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Giovedì 19 MARZO 2020
Coronavirus. Cts: “Nessun motivo per cambiare terapia anti-ipertensiva”
Il Comitato tecnico scientifico in una nota sostiene la posizione già assunta dall'Aifa in merito al presunto effetto di terapie a base di medicinali anti-ipertensivi appartenenti alla classe degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE inibitori), o degli antagonisti del recettore per l’angiotensina II (sartani), sulla trasmissione e sull’evoluzione in termini di gravità della malattia da coronavirus. "Ad oggi non esistono evidenze scientifiche".
"Pieno supporto alla posizione assunta dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), in merito al presunto effetto di terapie a base di medicinali anti-ipertensivi appartenenti alla classe degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE inibitori), o degli antagonisti del recettore per l’angiotensina II (sartani), sulla trasmissione e sull’evoluzione in termini di gravità della malattia da Sars-CoV-2 (Covid-19)". Lo scrive in una nota il Comitato tecnico scientifico.
"Nello specifico - prosegue la nota - si ribadisce che, ad oggi, non esistono in merito evidenze scientifiche derivate da studi clinici o epidemiologici, ma solo ipotesi molecolari verificate con studi in vitro. Pertanto, in base alle conoscenze attuali, il CTS raccomanda di non modificare la terapia in atto con anti-ipertensivi (qualunque sia la classe terapeutica) nei pazienti ipertesi, in quanto esporre pazienti fragili a potenziali nuovi effetti collaterali o a un aumento di rischio di eventi avversi cardiovascolari non appare giustificato".
"Per le stesse motivazioni, rispetto all’ipotesi di utilizzare farmaci ACE-inibitori e sartani anche in persone sane a fini profilattici, il CTS ritiene opportuno ricordare che questi farmaci vanno utilizzati esclusivamente per il trattamento delle patologie per le quali esiste un'autorizzazione all'immissione in commercio. Il Cts, infine, sottolinea che non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’impiego d'ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da Covid-19. Studi epidemiologici nel merito potranno fornire utili informazioni a meglio definire l'eventuale effetto, semmai esistente, sia d'ibuprofene, sia di altri farmaci anti-infiammatori non-steroidei, sulla severità dei quadri di Covid-19", conclude la nota stampa.
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