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15 MARZO 2020
Coronavirus e Terapia intensiva. I tecnici del Veneto favorevoli alle raccomandazioni della Siaarti: “Sì a principi di appropriatezza e proporzionalità ma senza alcun acritico indicatore di esclusione”. Il documento

A comunicare le conclusioni di un pool di esperti il DG della sanità veneta Domenico Mantoan, dopo il vaglio del Comitato Tecnico Scientifico COVID-19 regionale. Per i tecnici del Veneto: “Il documento della Siaarti non va in alcun modo interpretato come uno stimolo a impiegare acriticamente indicatori di esclusione per i pazienti che necessitano di cure intensive, ma come uno strumento decisionale che si affianchi alla imprescindibile valutazione clinica, in condizione estreme quali quelle a cui, purtroppo, l'epidemia in atto ci potrebbe costringere”. Per il momento non ci sono reazioni da parte dei vertici politici della Regione.

Il direttore generale della sanità del Veneto Domenico Mantoan ha diramato ieri una nota a tutte le Asl e Aziende ospedaliere della Regione, compresi i presidi della sanità privata, e per conoscenza al presidente Zaia e all'assessore Lanzarin, in cui si rende noto che il Comitato Tecnico Scientifico COVID-19 regionale, istituito il 2 marzo scorso, ha approvato un documento redatto da Camillo Barbisan, Responsabile Servizio di bioetica Azienda Ospedaliera di Padova, Davide Mazzon, Direttore UO Anestesia e Rianimazione Belluno e Docente di Bioetica-Università di Padova e Paolo Navalesi, UOC Istituto di Anestesia e Rianimazione, Azienda Ospedale – Università di Padova.
 
I tre esperti erano stati chiamati a valutare le Raccomandazioni recentemente messe a punto dalla Siaarti per l’accesso alle Terapie intensive durante l’emergenza sanitaria dettata dal nuovo Coronavirus.
 
Nel documento, che di seguito pubblichiamo integralmente, Barbisan, Mazzon e Navalesi, sottolineano che “il documento della SIAARTI non va in alcun modo interpretato come uno stimolo a impiegare acriticamente indicatori di esclusione per i pazienti che necessitano di cure intensive, ma come uno strumento decisionale che si affianchi alla imprescindibile valutazione clinica, in condizione estreme quali quelle a cui, purtroppo, l'epidemia in atto ci potrebbe costringere”.
 
Per poi concludere che: “E' opportuno che quanto oggetto di queste considerazioni possa trovare omogeneo recepimento in tutte le strutture ospedaliere, ed in particolare nei contesti di alta intensità di cura, al fine di evitare strategie assistenziali e decisionali difformi nel territorio della Regione”.
 
Al momento non si registrano ancora reazioni o decisioni in proposito da parte dei vertici politici regionali. Ecco il documento approvato dal Comitato tecnico scientifico per la COVID-19 del Veneto:
 
Decisioni eticamente fondate per il trattamento dei pazienti affetti da insufficienza respiratoria grave secondaria a infezione da COVID-19
 
Dal febbraio scorso a seguito dell'epidemia da COVID-19 si sono realizzati scenari che hanno reso necessarie decisioni di ordine politico, organizzativo e assistenziale inedite. La Lombardia è da giorni alle prese con la drammatica necessità di mantenere il funzionamento del Servizio Sanitario a fronte del quotidiano esponenziale incremento di posti letto per pazienti affetti da grave insufficienza respiratoria.
 
Il Veneto ha finora vissuto scenari meno drammatici e ha retto l'urto dell'epidemia, ma è d'obbligo prepararsi ad affrontare una crescita importante dei bisogni dei pazienti affetti da COVID1 9, in particolare per quanto concerne la disponibilità di posti letto nei reparti ad alta intensità di cure (Terapie Intensive e Semintensive).
 
Anche al di fuori di contesti estremi quali quelli stiamo purtroppo vivendo in questi giorni, I ' Anestesista] Rianimatore che decide l' accesso alle cure intensive, non esercita un atto dispotico, ma realizza la forma più elevata e complessa di responsabilità, essendo chiamato a effettuare un bilanciamento fra il possibile beneficio per il paziente e il rischio di prolungare uno stato agonico.
 
Le nuove opportunità di cura sviluppatesi negli ultimi decenni, comprese le cure intensive, hanno favorito lo sviluppo di una profonda riflessione etica sulla questione del "limite" da porre ai trattamenti quando essi appaiono inutili, futili, sproporzionati.
 
Oggi, vi è un consenso generale che tutti i trattamenti, compresi quelli intensivi, debbano essere ispirati al "Principio di Proporzionalità". Tale principio afferma che sono proporzionati quei trattamenti che comportano un oggettivo rapporto rischio/beneficio favorevole per il malato nel caso specifico (appropriatezza clinica) e ne rispettano la volontà soggettiva di esservi sottoposto o meno (appropriatezza etica), chiaramente espressa o ricostruita coerentemente coi suoi convincimenti.
 
Tutto ciò trova fondamento deontologico (art. 16 del CdM del 2016 che afferma "Il medico... non intraprende né insiste . in interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, dai quali non si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità di vita") e fondamento giuridico (Legge 219/2017 "Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento"; in particolare, nell'art. 2 comma 2, che recita: "Nei casi di pazienti con prognosi infausta a breve termine o di imminenza della morte, il Medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati").
 
Gli Anestesisti/Rianimatori italiani, attraverso la loro Società scientifica (SIAARTI) hanno elaborato fin dal 2003 una serie di documenti a supporto dei percorsi decisionali nelle Terapie Intensive.
 
Il documento allegato, "Raccomandazioni di etica clinica per l'ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili", del 5/3/2020, pur intendendo porsi nel solco della riflessione etica precedentemente tracciata e consolidata dal quadro deontologico e normativo di riferimento, ha suscitato in alcuni perplessità e, tra i non addetti ai lavori, anche sdegno.
 
In realtà il documento si spinge ad affrontare lo scenario ipotetico della necessità di applicare il principio di giustizia, che afferma l'eguale valore di ogni persona a prescindere da ogni discriminazione e la possibilità per ognuno ad accedere al più alto standard di cure mediche, compatibilmente con le risorse disponibili, nella possibilità concreta che queste ultime possano iniziare a scarseggiare, con particolare riferimento al contesto delle Terapie Intensive italiane e alla epidemia in corso.
 
Sotto questa luce, il documento altro non fa che richiamare all'attenzione dei colleghi che stanno sostenendo questa nuova sfida, la necessità di applicare con particolare cura quei principi di appropriatezza e proporzionalità che sono alla base della nostra professione e che vengono già applicati ogni giorno dagli Anestesisti-Rianimatori.
 
L'epidemia in atto non ha fatto altro che porre in maggiore evidenza questo aspetto difficile del nostro lavoro, in cui il "triage", cioè il criterio di ammissione in Terapia Intensiva, deve valutare se le specifiche condizioni cliniche dei pazienti possono avvalersi di un trattamento altamente invasivo e se sono prevedibili severi effetti collaterali, tenendo conto oltre che del quadro clinico del paziente, della sua "fragilità", condizionato anche dall'età biologica, più che da quella anagrafica, e del pre-esistente stato funzionale.
 
Si possono verificare condizioni in cui, in base ai suddetti criteri, può essere indicata l'ammissione in Terapia Intensiva per un paziente più anziano, ma meno fragile in quanto caratterizzato da un quadro clinico più favorevole.
 
Fatta salva la volontà del paziente di non accettare terapie aggressive, a prescindere dalla disponibilità o meno di risorse, esistono condizioni in cui è opportuno stabilire un tetto di trattamento, escludendo l'escalation a forme più estreme di cura.
 
Così contestualizzato, il documento della SIAARTI non va in alcun modo interpretato come uno stimolo a impiegare acriticamente indicatori di esclusione per i pazienti che necessitano di cure intensive, ma come uno strumento decisionale che si affianchi alla imprescindibile valutazione clinica, in condizione estreme quali quelle a cui, purtroppo, l'epidemia in atto ci potrebbe costringere.
 
E' opportuno che quanto oggetto di queste considerazioni possa trovare omogeneo recepimento in tutte le strutture ospedaliere, ed in particolare nei contesti di alta intensità di cura, al fine di evitare strategie assistenziali e decisionali difformi nel territorio della Regione.
 
 
Camillo Barbisan
Responsabile Servizio di bioetica Azienda Ospedaliera di Padova
 
Davide Mazzon
Direttore UO Anestesia e Rianimazione Belluno; Comitato Etico SIAARTI; Docente di Bioetica-Università di Padova;
 
Paolo Navalesi
UOC Istituto di Anestesia e Rianimazione, Azienda Ospedale – Università di Padova

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