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Venerdì 20 MARZO 2020
Coronavirus. La battaglia dei farmacisti: “Sempre aperti sul territorio e in prima linea in ospedale da inizio dell’emergenza”. Intervista al presidente della Fofi Andrea Mandelli

“Sono giorni difficilissimi per tutti. E il mio pensiero va a tutti i colleghi che stanno facendo il massimo in ogni parte d’Italia, in particolare a quanti lavorano nelle zone lombarde che versano in una situazione di estrema criticità, come Bergamo e Brescia. Ma il mio pensiero va anche all’immenso lavoro che i farmacisti ospedalieri svolgono seguendo i pazienti sotto il profilo farmacologico, affiancando infettivologi e rianimatori e tutto il personale in prima linea”

Non c’è solo la paura ad accompagnare il lavoro dei farmacisti, professionisti che, sul territorio e nelle corsie ospedaliere, combattono in prima linea questa durissima guerra contro un nemico invisibile. Allo stress emotivo si aggiunge la fatica quotidiana di dover mettere in atto tutte le misure idonee a  preservare la propria integrità fisica e quelle dei cittadini che si rivolgono alla farmacia per essere assistiti, consigliati e confortati. Ed anche  la necessità di dover risolvere crescenti difficoltà tra cui l’approvvigionamento delle materie prime e, in qualche caso, di alcune tipologie di farmaci.
 
In questa intervista a tutto tondo il presidente della Fofi Andrea Mandelli ha spiegato con puntualità tutte le misure che la Federazione ha messo e metterà in atto per difendere la categoria. A partire dalla richiesta alle autorità competenti di rifornire tempestivamente i professionisti di idonei dispositivi di protezione individuale e di norme derogatorie sulle modalità di svolgimento della professione.
Ma la Fofi è al lavoro anche per arrivare a una semplificazione dell’atto dispensativo da parte del farmacista: è allo studio un protocollo di intesa tra Sindaci, Ordini e Federfarma per disciplinare e agevolare, ridurre al massimo la mobilità dei cittadini, la consegna a domicilio dei medicinali attraverso associazioni di volontariato.
 
Presidente Mandelli, il mondo della sanità è sottoposto a sollecitazioni mai viste. Soprattutto c’è un disorientamento generale di fronte a una emergenza dirompente. Sono tante le farmacie che stanno chiedendo di lavorare a battenti chiusi perché hanno paura…
 
Ognuno è chiamato a fare la propria parte, ma devo dire con grande orgoglio che i farmacisti hanno risposto e stanno rispondendo all’emergenza con un impegno ammirevole che declina un’antica vocazione al servizio: essere un punto di riferimento per i cittadini sul territorio.
I farmacisti sono presenti tutti i giorni, dal più piccolo comune rurale alla più grande città e sono oggi più che mai il primo professionista sanitario del territorio a cui la comunità si rivolge con fiducia per essere assistita, consigliata e confortata. Per far fronte alla carenza di disinfettanti, le farmacie hanno allestito nei propri laboratori preparazioni galeniche in conformità con quanto prescritto dalla farmacopea. Ogni giorno si devono fronteggiare e risolvere crescenti difficoltà tra cui anche l’approvvigionamento delle materie prime e, in qualche caso, di alcune tipologie di farmaci. In questo quadro emergenziale non mancano atti di solidarietà espressa anche attraverso la donazione di beni di prima necessità a enti, associazioni di volontariato e persone in condizioni di disagio.
 
Quale risposta ha dato e sta dando la Fofi?
Come Federazione ci siamo mossi fin dalle prime ore del 21 febbraio quando è scattata l’emergenza a Codogno, impartendo direttive sui comportamenti da adottare, informando le autorità sulle nostre decisioni, questo per dare una linea comune di azione a tutte le farmacie sul territorio. Abbiamo cercato di operare proteggendo i professionisti e ottenendo nelle aree a maggior rischio supporti per tutelare farmacisti e pazienti. Quando la parola d’ordine del distanziamento sociale non era ancora stata recepita ci siamo battuti affinché venisse applicata nelle nostre farmacie. Tutti hanno risposto.
E sì, abbiamo anche chiesto che le farmacie potessero operare a battenti chiusi, e nelle Regioni e nelle Province in cui questo è stato concesso le farmacie possono scegliere questa modalità, in funzione delle esigenze particolari. È evidente che laddove le dimensioni dei locali non permettono di distanziare i pazienti e i colleghi che operano al banco la scelta di operare a battenti chiusi è la via per tutelare tutti. Ma in tal senso, anche se davanti alla percezione della gravità del caso e dopo la formulazione di precise e puntuali richieste draconiane a tutela dei farmacisti e degli stessi cittadini, qualcuno ci ha considerato allarmisti ribadiremo alle autorità competenti la necessità di essere riforniti tempestivamente di idonei dispositivi di protezione individuale e di norme derogatorie sulle modalità di svolgimento della professione.
 
Parliamo degli approvvigionamenti, in particolare di quei dispositivi essenziali per contrastare il coronavirus
Ci siamo attivati già da tempo per risolvere il problema del rifornimento dell’ossigeno gassoso. L’ossigeno è ormai, di fatto, un farmaco importante nei territori dove purtroppo il virus sta mietendo vittime. L’Aifa ha approvato la nostra richiesta di autorizzare il riempimento di bombole di ossigeno adeguate all’uso umano e bonificate, anche se diverse da quelle inserite nel dossier autorizzativo dell’azienda titolare di Aic. E con l’Ats di Bergamo ci siamo organizzati per fornire l’ossigeno al domicilio dei pazienti Covid 19 positivi. E abbiamo interessato la Regione perché le farmacie possano attivare la consegna a domicilio dell’ossigeno liquido, in carenza di quello gassoso, attraverso la convenzione esistente tra le Ats e le ditte fornitrici.
Ma non solo, stiamo lavorando perché la semplificazione della trasmissione delle ricette concessa ai medici di famiglia non renda più complesso il lavoro dei farmacisti. È giusto snellire il percorso per i Medici di medicina generale, ma è altrettanto giusto dare al farmacista uno strumento di facile utilizzazione. Nello stesso tempo abbiamo sollevato il tema della distribuzione diretta, ovvero quella al di fuori del circuito della farmacia che, in questo momento di crisi, costituisce un grande problema per i cittadini. Anche su questo fronte stiamo lavorando alacremente con il ministero della Salute per una semplificazione dell’atto dispensativo da parte del farmacista. In proposito è allo studio un protocollo di intesa tra Sindaci, Ordini e Federfarma finalizzato a disciplinare e agevolare, per ridurre al massimo la mobilità dei cittadini, la consegna a domicilio dei medicinali attraverso associazioni di volontariato indicate dai Sindaci, nel rispetto del diritto di libera scelta della farmacia da parte dei cittadini e delle norme in materia di privacy.
 
Per quanto riguarda l’approvvigionamento di mascherine?
Siamo in contatto con la Protezione Civile per trovare una soluzione. Purtroppo i Dpi non mancano solo per i farmacisti ma per tutti, anche per i medici e gli infermieri e il personale impegnato negli ospedali. In ogni caso stiamo lavorando strenuamente agendo in sinergia con Federfarma, Assofarm ed Enpaf per cercare di risolvere il problema. Oggi ci scontriamo con ostacoli oggettivi inerenti le fonti di approvvigionamento affidabili in un mercato che è preda di speculatori e millantatori, e la difficoltà concreta del sistema di rispondere a una domanda abnorme rispetto a quella che normalmente si registra per questi dispositivi. Per i Dpi l’Italia dipende dalla produzione estera con l’aggiunta quindi di problemi logistici come il blocco nelle dogane di questo tipo di forniture. Stiamo anche cercando di superare il divieto di vendere mascherine sfuse. Un problema emerso nei giorni scorsi a Parma dove una farmacia era stata multata. La denuncia è stata ritirata, ma quello che stiamo ribadendo è che in una situazione di emergenza bisogna agire seguendo il buon senso.
 
Nelle more cosa possono fare i farmacisti per difendersi?
Come abbiamo ribadito più volte nelle nostre Direttive, ci sono misure semplici ed efficaci: mantenere e fare rispettare all’interno della farmacia le distanze scaglionando l’accesso nei locali della farmacia e installare appositi schermi protettivi sul bancone. Anche i colleghi al banco devono cercare quanto più possibile di mantenere tra loro la distanza di sicurezza e ricordare le misure di igiene personale e ambientale: lavare ripetutamente le mani, cambiare i camici, non usare in casa gli stessi indumenti usati in farmacia, pulire e disinfettare i locali e le superfici della farmacia. Mettere in atto insomma tutte le precauzioni che i colleghi ospedalieri hanno adottato da subito nella loro attività.
 
Che messaggio vuole lanciare ai farmacisti
È il momento di stringere i denti e di essere estremamente prudenti, perché preservare la nostra integrità fisica vuol dire preservare un pezzo importante della sanità italiana.
Soprattutto voglio mandare un messaggio a chi sostiene che i farmacisti non ricevono il giusto riconoscimento per quello che fanno. Non è vero: i cittadini ci riconoscono quotidianamente un ruolo essenziale in questo grave momento e riceviamo tantissime testimonianze anche da parte delle istituzioni, della politica e della cultura. E proprio per questo mi sorge spontanea una riflessione: non dobbiamo permettere che i comportamenti scorretti di pochi – anzi pochissimi- possano sporcare l’immagine del farmacista e soprattutto vanificare il lavoro di decine di migliaia di colleghi che operano per la collettività con onestà, abnegazione e competenza. Lo prova la dolorosa scomparsa del collega Lorenzo Repetto che, come ho dichiarato, lascia la sua comunità priva di un riferimento e di un presidio fondamentali.
 
Ester Maragò

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