Ordinario (RO) ed un maggior ricorso alle prestazioni in Day Hospital (DH) in quasi tutte le province considerate, ad eccezione di Trieste, Bologna, Cagliari e Venezia. I tassi standardizzati di dimissione ospedaliera in regime di RO sono più elevati a Napoli (uomini: 1.736,14 per 10.000; donne: 1.615,41 per 10.000) e più bassi a Torino (uomini: 970,58 per 10.000; donne: 1.005,88 per 10.000). Per il DH, Messina è la provincia in cui si osservano i tassi maggiori (uomini: 1.210,66 per 10.000; donne: 1.352,29 per 10.000), mentre a Trieste i tassi minori (uomini: 293,12 per 10.000; donne: 366,47 per 10.000).
Per quanto riguarda la disponibilità dei posti letto ospedalieri per tipologia di attività, è emersa una modesta eterogeneità a livello di provincia metropolitana, con valori che passano da 53,79 (per 10.000) a Roma, a 31,15 (per 10.000) a Napoli. Se si considera il dato disaggregato per tipologia di attività, sono le province del Centro-Nord ad avere un tasso maggiore per la lungodegenza e riabilitazione, mentre non si evidenza un particolare gradiente Nord-Sud per il tasso di posti letto per acuti.
Tra il 2001 e il 2005, si osserva una riduzione dei posti letto per acuti sia a livello nazionale che di singola provincia, mentre la dotazione di posti letto per la lungodegenza e riabilitazione è in lieve aumento.
Infine, a Roma, Reggio Calabria, Cagliari, Firenze e Catania, vi è una maggiore presenza del privato accreditato, con tassi che superano il valore di 11 posti letto per 10.000, contro un valore medio nazionale del privato accreditato di 7,98 per10.000.
 
Carenza di personale medico e infermieristico. Il personale medico e infermieristico non risulta distribuito omogeneamente nei diversi contesti urbani. In Italia, nel 2005, il tasso di personale medico e odontoiatrico presenta una notevole variabilità a livello territoriale, con valori minimi a Trieste (11,13 per 10.000) e massimi a Roma (32,27 per 10.000). Anche per il personale infermieristico si osserva una distribuzione non omogenea (Venezia: 33,15 per 10.000; Bologna: 68,73 per 10.000).
Con riferimento alle tecnologie sanitarie, infine, i dati per provincia metropolitana mostrano che TAC e risonanze (RM) non sono distribuite e, pertanto, fruibili dalla popolazione in maniera omogenea sul territorio. Anche in questo caso, si osserva una forte eterogeneità territoriale, con Messina che registra valori più elevati sia per la TAC che per la RM (rispettivamente, 30,45 e 18,27 per milione di abitanti) e Firenze che presenta tassi più bassi per la TAC (14,49 per milione di abitanti), mentre Napoli per la RM (5,50 per milione di abitanti).
Se si analizza il trend 2001-2005, si nota un aumento, per entrambe le tecnologie, sia a livello nazionale che per quasi tutte le province metropolitane. Sarebbe necessario però favorire un riequilibrio territoriale nella disponibilità di queste apparecchiature.
 
 
Giovanni Rodriquez

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