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Giovedì 19 DICEMBRE 2019
Italiani sempre più longevi: nel 2018 toccato il massimo storico con media una di 82,3 anni alla nascita. Il rapporto Bes 2019
In media 80,9 anni per gli uomini e 85,2 anni per le donne. Al Nord si vive un anno in più rispetto al Sud. Ma il gap sale a 3 anni se si considera la speranza di vita in buona salute alla nascita che a livello medio nazionale si ferma a 58,5 anni. Prosegue poi la riduzione della mortalità infantile e di quella per tumori. Nota dolente quella sulla diffusione di stili di vita più salutari che procede a rilento, con l’unica eccezione della percentuale di persone sedentarie. IL RAPPORTO BES 2019
Nel 2018, la speranza di vita alla nascita in Italia raggiunge il massimo storico, 82,3 anni (80,9 anni per gli uomini e 85,2 anni per le donne) ponendoci al secondo posto in Europa dopo la Spagna. Il dato spicca nell’ultima edizione (la settima) del rapporto Bes pubblicata oggi dall’Istat.
Il Bes offre una lettura del benessere nelle sue diverse dimensioni, ponendo particolare attenzione agli aspetti territoriali. Gli indicatori del Bes, in tutto 130, sono articolati in 12 domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.
Per quanto riguarda la salute il rapporto rileva che la maggiore longevità femminile si accompagna a condizioni di salute più precarie: una donna di 65 anni può aspettarsi di vivere in media altri 22,5 anni, di cui 12,7 anni (il 56,4%) con limitazioni nelle attività; mentre per un uomo della stessa età la speranza di vita è 19,3 anni, di cui 9,3 anni (48,9%) con limitazioni.
Un altro dato sotto esame è quello della speranza di vita in buona salute alla nascita che al Nord è più alta di 3 anni rispetto al Mezzogiorno (59,3 contro 56,3 anni), quella a 65 anni senza limitazioni è più alta di 2 anni (10,6 al Nord contro 8,6 anni del Mezzogiorno).
Nota dolente quella sulla diffusione di stili di vita più salutari che procede a rilento, con l’unica eccezione della percentuale di persone sedentarie (che non praticano alcuna attività fisica nel tempo libero) che passa dal 37,9% del 2017 al 35,7% del 2018.
Nel 2018, le regioni del Mezzogiorno (49,6%) continuano ad avere i valori più elevati per l’eccesso di peso (43,3% Centro e 41,9% Nord).
Per i fattori di rischio per la salute si conferma il ruolo protettivo del titolo di studio, con una maggiore attenzione ai comportamenti più salutari tra i più istruiti. Fa eccezione il consumo non adeguato di alcol, su cui il titolo di studio non sembra avere effetti.
Ma ecco i risultati nel dettaglio:
Aumenta la speranza di vita, ma gli anni da vivere in buona salute sono stabili
Nel 2018, la speranza di vita alla nascita raggiunge il valore più alto fino ad oggi, 82,3 anni. Rispetto al 2017 si vive in media 0,3 anni in più. Per gli uomini il numero di anni di vita media attesa alla nascita raggiunge 80,9 anni e per le donne 85,2 anni. Nel 2018 il differenziale di genere (4,3 anni) rimane sul livello dell’anno precedente.
La speranza di vita in buona salute alla nascita si mantiene invece sostanzialmente stabile (58,5 anni nel 2018).
Si mantiene lo svantaggio delle donne e dei residenti nel Mezzogiorno per i principali indicatori di salute
Gli anni di vita in buona salute attesi alla nascita nel 2018 sono 57,6 per le donne e 59,4 per gli uomini, con un differenziale di genere costante nell’ultimo anno. Nel 2018, una donna di 65 anni può aspettarsi di vivere in media ancora 22,5 anni, ma di questi 12,7 saranno vissuti con limitazioni nelle attività; un suo coetaneo invece vivrà in media ancora 19,3 anni, di cui 9,3 con limitazioni.
Nel 2018, la speranza di vita alla nascita nel Nord è di 1 anno più lunga rispetto al Mezzogiorno, mentre per la speranza di vita in buona salute alla nascita l’entità delle differenze territoriali tra Nord e Mezzogiorno è di circa 3 anni.
Il divario si è ridotto di 1 anno rispetto al 2017 a causa della diminuzione del valore dell’indicatore al Nord, mentre è rimasto stabile nel Mezzogiorno. Tutte le regioni del Mezzogiorno mostrano valori inferiori alla media nazionale, sia per la vita media in buona salute attesa alla nascita, sia per quella senza limitazioni a 65 anni.
Nel 2018 l’indice di salute mentale resta stabile rispetto al 2017 (67,8 %) e lo sono anche i differenziali di genere, con il consueto svantaggio delle donne (65,9% per le donne vs 69,2% per gli uomini), per tutte le fasce di età, ma le differenze si accentuano molto nell’età anziana.
Nel Mezzogiorno si registrano i valori più bassi dell’indice di salute mentale. Tuttavia, tra le regioni del Nord, il Piemonte presenta valori vicini a quelli della maggioranza delle regioni del Mezzogiorno (66,1%), mentre la Sardegna è l’unica regione del Mezzogiorno ad attestarsi su livelli simili a quelli delle regioni del Nord, con un valore che supera i 70 punti percentuali.
Prosegue la riduzione della mortalità infantile e di quella per tumori
I tassi di mortalità infantile nel 2016 sono in lieve calo rispetto al 2015 (2,9 per mille nati vivi nel 2015 rispetto a 2,8 nel 2016). Per i bambini i valori di mortalità infantile sono più elevati che nelle bambine (3,0 per mille nati vivi maschi, 2,6 se femmine).
Il contributo maggiore alla diminuzione è legato al miglioramento dell’indicatore al Centro, dove il tasso passa da 2,9 a 2,6 per 1.000 nati vivi. Nel Nord e nel Mezzogiorno il tasso resta costante per il terzo anno consecutivo (rispettivamente 2,5 e 3,4 per 1.000).
Nell’età adulta (20-64 anni) è particolarmente rilevante la mortalità per tumori maligni, considerata prematura e, almeno in parte, evitabile se contrastata con un’adeguata prevenzione e una diagnosi tempestiva.
Nel 2016, il tasso di mortalità per queste patologie è pari a 8,7 per 10.000 residenti ed è diminuito rispetto al 2015 (8,9 per 10.000 abitanti). Nel 2016 il tasso di tumori maligni per le donne è di 7,7 per 10.000, valore inferiore sia al 2015 che al 2014 (8 e 7,9 per 10.000, rispettivamente).
Negli uomini la mortalità è più elevata: il valore nel 2016 è pari a 9,6 per 10.000 abitanti. A livello territoriale si conferma e tende ad ampliarsi lo svantaggio del Mezzogiorno. Il valore più elevato dell’indicatore, sia per gli uomini sia per le donne, si registra in Campania (rispettivamente 11,7 e 9,0 per 10.000 abitanti).
In lieve calo la mortalità per demenze e per malattie del sistema nervoso
In una popolazione come quella italiana, caratterizzata da una aspettativa di vita molto elevata e quindi da una notevole percentuale di persone anziane, sono molto diffuse patologie come le demenze e le malattie del sistema nervoso per le quali il tasso di mortalità è pari a 31,2 per 10.000 abitanti. Le donne hanno un tasso di mortalità pari a 32,2 per 10.000 abitanti, gli uomini a 30.
Stabile il tasso di mortalità per incidenti stradali tra i giovani
Nel 2018, il tasso di mortalità per incidenti stradali tra i giovani si è mantenuto sui livelli dell’anno precedente (0,7 decessi per 10.000 residenti di 15-34 anni). Il tasso di mortalità stradale per il totale della popolazione, invece, mostra una lieve flessione rispetto al 2017 (-1%).
Migliora la sedentarietà, mentre restano stabili gli altri stili di vita
Nel 2018 l’indicatore che misura la sedentarietà nella popolazione italiana segna un miglioramento, passando dal 37,9% del 2017 al 35,7% nel 2018. La diminuzione riguarda soprattutto le donne (-2,7 punti percentuali per le donne e -1,7 per gli uomini).
Dal 2016 al 2018, la quota di persone in eccesso di peso nella popolazione adulta è rimasta invariata dopo l’aumento rilevato rispetto al 2015. Nel 2018, le regioni del Mezzogiorno continuano ad avere i valori più elevati. Tuttavia, il differenziale rispetto al Centro si riduce, a causa dell’aumento della quota delle persone in sovrappeso o obese nelle regioni centrali (che passa da 41,9% a 43,3%). Per 13 regioni su 21 la quota di adulti in eccesso di peso è aumentata nel 2018 con valori massimi in Liguria ed in Molise (circa 4 punti percentuali).
Anche nel 2018 si conferma la maggiore diffusione dell’eccesso di peso tra gli uomini (54,3 % rispetto a 35,8% delle donne). Nel 2018 la quota di popolazione che fuma resta sostanzialmente stabile (19,4 %). Il Centro si conferma la ripartizione con la quota maggiore di fumatori, peraltro in aumento (22,4% nel 2018 rispetto a 20,3% nel 2017).
Restano stabili nell’ultimo anno i valori relativi alla percentuale di persone che hanno abitudini rischiose nel consumo di alcol e, sul versante degli stili di vita sani, alla quota di persone che consumano quotidianamente quantità adeguate di frutta e verdura. Il Nord persegue uno stile di vita meno salutare rispetto alle altre ripartizioni per quanto riguarda il consumo eccessivo di alcol, più elevato rispetto alle altre ripartizioni geografiche (19,5% nel Nord, 16,7% nel Centro e 12,9% nel Mezzogiorno).
Il Centro è la ripartizione in cui una maggiore quota di persone consuma adeguate quantità di frutta e verdura (22,2% rispetto al 21,8 % nel Nord e al 15,1% nel Mezzogiorno).
Significative le differenze per titolo di studio
Gli indicatori del dominio salute mostrano una relazione significativa con il livello di istruzione raggiunto dalle persone. L’indicatore della speranza di vita alla nascita varia significativamente a sfavore delle persone con i livelli d’istruzione inferiori. L’aspettativa di vita media alla nascita è pari a 82,3 anni per gli uomini con livello di istruzione alto e scende a 79,2 anni per i meno istruiti (-3,1 anni).
Per le donne il divario è più basso: da 86 a 84,5 anni (-1,5 anni). Anche per i fattori di rischio per la salute si conferma il ruolo protettivo del titolo di studio, con una maggiore attenzione ai comportamenti più salutari tra i più istruiti.
Fa eccezione il consumo non adeguato di alcol, su cui il titolo di studio non sembra avere effetti. Il titolo di studio influenza positivamente anche le condizioni di salute mentale, anche se con differenze meno accentuate.
Il confronto internazionale
Nel 2017, con 83,1 anni, l’Italia si conferma al secondo posto per la speranza di vita alla nascita nella graduatoria dei 28 Paesi Membri dell’Unione Europea (80,9 anni il valore medio), dopo la Spagna (83,4 anni).
La situazione cambia se si analizzano i dati per genere: nel 2017 un uomo nato in Italia, così come in Svezia, ha l’aspettativa di vita più elevata rispetto a tutti i paesi dell’Unione Europea, ossia 80,8 anni. Una donna italiana può aspettarsi di vivere fino a 85,2 anni, meno che in Francia (85,6 anni) e in Spagna (86,1) (il valore medio UE è di 83,5 anni).
L’evoluzione della speranza di vita a 30 anni mostra forti differenze a seconda del livello di istruzione: in alcuni dei Paesi dell’Ocse i più istruiti possono aspettarsi di vivere in media circa 5,5 anni di più dei meno istruiti.
Tali divari sono più accentuati tra gli uomini: i più istruiti possono vivere 6,9 anni in più rispetto ai meno istruiti, mentre per le donne il differenziale per livello d’istruzione è di 4 anni. Nei paesi dell’Europa dell’Est, i differenziali per titolo di studio sono significativamente elevati in Slovacchia, dove la vita media attesa per un uomo di 30 anni con titolo di studio alto è di 14,4 anni in più rispetto ad uno meno istruito e in Lettonia dove una donna più
istruita vive 8 anni di più di una meno istruita.
I livelli di diseguaglianza sociale più contenuti si registrano per le donne in Grecia (2,4 anni) e in Francia (2,6 anni) e per gli uomini nel Regno Unito (4,4 anni) e in Italia (4,5 anni).
L’allungamento della vita si accompagna, soprattutto nella popolazione anziana, alla diffusione di patologie croniche. In Italia, l’aspettativa di vita senza limitazioni a 65 anni (9,8 anni) è di poco inferiore alla media Ue (10,2), ma molto più bassa rispetto ai 15,8 anni della Svezia.
Gli ultimi dati disponibili indicano che sia la mortalità complessiva sia quella infantile sono tornati a diminuire in Italia, che si conferma il paese con i valori più bassi insieme a Francia, Spagna e Svizzera.
Dall’analisi dei dati della mortalità per incidente stradale per la popolazione generale nel 2018 si continua a registrare, seppure in misura contenuta rispetto al 2017, un calo per la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea.
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