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Mercoledì 27 NOVEMBRE 2019
La lotta all’antibioticoresistenza e gli infermieri



Gentile Direttore,
il tema del controllo delle infezioni diventa sempre più importante. In Italia non brilliamo certo, e le statistiche sull’antibiotico-resistenza ci ammoniscono, anzi ci bocciano senza pietà perché paghiamo l’abuso di antibiotici con morti più che in altri Paesi. 
 
Lodevoli iniziative di responsabilizzazione stanno emergendo, e se da un lato i prescrittori dovranno rivedere le loro scelte terapeutiche con la stewardship, dall’altra i professionisti sanitari dovranno contenere con le buone pratiche assistenziali il dilagare delle infezioni. 
 
Non certo con le vecchie abitudini bensì con i cosiddetti “bundles” che nacquero in USA come risposta proattiva a eventi infausti. In primis il lavaggio mani, pietra dello scandalo sin dai tempi di Semmelweis, ma questione cruciale che spronó Nightingale a ripensare l’assistenza infermieristica dalle basi stesse: l’igiene come bisogno vitale, su rigorose analisi epidemiologiche. 
 
Chi conosce la triste vicenda di Semmelweis, si può consolare nel sentirsi additato come “rompiscatole”, “pignolo”, “fobico” quando insiste nell’invitare tutti all’igiene delle mani nei modi e nei tempi giusti: a lui toccó ben di peggio. Ed era medico. Noi infermieri siamo forse masochisti, ma esserlo fino a diventare untori, no! 
 
Quindi sacrosante le buone pratiche, e sacrosanto l’invito a lottare tutti contro il dilagare delle infezioni e le resistenze, sia nella prescrizione che nell’assistenza. 
 
Oggi si cerca localmente di fare passi avanti rispetto al semplice “referente infezioni” andando nella direzione del “fare squadra”, divenire punti di connessione interprofessionale (link nurse). Occorre tuttavia maggiore riconoscimento: molti infermieri non vengono qualificati come “esperti” o “specialisti” come si dovrebbe da contratto, tantomeno quelli che si occupano di infezioni! Ma torniamo indietro: la legge cosa prevede?
 
Curiosamente, nel decreto ministeriale 739/94 (profilo professionale dell’infermiere), troviamo una premessa caduta nel dimenticatoio: “Ritenuto che, in considerazione della priorità attribuita dal piano sanitario nazionale alla tutela della salute degli anziani, sia opportuno prevedere espressamente la figura dell'infermiere geriatrico addetto all'area geriatrica anziché quella dell'infermiere addetto al controllo delle infezioni ospedaliere, la cui casistica assume minor rilievo”.
 
25 anni fa forse erano tempi felici, in cui le infezioni correlate all’assistenza calavano invece di aumentare. Oggi non possiamo dire altrettanto, meno che mai in Italia! 
Uscito dalla porta, forse quell’infermiere “addetto al controllo delle infezioni ospedaliere” sta rientrando dalla finestra. Speriamo non da solo. 
 
 
Ivan Favarin
infermiere

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