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Martedì 14 APRILE 2020
Coronavirus. Gli epidemiologi: “Fuori dal lockdown solo dove c’è dimostrata capacità di controllo del virus sui propri territori”
Per la Fase 2 l’Associazione italiana di epidemiologia propone di costruire indicatori della capacità di risposta a controllare la catena dei contagi. La sorveglianza dei casi e dei loro contatti dovrà essere facilitata dalla strumenti tecnologici in grado di mettere in rete Mmg, assistiti e servizi di prevenzione. I suggerimenti in una lettera aperta a Ministero della Salute, Comitato Tecnico Scientifico Covid-19, Css e Coordinamento interregionale prevenzione e sanità pubblica
“Le aree geografiche che dimostreranno, mediante indicatori adeguati, di essere in grado di tenere sotto controllo in modo efficace la trasmissione del virus, potranno uscire dalle attuali misure collettive di restrizione e mantenere solo l’isolamento selettivo dei casi, oltre alle altre misure di contrasto, come ad esempio l’uso di dispositivi di protezione individuale, ma per le altre è incauto”.
È quanto mette nero su bianco l’Associazione Italiana di Epidemiologia (Aie) in una lettera aperta - indirizzata ai direttori generali della programmazione e della prevenzione sanitaria presso il Ministero della Salute, al Presidente del Comitato Tecnico Scientifico Covid-19, al presidente del Consiglio Superiore di Sanità e del Coordinamento Interregionale Prevenzione e Sanità Pubblica.
“È necessario subordinare l’uscita dal lock-down, alla capacità di risposta di ogni singola area geografica circa l’identificazione e l’interruzione della catena dei contagi, al fine di limitare la circolazione virale e contenere ulteriori diffusioni epidemiche – sottolinea Aie – In base ai dati finora raccolti è stimato che solo una piccola parte della popolazione nazionale (al massimo il 10%) ha contratto l’infezione da Sars-Cov-2 e, quindi, esiste ancora un ampio margine per il verificarsi di nuove infezioni e di una nuova ondata epidemica. L’obiettivo ora perseguibile è quello di ridurre la circolazione epidemica alle dimensioni di endemia controllata. L’isolamento generalizzato e quello domiciliare dei casi diagnosticati non intaccano i contagi che si determinano in ambito domestico tra conviventi e i contagi tra i lavoratori dei comparti in funzione, quota non trascurabile della popolazione. La trasmissione in atto, altresì, viene mantenuta e amplificata dai focolai epidemici in comunità ristrette, quali le strutture sanitarie e le Rsa”.
Per la seconda fase della gestione emergenza Covid19, Aie propone di costruire indicatori - per ogni area del Paese - della capacità di risposta a controllare la catena dei contagi sul territorio e così valutare l’idoneità ad allentare le misure generalizzate.
Gli epidemiologi raccomandano di:
1) focalizzare l’analisi dei dati di sorveglianza sui casi, con insorgenza di sintomi recenti e identificare quelli diagnosticati a causa di una maggiore intensità di accertamento, anche senza sintomi. Occorre quantificare la quota di trasmissione intrafamiliare, in modo da considerare in futuro di ricorrere a isolamenti non domiciliari. L’attività lavorativa dei casi identificati può, inoltre, permettere di individuare ambiti lavorativi a rischio;
2) descrivere i focolai di infezioni e la quota di casi associata. È importante che il numero di focolai identificati venga segnalato per interpretare in modo corretto l’attuale andamento del numero di nuovi casi;
3) rafforzare le capacità operative sul territorio su tre aspetti prioritari: il contact tracing (rintracciare contatti) dei nuovi casi confermati e l’ampliamento degli accertamenti virali agli asintomatici; l’identificazione tempestiva e l’analisi dei focolai epidemici; l’adattamento della strategia di accertamento dei casi positivi nelle comunità ristrette, ad esempio anche mediante indagini PCR multiplex su pool di campioni biologici in gruppi a basso rischio.
La sorveglianza dei casi e dei loro contatti dovrà essere facilitata dalla disponibilità di strumenti tecnologici che dovranno essere in grado di mettere in rete i medici di medicina generale, gli assistiti e i servizi di prevenzione. “È – conclude Aie – che sistemi diversi siano in grado di fornire lo stesso tipo di dati e alimentare la stessa base di dati. La capacità di intervenire tempestivamente sui nuovi casi e sui loro contatti attraverso protocolli omogenei e adeguate risorse umane rappresenta l’unica reale possibilità per bloccare le catene di contagio”.
Come ulteriore misura della frequenza di malattie respiratorie, gli epidemiologi raccomandano di mantenere e potenziare, nei prossimi mesi, l’attuale rete di sorveglianza delle sindromi influenzali.
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