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Lunedì 20 APRILE 2020
Coronavirus. Attività di routine in calo in più del 20% delle unità oncologiche, ma il sistema ha retto

Nonostante l’emergenza abbia modificato il modo di lavorare degli oncologi, nella stragrande maggioranza delle Uo i pazienti sono stati assistiti con la massima attenzione e procedure di prevenzione sono state attivate prima di ricevere indicazioni ad hoc. I risultati di un’indagine promossa dalla Cipomo e pubblicati su European Journal of Cancer

Sono più del 20% le unità oncologiche che hanno assistito ad una significativa riduzione delle attività di routine durante l’attuale emergenza Covid-19, ma gli standard di assistenza oncologica si sono mantenuti alti in tutto il Paese.
Non solo, procedure intraprese già nelle prime fasi dell’epidemia, quali il “triage” dei sintomi e dei segni riconducibili a infezione da coronavirus, la limitazione degli accessi agli accompagnatori e il rinvio di visite non urgenti o modalità di visita alternative, possono aver limitato la diffusione del virus nelle unità di oncologia medica, preservando così dall’infezione pazienti più fragili.
 
È quanto emerso da un’indagine promossa dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) su territorio nazionale per valutare la realtà delle unità di oncologia medica italiane durante la pandemia. Condotta online dal 12 al 15 marzo 2020, periodo che coincide con la diffusione di Covid-19 nel Nord Italia e l’istituzione di decreti nazionali per le misure di contenimento dell’infezione, ha visto l’adesione di 122 primari oncologi ospedalieri membri del Cipomo.

Dall’indagine, i cui risultati sono stati pubblicati su European Journal of Cancer, è emerso che - unendo le disposizioni interne fornite dalle singole Istituzioni ai successivi decreti nazionali, nonché all’implementazione di efficaci misure individuali - le unità di oncologia medica Italiane hanno prontamente messo in atto misure necessarie all’adeguamento dell’attività clinica alla luce dell’attuale emergenza, con l’obiettivo di proseguire il percorso di cura dei pazienti.
La garanzia della prosecuzione della cura, sottolinea una nota della Cipomo, è infatti “basilare in questa situazione di emergenza in modo da poter proseguire i trattamenti oncologici senza compromettere l’efficacia degli stessi, salvaguardando allo stesso tempo i pazienti e i medici dal rischio infettivo”.
“L’emergenza Covid-19 – afferma Francesco Grossi, coordinatore del Progetto Cipomo - ha indubbiamente modificato il modo di lavorare di noi oncologi, creandoci non pochi problemi organizzativi per gestire in sicurezza i nostri pazienti, spesso con personale medico e infermieristico ridotto per malattia o perché entrato in turni di guardia nei reparti Covid, ma, nonostante tutto, siamo riusciti comunque, in maniera omogenea in tutto il Paese, a mantenere alti gli standard di assistenza oncologica”.
 
Come già detto, dato interessante è che alcune procedure, come il “triage” dei sintomi e dei segni riconducibili a infezione da coronavirus, nonché la limitazione degli accessi agli accompagnatori e il rinvio di visite non urgenti o modalità di visita alternative (ad esempio telefonica) per i follow-up, sono state attuate dalla maggior parte dei centri italiani ancor prima di ricevere indicazioni precise dal Ministero della Salute o dalle Regioni. Azioni che possono aver limitato la diffusione del virus nelle unità di oncologia medica già nelle prime fasi dell’epidemia preservando dall’infezione pazienti più fragili rispetto al resto della popolazione a causa della loro malattia, per le cure intraprese e perché spesso anziani.
 
Da notare anche che circa il 70% delle oncologie mediche non ha avuto, o ha avuto solo in minima parte, una riduzione di attività, a dimostrazione che anche nei momenti più “caldi” dell’emergenza Covid-19 i pazienti sono stati assistiti con la massima attenzione, offrendogli sempre le cure migliori e con continuità.

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