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Mercoledì 21 MARZO 2012
Cavicchi scrive a Troise: "Medici, il problema non è solo lo stato giuridico"

Serve un cambiamento complessivo del sistema, cambiare i contenitori senza cambiare i contenuti, l’esperienza lo dimostra, è un finto cambiamento che danneggerebbe sia il medico che la medicina.

Caro Costantino, amico di tante battaglie e di tante discussioni, era un bel po’ che aspettavo uno “sbotto”  di orgoglio da parte dell’Anaao. Certo che c’è ne voluto. Di rospi ne  avete dovuti ingoiare  tanti e non sempre, fammelo dire per non apparire scioccamente accondiscente, da vittime innocenti e sprovvedute. Considero sinceramente la tua intervista, politicamente molto  importante. Uno dei tanti segni significativi  della pesante situazione in cui si trova la sanità.

Quindi  benvenuto nel partito trasversale sempre più affollato  di chi vuole cambiare  perché non se ne può più. Benvenuto tra coloro che non temono di bestemmiare se dicono che la 229 va ripensata, che l’azienda alla faccia della Bocconi che ce l’ha confezionata, fa acqua da tutte le parti, e tra coloro che temerari immaginano perfino  nuovi orizzonti giuridici e contrattuali per gli operatori. Benvenuto nel  tempo del ripensamento  del mondo la famosa post-modernità ma anche in quello dell’autoripensamento  con il quale tutti noi proviamo, non senza difficoltà, a ricontestualizzarci nella storia. Per me, l’ho detto tante volte, l’autoripensamento nel caso dei medici è preliminare a qualsiasi rivendicazione. Una volta, in un convegno a Padova ospite della Fnomceo, ho sostenuto che aveva poco senso ripensare il medico senza ripensare l’azienda, ma ora  che la critica all’azienda cresce  aggiungo che  avrebbe poco senso ripensare l’azienda senza ripensare anche il medico. E’ il problema che a me piace chiamare della “coevoluzione” cioè  una idea di cambiamento che agisce contestualmente su più  leve  usando le interconnessioni tra le cose. Resto convinto che avremmo dovuto  mettere mano a tale coevoluzione e a tale  ripensamento, almeno trenta anni fa  ma il sindacalismo medico del tempo, aggirò lo scoglio e suo malgrado finì con il consegnarci un medico segnato dall’inattualità. La “questione medica” che oggi ci sta scoppiando tra le mani, come tutti sanno, nasce  da  lontano e da questa tensione irrisolta tra medicina  e cambiamento. In questi anni per restare a galla ma affondando sempre un po’ di più, si è tentato di tutto, compreso le soluzioni che oggi sono considerate come nefaste, dirigenza e stato giuridico compreso. 

Tuttavia, leggendo l’intervista  di Troise, di cui sottolineo ancora l’importanza, il dubbio che si voglia continuare a galleggiare ma senza fare i conti seriamente con i propri ritardi, mi è venuto. L’impressione è che il medico sia in fondo in fondo una vittima della sopraffazione aziendalistica, da risarcire in qualche modo e intorno alla quale si deve ricostruire tutto. Troise dice  che i medici soffrono l’insufficienza dello stato giuridico, egli parla di ossimoro tra dipendente e dirigente creato dalla 229, quindi si lamenta che il contenitore del pubblico impiego  va stretto ed è  penalizzante fino a far  intravedere una vaga idea di ridiscussione della dipendenza. Infine egli aggiunge  che bisogna ridisegnare i modelli di organizzazione, riprogettare un nuovo sistema al fine di tutelare il ruolo professionale del medico. Va tutto bene…ma quale medico giustificherebbe tutto ciò? Egli resta quello che è stato sino ad ora e rispetto al quale il mondo si deve adeguare? Oppure è disposto a cambiare? Di quale ruolo professionale  parliamo? Il dubbio a uno come me viene perché, in questi trent’anni, le ragioni pur comprensibili di Troise, ricordo di averle sentite  a più riprese e  in varie forme (vi ricordate la battaglia per la categoria speciale, per il contratto separato,ecc?).

Io credo, lo dico davvero con affetto al mio amico Costantino, che se pensiamo che si possa definire un nuovo statuto giuridico del medico a professione e a medicina invariante sia non solo un ristagnare nell’errore storico, ma per il medico e per la medicina una autentica tragedia. Credo anche che sia possibile superare l’ossimoro dipendente/dirigente. Io stesso ho avanzato un’idea che va in questa direzione, ma credo anche che il presupposto sia un altro tipo di medico. Non trovo per nulla velleitario ridiscutere la dipendenza o la convenzione, ma credo che la ridiscussione debba poggiarsi su una nuova transazione tra autonomia e  responsabilità che presuppone un altro genere di medico e un altro genere di medicina. Inoltre credo che cambiare i contenitori senza cambiare i contenuti  l’esperienza lo dimostra è un finto cambiamento che danneggerebbe sia il medico che la medicina. Infine per quanto concerne la libera professione, capisco bene le preoccupazioni di Troise, (non dimentichiamoci  che lui è il segretario di un sindacato), ma  vorrei che si  riflettesse sul fatto che quella che Troise stesso definisce la “gratificazione professionale” deve essere prima di tutto nel lavoro prevalente del medico, non in quello “aggiuntivo” della libera professione. Se è vero che il medico nelle aziende non riesce ad “esprimere e a valorizzare le proprie capacità”, ebbene forse questo meriterebbe una “rivoluzione” una piccola…per  carità.

Altrimenti non si capirebbe  perché  bisognerebbe cambiare l’azienda o, perché  dovremmo ridisegnare modelli, cambiare  organizzazioni,e ripensare il sistema.  Infine il mio amico Troise  teme che il superamento della libera professione non sia un “affare” per lo Stato (450 mln di tasse e 170 milioni di euro per le aziende ). Qui di ideologico non c’è proprio niente. Basti ricordare i dati recenti pubblicati dal Censis sulla spesa privata e sul crollo del gradimento dei cittadini. La sanità è il tipico esempio di equilibrio difficile tra interesse generale e interesse particolare. Modestamente dico solo che se si riducesse solo un po’ il grado di antieconomicità sommersa del sistema sanitario dovuto soprattutto ad inattualità delle organizzazioni, ad arretratezza dei modelli, ad anacronismi dei comportamenti professionali, a costi inutili come la medicina difensiva e il contenzioso legale, a inappropriatezze varie, a ruberie di ogni tipo,soldi per pagare meglio i medici ce ne sarebbero e come. Quindi ripropongo il quesito: quale medico e quale medicina ci propone l’Anaao nella post-modernità e nel post-welfarismo?

Ivan Cavicchi


















 

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