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Venerdì 18 OTTOBRE 2019
Antibiotico resistenza. Dalla Società d’Igiene un vademecum con le 7 mosse per contrastarla

Intensificazione dei controlli, uso prudente degli antibiotici, sviluppo sistemi sorveglianza attiva, aumento coperture per vaccini antinfluenzale e test microbiologici nelle cure primarie. Queste alcune delle azioni suggerite dalla Siti per fermare l’impatto della resistenza antimicrobica che in Italia fa oltre 10mila morti l’anno.

Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, capacità acquisita da ceppi di microorganismi di resistere all’effetto di farmaci antibiotici in precedenza efficaci, riveste interesse crescente per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Il fenomeno è in espansione, e pone di continuo nuove sfide, determinate dall’insorgenza e diffusione di super bugs con nuovi meccanismi di resistenza, innescando problemi sia di ordine clinico, che per la sanità pubblica. Si stima che la resistenza agli antibiotici sia responsabile nel mondo di circa 700.000 decessi ogni anno, con un trend in crescita che potrebbe raggiungere, in assenza di provvedimenti efficaci e coordinati, i dieci milioni nel 2050, secondo quanto riportato dal Interagency Coordination Group (IACG) on Antimicrobial Resistance, istituito da ONU e OMS nel 2016, nel rapporto pubblicato ad aprile 2019.
 
“Anche se l’antibiotico-resistenza costituisce un problema globale, le differenze epidemiologiche tra i vari Paesi sono rilevanti – spiega Fabrizio Gemmi, Presidente della sezione regionale SItI della Toscana -, e sono determinate dalle diverse politiche di uso degli antibiotici (in clinica, medicina veterinaria e in agricoltura) e dall’estensione e intensità delle pratiche di infection control. Inoltre - prosegue Gemmi -, tenuto conto che la resistenza antimicrobica può estendersi con lo spostamento di persone e animali o con gli scambi di alimenti o altri possibili veicoli, è necessario che siano coordinati gli sforzi a livello continentale e mondiale”.
 
In Europa si registrano oltre 670.000 infezioni da germi multi resistenti ogni anno, con 33.000 decessi. Tra i Paesi europei, l’Italia è uno di quelli più colpiti, con circa 10.000 morti l’anno (ECDC, 2018).
 
Per fornire un indirizzo coordinato e sostenibile per contrastare il fenomeno dell’antibiotico resistenza, integrando tutti i settori interessati secondo l’approccio one health, il Ministero della Salute ha sviluppato il Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza 2017-2020 (PNCAR).
 
Le azioni da attuare per contrastare il fenomeno dell’antibiotico resistenza interessano direttamente gli specialisti in Igiene e Sanità Pubblica, sia per gli aspetti della professione di carattere organizzativo, sia per le attività di specifica competenza.
 
1) Intensificazione dell’infection control negli ospedali e nelle strutture socio sanitarie, compresa la promozione dell’igiene delle mani e la sanificazione e disinfezione degli ambienti, degli oggetti e delle attrezzature: i batteri multi resistenti possono essere trasmessi tra gli individui, determinando l’insorgenza e il mantenimento di veri e propri focolai epidemici.
 
2) Promozione di programmi per un prudente uso degli antibiotici, tramite la diffusione dell’antimicrobial stewardship, la formazione per i professionisti e le campagne informative rivolte ala popolazione: il tasso di antimicrobico resistenza può ridursi se si interrompe per congrui periodi l’esposizione a tali farmaci.
 
3) Estensione della copertura per la vaccinazione antinfluenzale: per contenere le occasioni di utilizzo improprio degli antibiotici.
 
4) Sviluppo di sistemi di sorveglianza attiva, per disporre tempestivamente d’informazioni epidemiologiche dettagliate a livello locale, regionale e nazionale: l’epidemiologia dell’antibiotico resistenza mostra variazioni tra aree geografiche vicine, i clinici necessitano di dati affidabili per le decisioni sull’antibiotico terapia ragionata e per la profilassi chirurgica.
 
5) Implementazione della sorveglianza ambientale: batteri multi resistenti, antibiotici e loro metaboliti, di origine umana, animale e ambientale si ritrovano nelle acque e nel terreno.
 
6) Promozione dell’uso di test microbiologici nelle cure primarie: per stabilite l’eziologia virale o batterica di una infezione.
 
7) Sviluppo di reti di laboratori microbiologici efficienti e la loro interazione con i clinici: per favorire l’accessibilità alle tecnologie di diagnostica rapida e ridurre le terapie antibiotiche empiriche o inappropriate.

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