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Giovedì 23 GENNAIO 2020
Le prime “tre” priorità per la sanità 2020. Forum con i sindacati della medicina convenzionata. Rispondono i leader di Smi, Snami e Fismu (quarta parte)
Aspettative, timori e richieste per il 2020 della sanità concentrate nelle prime tre priorità che si dovrebbero affrontare per dare una svolta al sistema sanitario italiano. In questa terza puntata rispondono Pina Onotri, Segretario nazione dello Smi, Francesco Esposito, Segretario generale Fismu e Angelo Testa, Presidente nazionale dello Snami.
Con l'arrivo del nuovo anno Quotidiano Sanità ha voluto promuovere un forum con diverse associazioni sindacali del settore per mettere a fuoco preoccupazioni e aspettative. Dopo la prima e la seconda puntata con i sindacati della Dirigenza medica e la terza puntata con i sindacati della medicina convenzionata in questo quarto appuntamento abbiamo sentito Pina Onotri, Segretario nazione dello Smi, Francesco Esposito, Segretario generale Fismu e Angelo Testa, Presidente nazionale dello Snami.
Nel 2020 sono molteplici le sfide che attendono la sanità italiana. Quali sono le vostre 3 priorità?
Pina Onotri, Segretario nazionale Sindacato Medici Italiani (Smi)
I medici di medicina generale in Italia sono circa 50 mila ed i loro stipendi da oltre 10 anni non sono adeguatamente rivalutati sulla base dell’inflazione registrata annualmente dall’ISTAT.
Occorrerebbe al fine di assicurare ai medici di medicina generale almeno il completo adeguamento dei compensi al tasso di inflazione rilevato dal 2009 al 2019, prevedendo da parte dello Stato e delle Regioni finanziamenti adeguati destinati alla contrattazione collettiva nazionale, a partire dal triennio 2019-2021. I colleghi di altri paesi membri dell’Unione Europea, in particolare i medici francesi e tedeschi godono di trattamenti salariali superiori al 30-40% dei salari dei medici italiani.
Questa scelta può contribuire ad avvicinare i salari dei medici italiani a quelli dei colleghi europei ponendo un freno al fenomeno migratorio verso l’estero. Da diversi anni, infatti, assistiamo ad un forte fenomeno di emigrazione di sanitari verso i paesi dell’Europa.
Si renderebbe, in questo modo, più attraente la professione medica soprattutto per i giovani medici che sarebbero incentivati a restare in Italia, impendendo in questo modo l’implosione del SSN. Stesso discorso varrebbe per i medici dirigenti.
Pari opportunità nella professione medica. Oggi una donna medico su due ha un solo figlio; una su tre è single, molte rinunciano alla professione o alla maternità. Sono forti le discriminazioni in tema di maternità per le donne-medico convenzionate, ovvero medici di famiglia, guardie mediche e 118, specialisti ambulatoriali, pediatri. Sono forti le criticità anche per l’adozione, l’affido, il diritto delle professioniste al riposo per allattamento.
Le attuali disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità prevedono uno specifico trattamento per i riposi giornalieri della madre ‘lavoratrice’, intendendo in tal senso unicamente i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro, nonché i soci lavoratori di cooperative, ma escludendo le donne medico convenzionate .
Lo SMI si batte per introdurre asili nido nelle strutture ospedaliere e nelle ASL sul modello di quello impiantato al Ministero della Salute. Occorre studiare sistemi di flessibilità oraria, anche per i medici che lavorano in equipe e dipartimenti di emergenza, per permettere la conciliazione tra professione e accudimento familiare.
Ci battiamo affinché nell’Accordo Nazionale Collettivo di medicina generale si vari una norma ad hoc per i medici in convenzione che contempli il riposo per allattamento con i relativi riconoscimenti economici.
Sulle pari opportunità, siamo orgogliosi di aver fatto riconoscere il punteggio per l’astensione obbligatoria di gravidanza a livello delle graduatorie regionali; vorremmo, adesso, che fosse riconosciuto un indennizzo per donne vittime per violenze di genere sul posto di lavoro, nonché che sia dato alle donne medico la possibilità di usufruire dell’opzione donna prevista dalla legge n. 147/2014 sulle pensioni.
Ricambio generazionale nella professione medica e formazione post laurea. Da diverso tempo si lancia a più riprese l’allarme sulla carenza specialisti e generalisti. L’accesso alla facoltà di medicina è a numero chiuso, quindi c’è una programmazione nazionale. Il numero di laureati supera il numero di quanti possono accedere ad una qualsivoglia specializzazione, di molte migliaia di unità. Come dire che la programmazione nazionale pecca in eccesso oppure la formazione post laurea in difetto.
Ogni Regione pianifica il numero di medici abilitati da ammettere ai corsi di Formazione Specifica per diventare Mmg, secondo la stima del fabbisogno.
Le regioni del Nord denunciano la carenza di Mmg, mentre le Regioni del Centro Sud hanno ragionato in termini diversi, largheggiando in posti nei corsi di formazione in Medicina Generale e in questo caso di carenza non si parla proprio.
Le scuole di specializzazione non tengono conto del reale fabbisogno e nei prossimi anni ci sarà una seria carenza legata alle specialità più complesse.
Proponiamo un concorso nazionale unico per specializzazione e formazione in MG che tenga conto del fabbisogno sanitario per tipologia di popolazione da assistere. Sosteniamo la trasformazione del corso di formazione in specializzazione con equiparazione delle relative borse di studio.
Il Sindacato Medici Italiani è al fianco dei giovani medici, per garantire loro un futuro professionale di qualità e azzerare l’imbuto formativo che non permette l’accesso alla professione e sconfiggere la precarietà.
Per le nuove leve bisogna voltare pagina, affinché la professione diventi un lavoro attrattivo per chi deve garantire tutti i giorni il diritto alla salute dei cittadini italiani.
Francesco Esposito, Segretario generale Fismu
La Quarta riforma è l’unica via di uscita dalla crisi che attanaglia e sta demolendo la sanità pubblica, per ritornare a rispondere adeguatamente alla mutata domanda di salute, alle sfide della cronicità e dell’invecchiamento della popolazione.
Al ministro Speranza, all’attuale governo, lo diciamo con chiarezza: nel 2020 è urgente mettere la basi per avviare un processo di modernizzazione e riorganizzazione dei servizi e di rilancio e valorizzazione del personale del SSN, attraverso due gambe, una istituzionale e una normativa: la ridefinizione del malinteso federalismo e delle competenze stato-regioni, un nuovo contratto unico dei medici.
Con queste premesse e con questo orizzonte strategico, è però, necessario, ed opportuno, fare un piano complessivo per tappe, con obiettivi di corto e medio periodo. Con tempi e risorse certe ed adeguate, frutto di un ampio coinvolgimento dei sindacati, delle istituzioni ordinistiche e delle associazioni scientifiche.
In questa sede indicheremo solo tre priorità a breve termine.
1) La lotta al precariato cronico, dare soluzione al problema dei camici grigi e riforma della formazione e dell’accesso. In gran parte delle regioni i piani di rientro hanno esasperato ancor più il problema delle assunzioni, ci sono medici assunti dopo ben 15 anni di precariato in forza di normative speciali. Il precariato nell’area convenzionata, con i ritardi pluriennali nella pubblicazione delle zone carenti e gli incarichi tempo determinato nella guardia medica e nell’emergenza territoriale (118), dove non si fanno neanche i corsi di formazione, senza limiti e senza sanzioni per gli amministratori. Il passaggio a dipendenza definitivo dei medici del 118 ancora convenzionati.
Quindi, il nodo dell’imbuto formativo, frutto di una programmazione sbagliata che ha creato oltre diecimila “precari” senza titolo specialistico, non perché non siano ‘bravi’(!), ma perché i posti di specialità non sono sufficienti. L’accesso alla facoltà seleziona in rapporto uno a dieci, quindi quelli più bravi, sono gli stessi che superano 40 esami per laurearsi e dopo laureati un esame di abilitazione per poi trovarsi con…un pugno di mosche. Una situazione che porta a continue “guerre tra poveri”, all’interno della classe medica. Allora, meglio cambiare rotta: da subito i medici laureati in ospedale e a formarsi nel territorio con percorsi paralleli ma efficaci. Infine, il corso di formazione in medicina generale deve diventare specializzazione con pari dignità e deve uscire dalla gestione sindacale e ordinistica.
2) riorganizzare il sistema di emergenza e delle cure primarie sul territorio e dell’ospedalità.
Tre gli assi:
a) culturale e, quindi, organizzativo, cioè l’abbandono della cosiddetta medicina di attesa e il potenziamento di quella di iniziativa e anche delle forme associative, mettendo in rete h24, tutte le figure professionali, assistenza primaria e pediatria, continuità assistenziale, specialistica Ambulatoriale e 118, per gestire la presa in carico del paziente, con una mutata domanda di salute che vede come prima sfida quella dell’invecchiamento della popolazione e della cronicità. Con un investimento anche sulla modernizzazione delle strutture e per la diagnostica di primo livello e il personale infermieristico e di segreteria (e bloccando i processi di demedicalizzazione e privatizzazione),.
b) normativo, con la vista al prossimo contratto unico di tutti i medici italiani, introdurre da subito l’accesso unico, il ruolo unico e il tempo pieno.
c) invertire il processo continuo di impoverimento dell’ospedalità. Più personale, sblocco del turn over, centralità del medico nella governance delle strutture.
3) Si deve avviare la messa in sicurezza della sanità pubblica italiana, anche con un investimento sull’edilizia: la paura non può più accompagnare il lavoro di migliaia di professionisti oggetto di aggressioni, spesso lasciati soli a lavorare in ambulatori inadatti e pericolosi. Ben venga una maggiore presenza delle forze dell’ordine, della video sorveglianza, una diversa organizzazione delle strutture. Ma anche una modifica alla normativa che tuteli davvero il medico, che è a tutti gli effetti un rappresentate dello Stato.
Infine, dal 2020 per avviare questa Quarta Riforma, serve cambio di mentalità, a partire dal frammentato mondo sindacale, un nuovo modo di fare politica: i medici hanno bisogno di luoghi del confronto e di elaborazione delle idee per poter rappresentare con compattezza proposte serie e di lungo respiro ai partiti, al Governo, al parlamento. Mettersi in discussione per essere davvero capaci di difendere i medici e per essere di nuovo classe dirigente nelle grandi questioni del nostro Paese, per la sanità e per il welfare.
Questo New Deal deve interessare anche il nostro, un poco “in affanno”, sistema ordinistico e previdenziale. Anni fa, la Cumi-Aiss lanciò un Decalogo che sottoscrisse tutta la categoria, dopo anni, è ancora di grande attualità. Si riparta anche da quello spirito, da quella capacità di dialogo. Se non ora quando!
Angelo Testa, Presidente nazionale dello Snami
Bomba atomica e ricostruzione. Non è una provocazione, ma la amara considerazione che se non spazziamo via radicalmente vecchie abitudini e costruiamo qualcosa di serio ,la sanità pubblica verrà ingoiata dal privato incombente con buona pace di chi l’ha difesa negli anni e verrà consegnata su un piatto d’argento a chi, definanziandola all’infinito e non programmando, l’ha di fatto “suicidata”.
Per noi dello Snami, attraverso le adeguate dotazioni finanziarie e di organico per tutta la Medicina territoriale del SSN,” post bomba atomica”, priorità assoluta, le 3 priorità relative sono:
1) non snaturare la professione del Medico di Medicina Generale affibbiandogli mansioni che non gli competono. 2) risolvere i problemi di burocrazia e liste d’attesa 3) programmazione e formazione dei Medici del comparto.
Il Medico di Medicina Generale, primo contatto fra il Cittadino ed il Sistema Sanitario deve essere messo nelle condizioni ottimali per svolgere il proprio ruolo nell’ affrontare i problemi sanitari del Cittadino e risolverli in studio (o a domicilio!) personalmente nel 75 – 80 % dei casi, senza coinvolgere altre figure professionali. Affibbiargli nuovi ruoli ed improbabili compiti di diagnostica di primo livello significherebbe allontanarlo dal suo ruolo fondamentale, distogliendolo dall’azione clinica per la quale è preparato e mettendolo nelle condizioni di lavorare male, creando nel contempo illusorie aspettative nel Cittadino. Un Medico di Famiglia sgravato dalla soffocante burocrazia cartacea ed informatica, quella inutile, stupida e farraginosa, lavorerebbe molto meglio nel suo campo d’azione naturale, ovvero diagnosi e terapia, evitando ove possibile, il ricorso a strutture esterne e riducendo così le liste d’attesa. Il 2020 potrebbe essere l’anno decisivo in cui mettere in uso un applicativo informatico di interconnessione tra tutti gli operatori della Sanità previo collaudo sul campo da parte di Medici esperti nel settore e recependo (invece di ignorarle) le loro osservazioni.
Inoltre la gestione delle cronicità, competenza nella quale il Medico di Medicina Generale può dare il meglio di se, va elaborata assieme ai rappresentanti dei Medici del Territorio, e non imposta dall’alto con delibere che non favoriscono di certo l’adesione dei Medici stessi. Se il governo non prevede risorse idonee a cascata le falle si apriranno nelle Regioni e nei territori, a peggiorare la situazione attuale in cui ci sono già aree geografiche, soprattutto nel nord Italia, dove è quasi impossibile trovare un medico, con ripercussione negativa sulle categorie sociali più esposte, a cominciare dagli anziani, che non sempre sono nelle condizioni di spostarsi per raggiungere i centri più vicini .La programmazione deve riguardare sia le risorse finanziarie sia le dotazioni di organico, per assicurare i livelli essenziali di assistenza, così anche salvaguardando la figura del medico da quello che riteniamo un attacco di altre professionalità come gli infermieri e gli psicologi di famiglia.
La medicina territoriale e quella ospedaliera necessitano di un numero adeguato di medici formati come abbiamo in questi anni denunciato ripetutamente. Cambiano i governi ma la programmazione universitaria, specialistica e lavorativa rimane scellerata e non adeguata ai bisogni di salute della popolazione. È ormai indispensabile rivedere il piano di studi e il numero programmato della facoltà di medicina e chirurgia e delle specialità, perché non si tratta “solo” di rendere precaria la classe Medica del presente ma si compromette il diritto alla salute pubblica del futuro.
La mancata programmazione porta alla carenza cronica ed irreparabile di operatori sanitari, ma anche alla fuga dei nostri giovani Medici verso l’estero per impossibilità di completare il loro percorso formativo, ed anche prendere le distanze da un lavoro non più appetibile sotto l’aspetto economico. Uno sguardo particolare deve essere dato all’ inquadramento fiscale dei colleghi di continuità assistenziale, che seppur lavoratori autonomi, si vedono decurtare dai propri stipendi delle trattenute da “lavoratori dipendenti”, senza però poter usufruire di malattia, tredicesima, ferie e tfr. Inoltre la legge di stabilità penalizza i regimi fiscali forfetari.
L’insicurezza delle sedi di continuità assistenziale e dei Medici che vi operano, la scarsa e mala organizzazione del servizio di emergenza sanitaria territoriale con territori vasti e ostili provvisti spesso di una sola ambulanza medicalizzata, senza un intervento risanatorio, sono il preludio alla estinzione dei servizi sanitari territoriali.
Allora per un ripensamento in chiave moderna della governance del Ssn, per garantire la sostenibilità del sistema a lungo termine, in un contesto in cui c’è il problema dell’invecchiamento della popolazione, dove è evidente la disparità di servizi e condizioni di salute tra le regioni del Nord e quelle del Sud e va considerato l’accesso alle innovazioni, facciamo “esplodere l’atomica” sull’attuale cristallizzazione del sistema sanitario nazionale e iniziamo dalle priorità che abbiamo indicato.
Se poi su questi temi e quelli concreti e pratici del nostro pensiero Snami, sui pronto soccorso da rinforzare, sulla prevenzione medica, sulla rimodulazione dei ticket ,sul rispetto delle classi di priorità nelle prescrizioni e su come allontanare gli asini e certa politica dalla sanità pubblica, il Ministro Speranza ,da addetti ai lavori e secondo sindacato della convenzionata, vuole sentirci ,siamo disponibili. Al momento, stranamente, ha sentito tutti e non vuole parlare con Noi. Solo Lui, probabilmente, sa il perché!.
A cura di Luciano Fassari
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