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Giovedì 05 MARZO 2020
Coronavirus. Paoli (Cisl Trentino): “Mmg a rischio. Vengano tutelati”
Il sindacato chiede alla Direzione Generale dell’Assessorato risposte chiare e provvedimenti efficaci, soprattutto nei confronti di quei medici in quarantena che non vengono retribuiti come i dipendenti. “Non possiamo mettere a repentaglio il nostro lavoro per chi, invece, dovrebbe riconoscerci l’impegno costante e tutelare la salute dei cittadini trentini tutti”
“A trenta giorni dall’inizio della crisi da coronavirus i medici di medicina generale trentini stanno lavorando in condizioni particolarmente critiche, addirittura obbligati da chi sta impartendo loro ordini, che vanno contro il contratto delle guardie mediche per motivi personali che esulano dal nostro lavoro”.
Questo l’allarme lanciato da Nicola Paoli, segretario segretario Generale regionale di Federazione Cisl medici del Trentino
“Nonostante la task-unità di crisi provinciale, con le continue assicurazioni delle Autorità locali alla popolazione, la mancata fornitura, da parte dei distretti sanitari di area territoriale, di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI), indispensabili per proteggerci dal rischio di contrarre l’infezione – ha affermato – mettono i nostri professionisti in pericolo costante non solo di infettarsi, ma anche di passare la infezione a 1500 pazienti ciascuno, tenuto conto del carico di lavoro che supera di gran lunga quello degli anni scorsi, comprensivo dei sintomi da influenza sovrapponibili a quelli da coronavirus.
Guardie mediche e medici di medicina generale rimangono i primi interlocutori per i pazienti, e soprattutto per gli assistiti non autosufficienti ed in fase terminale con cui questi vengono a contatto quotidianamente. Con profondo senso etico, deontologico e normativo non possiamo, ciononostante esimerci dall’aiutare il prossimo come abbiamo sempre fatto e sempre faremo, anche laddove ci chiamano per tossi o febbri inesistenti
La mancanza di mascherine, gel igienizzante, occhiali è stata fino ad oggi corretta solo dall’arte di sapersi arrangiare anche a proprie spese. Alcuni medici di medicina generale, che sono stati ordinati in autoquarantena o quarantena dalla Direzione aziendale, per un contatto a rischio o coronavirus positivo, non possono lavorare né svolgere la professione dai propri studi ma solo con conconsulenza telefonica e prescrizione di terapie ripetitive dal proprio domicilio, per non far mancare l’assistenza ai propri pazienti. Venendo aiutati, fuori contratto, nelle visite ambulatoriali o domiciliari, dai colleghi in associazione.
Ciò è dovuto al rifiuto dell’Apss di mettergli a disposizione immediatamente supplenti che possano supplire alla loro assenza, nonostante nella Legge 16 del 2010 ci siano le soluzioni per arrivare immediatamente ad una soluzione del problema. Va detto inoltre che l’Apss si rifiuta di fare il tampone salivare nei confronti dei nostri medici che hanno denunciato di essere stati a contatto con casi sospetti provenienti dalle zone rosse o addirittura dai casi coronavirus positivi di Trento.
È chiaro a tutti come l’eventuale positività di un sanitario operante sul territorio, possa avere, in questo contesto, un impatto nefasto profilatticamente parlando. Tutto questa superficialità da parte aziendale e provinciale nei confronti della medicina generale fa percepire a tutta la categoria, ed ai colleghi con sintomi, una profonda distanza da parte delle istituzioni nei confronti di chi si trova in prima linea per arginare questa criticità, con mezzi spesso insufficienti. Noi abbiamo bisogno della buona politica per curare meglio noi stessi ed i nostri cittadini, non certo di sederci ad un tavolo di contrattazione a firmare accordi che ci disprezzano e ci rendono dipendenti anziché convenzionati. Si faccia un esame di coscienza, la politica, e si domandi se ha fatto tutto il possibile per metterci nelle condizioni di curare al meglio e di rispettarci al massimo.
Pertanto - conclude - abbiamo chiesto alla Direzione Generale dell’Assessorato, vista l’assenza costante dell’Assessore Segnana, risposte chiare e provvedimenti efficaci, soprattutto nei confronti di quei medici in quarantena che non possono uscire di casa e non vengono retribuiti come i dipendenti, rischiando di restare senza pane per i propri figli. Non possiamo mettere a repentaglio il nostro lavoro per chi, invece, dovrebbe riconoscerci l’impegno costante e tutelare la salute dei cittadini trentini tutti”.
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