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27 OTTOBRE 2019
Le competenze “esclusive” delle professioni sanitarie vanno maneggiate con cura
Gentile Direttore,
libertà, autonomia ed indipendenza, con le conseguenti responsabilità, sono aspetti ormai acquisiti della professione del Fisioterapista. Sorprende che si senta il bisogno, da parte medica, di rinfocolare una guerra di trincea su “competenze esclusive del medico” per proteggere confini, sì esistenti, ma tracciati con regole che, ormai, non hanno niente a che vedere con il recente passato.
Il Fisioterapista certamente non fa il medico, come è altrettanto vero che, ormai, il medico non può fare il Fisioterapista, “nel reciproco rispetto delle rispettive competenze professionali”.
Immediatamente dopo la legge 42/99, che abolì l’ausiliarietà, fu approvata, dopo un lungo iter parlamentare, la legge 251/2000.
L’articolo 2, che tratta delle professioni riabilitative, contiene due peculiarità che le distinguono da tutte le altre aree: la titolarità professionale e l’attività diagnostica.
L’autonomia professionale, confermata per tutte le professioni, ha un distinguo per le professioni riabilitative che svolgono la loro attività con “titolarità ed autonomia professionale”. Questo, significa una cosa molto semplice: il medico può consigliare (prescrivere) terapie di competenza del fisioterapista e delle altre professioni riabilitative, ma la titolarità è di questo professionista che le applica se sono corrette ed adeguate, assumendosene la responsabilità.
La seconda peculiarità, attribuita con una norma primaria, prevede il riconoscimento di un’attività diagnostica preliminare allo svolgimento dell’attività professionale: “procedure di valutazione funzionale al fine di espletare le competenze proprie previste dai rispettivi profili professionali”.
Tutto questo non ha fatto altro che adeguare la legislazione a una sentenza della Corte di Cassazione penale che, nel 1998, condannò un nostro collega (che nei primi gradi di giudizio era stato assolto con la tesi che aveva eseguito le prescrizioni del medico) precisando che:” incombe sul fisioterapista, nell’espletamento della sua attività professionale, un obbligo di accertamento delle condizioni del paziente traumatizzato prima di compiere manovre riabilitative che possono rilevarsi dannose… ”. Ricordo che, nel 1998, l’unico riferimento, per la Corte, era il profilo professionale che conteneva, quindi, già evidenti elementi di autonomia, pur essendo ancora presente la classificazione di “professione sanitaria ausiliaria”, che fu cancellata l’anno seguente.
Per meglio chiarire la corretta condotta professionale del Fisioterapista, vediamo insieme alcuni articoli del Codice deontologico che è stato aggiornato nel 2011, e rivisto da Cittadinanzattiva:
Articolo 12 - Il Fisioterapista ha la responsabilità diretta delle procedure diagnostiche e terapeutiche adottate.
Articolo 13 - Il Fisioterapista svolge la sua attività professionale in via autonoma o in collaborazione con altri professionisti.
Articolo 14 - A proposito della visita fisioterapica: “Il Fisioterapista effettua la valutazione fisioterapica attraverso l’anamnesi, la valutazione clinico-funzionale e l’analisi della documentazione clinica…” e ancora “la diagnosi fisioterapica costituisce il risultato del processo di ragionamento clinico ed è preliminare all’intervento fisioterapico”.
In sintesi, per un Fisioterapista questi sono i processi indispensabili, necessari e non negoziabili, per esercitare correttamente la professione e rispondere in maniera efficace alle esigenze della persona assistita.
I Fisioterapisti non vogliono altro che fare i Fisioterapisti. Invito quindi tutti ad usare con parsimonia e senso di responsabilità l’aggettivo “esclusivo” se riferito alle competenze professionali presenti in ambito sanitario.
Mauro Gugliucciello
Già Responsabile stesura e revisione Codice Deontologico Fisioterapisti
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