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Lunedì 05 LUGLIO 2010
Nei diabetici, bastano cinque geni per predire l’ictus

Uno studio dell’Università Cattolica di Roma pubblicato su Diabetes rivela che “la combinazione di polimorfismi di 5 geni infiammatori è in grado di predire in maniera altamente significativa il rischio di sviluppare un ictus ischemico, in un arco di tempo superiore ai 6 anni”. La sfida è ora la messa a punto di test genetici che consentano di individuare i soggetti a rischio.

Cinque geni. È quanto basta perché una persona con diabete di tipo 2 abbia un rischio elevato di incorrere in un ictus ischemico.
È quanto è emerso da uno studio italo-scozzese pubblicato su Diabetes, la rivista ufficiale dell’American Diabetes Association.
“Abbiamo studiato oltre 2,100 soggetti partecipanti allo studio Go-DARTS per i quali era disponibile il Dna per l’esecuzione di test genetici”, ha spiegato il coordinatore dello studio Roberto Pola, ricercatore dell’Istituto di Medicina Interna e Geriatria dell’Università Cattolica-Policlinico “A. Gemelli” di Roma. E “abbiamo individuato un profilo genetico, costituito dalla combinazione di polimorfismi di 5 geni infiammatori (Interleuchina-6, ICAM-1, MCP-1, E-selectina e MMP-3), che è in grado di predire in maniera altamente significativa il rischio di sviluppare un ictus ischemico, in un arco di tempo superiore ai 6 anni”. In pratica, quanti possiedono almeno 4 di queste mutazioni presentano un’incidenza di ictus ischemico che è 10 volte superiore a quella che si riscontra nei soggetti che non ne hanno nessuna. Il rischio di ictus aumenta in maniera progressiva con il numero di mutazioni (da 0 a 5) presentate nel singolo soggetto. Nonostante ciò, ha precisato il ricercatore, “nessuno di questi 5 polimorfismi è in grado di predire il rischio di ictus quando analizzato da solo. È soltanto la particolare combinazione di questi 5 polimorfismi genici, che conferisce l’aumentato rischio di ictus nei pazienti diabetici”.
La sfida è ora impiegare i risultati di questa ricerca per mettere a punto un test diagnostico per i soggetti diabetici, che hanno già un rischio raddoppiato rispetto alla popolazione generale di essere colpiti da malattie cardiovascolari.
“Il nostro obiettivo – ha dichiarato Pola – è l’esecuzione di un test genetico, facilmente eseguibile e relativamente economico in grado di individuare quali soggetti diabetici hanno maggiore rischio di avere un ictus ischemico nel futuro. Una volta individuati, questi soggetti potrebbero essere sottoposti a più aggressive terapie di prevenzione degli eventi cardiovascolari, oltre che a uno screening diagnostico più intenso, quale, per esempio, l’esecuzione di eco-doppler delle arterie carotidi a intervalli di tempo più ravvicinati. Inoltre - ha proseguito - dato che questo profilo genetico è costituito da variazioni di geni infiammatori, è anche possibile ipotizzare che questi individui possano trarre beneficio da un terapia anti-infiammatoria cronica”.
Ma non è escluso che la ricerca apra ulteriori scenari, per esempio nulla esclude che questi medesimi 5 polimorfismi possano l’ictus anche nella popolazione non diabetica. Per questo, “insieme ai più importanti ricercatori sull’ictus a livello mondiale appartenenti a centri universitari in Inghilterra, Scozia, Germania, Spagna, Portogallo e USA, oltre che in Italia testeremo se questo profilo genetico è in grado di predire il rischio di ictus non solo nei diabetici, ma anche nella popolazione generale”, ha concluso Pola, che coordinerà questo gruppo di ricerca internazionale che prenderà in esame circa 18 mila individui.
A.M. 

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