quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 07 MARZO 2012
Depressione e gravidanza. I farmaci fanno veramente male?

Uno studio olandese dimostra che ci sono rischi per il feto delle mamme che continuano ad assumere antidepressivi in gravidanza. Ma i ricercatori precisano: “Anche interrompere il trattamento per la depressione materna potrebbe avere ripercussioni sulla salute fetale”.

Alcune donne affette da disturbo depressivo, quando rimangono incinte devono prendere una decisione a volte dura: continuare a prendere farmaci per curare il loro disturbo oppure smettere per paura che questi possano far male al feto. Un recente studio dell’Università di Rotterdam, pubblicato su Archives of General Psychiatry non dipana ancora del tutto la controversia, ma fa luce su alcuni dei rischi e dei benefici di continuare la somministrazione di antidepressivi in gravidanza.
 
Il lavoro, dunque, ancora non prova che gli inibitori selettivi della ricapitolazione della serotonina (SSRI), ovvero i farmaci usati proprio in caso di disturbi dell’umore, causino dei problemi nello sviluppo dei bambini o quantomeno non dimostrano ancora che le differenze che provocano abbiano effetti a lungo termine. Le scoperte del team olandese aggiungono qualche pezzo al puzzle che vede protagoniste circa il 6% delle donne che incinte.
I ricercatori hanno considerato un campione di 7.696 donne gravide, tra cui 570 con problemi di depressione non curati, e 99 cui erano stati prescritti antidepressivi. Nell’utero, i bambini delle prime guadagnavano peso più lentamente del normale e anche le loro teste crescevano meno. Quelli delle seconde invece, non presentavano differenze nello sviluppo corporeo, ma gli SSRI avevano un effetto maggiore sull’aumento del volume della testa, che veniva rallentato in media di 0,18 millimetri a settimana, cosicché al parto il loro cranio risultava circa 4 millimetri più piccolo degli altri. “Si potrebbe pensare che mezzo centimetro non sia poi così tanto, ma noi pensiamo che non sia così”, ha spiegato Henning Tiemeier, che ha coordinato lo studio. “Dato che in generale la grandezza del cranio dei neonati è piuttosto costante, crediamo che una variazione di 5 millimetri sia sostanziale”.

Questo, in altri studi, era stato talvolta collegato a problemi comportamentali e psichiatrici successivi, per i bambini. I farmaci inibitori selettivi della ricapitolazione della serotonina riescono a penetrare attraverso la placenta e potrebbero raggiungere il cervello, compromettendone lo sviluppo, hanno spiegato i ricercatori. Ma il team precisa anche che questo studio non può ancora dimostrare che questo possa aumentare le probabilità che il bambino che nascerà avrà problemi mentali o fisici in futuro.
 
Inoltre, secondo lo studio,i bambini esposti agli antidepressivi avevano anche più possibilità di nascere prematuri: circa il 10% delle mamme che assumevano farmaci SSRI andavano incontro a parti pretermine, contro il 6% di quelle non trattate e il 5% di quelle non depresse.
Ecco perché i ricercatori consigliano che le donne depresse che vogliono avere una gravidanza consultino un medico per capire se continuare o no la loro terapia farmacologica. “I farmaci potrebbero risultare rischiosi, ma sicuramente non possiamo dire con certezza che non sia il caso di continuare a prenderli”, ha spiegato Tiemeier. Anche perché il corretto trattamento delle mamme con disturbi depressivi potrebbe avere effetti benefici sul feto in molti modi.

Per questo il team consiglia in una nota che studi su questo argomento vengano continuati. “Rimane cruciale tentare di bilanciare i possibili effetti negativi della terapia sbagliata per la depressione materna con i rischi che abbiamo mostrato esistere per l’assunzione di farmaci SSRI in gravidanza. Abbiamo bisogno di ulteriori ricerche”, hanno scritto nello studio. “Altrimenti il problema della prescrizione di antidepressivi in gravidanza rimarrà ancora a lungo una controversia irrisolta”.
 
Laura Berardi

© RIPRODUZIONE RISERVATA