quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Lunedì 14 OTTOBRE 2019
Cessione ospedale S. Antonio di Padova. I sindacati dicono no e chiedono un confronto
Anaao Assomed, Aaroi Emac, Cimo, Cgil Medici, Cisl Medici e Uil scrivono ai Dg dell’Aulss 6 Euganea e dell’Aou di Padova, richiamando alla necessità di tutela dei diritti e delle legittime aspettative dei lavoratori. Anaao: “La cessione dell’ospedale all’Aou è un processo complesso e delicato” sul quale, peraltro, come “non sono state fornite fino ad ora informazioni esaurienti e tempestive”.
Con una lettera intersindacale indirizzata ai direttori generali dell’Azienda Aulss 6 Euganea e dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, i rappresentanti dei medici ospedalieri delle sigle sindacali Anaao Assomed, Aaroi Emac, Cimo, Cgil Medici, Cisl Medici e Uil della Aulss 6 hanno ribadito la propria contrarietà all’operazione di cessione dell’Ospedale Sant’Antonio all’Azienda Ospedale-Università, chiedendo ai sensi della normativa contrattuale un primo tavolo di consultazione e di confronto dopo l’annuncio datato 16 settembre scorso sul passaggio programmato per il 1° gennaio 2020. “È l’ulteriore risposta all’unica convocazione ufficiale fissata fino ad ora – quella di settembre – e che segue immediatamente la pubblicazione della delibera n. 835 della Aulss 6 sul piano attuativo del passaggio diffusa il 7 ottobre”, spiega l’Anaao Assomed Veneto in una nota che riferisce della lettera inviata dagli altri sindacati.
Nella lettera, riferisce ancora l’Anaao Assomed, "i sindacati richiamano le necessità di tutela dei diritti e delle legittime aspettative dei lavoratori con una serie di tematiche e problematiche che “necessitano di una discussione articolata e approfondita: mobilità, retribuzione e carriere, monte orario eccedente residuo, ferie residue, fondi compreso budget formazione, dotazioni organiche, comodato d’uso gratuito e gestione-manutenzione strumentazioni”. Ribadiscono inoltre come sia “assolutamente limitato il tempo a disposizione per una discussione su una riorganizzazione così complessa e delicata, e come non siano state fornite fino ad ora informazioni esaurienti e tempestive inerenti la complessità della cessione relegate fino ad ora a un’unica convocazione sindacale, sollecitando alla massima collaborazione, a non assumere condotte elusive e a non disattendere gli obblighi contrattuali, secondo un’adeguata e coerente dinamica delle relazioni sindacali improntate a buona fede, correttezza, trasparenza, efficacia, efficienza e tempestività”.
“La delibera - per il sindacato - segna infatti l’ennesimo schiaffo alle richieste presentate da oltre sei mesi a Regione e Amministrazioni sulla necessità di un normale e ragionevole confronto su tutte le problematiche sul passaggio contro ogni indifferenza burocratica”.
"È la prova provata della disumanizzazione delle relazioni tra datore di lavoro e lavoratori – dichiara il segretario aziendale Anaao Assomed della Aulss 6 Mirko Schipilliti, medico al Sant'Antonio – È da marzo che chiediamo la partecipazione a tavoli e confronti secondo normativa, abbiamo raccolto migliaia di firme, ci sono state manifestazioni di protesta, e con questa delibera ci trattano come un fanalino di coda per una discussione addirittura nel mese di novembre! Ovvero: prima si fa e si disfa, poi si sentono i lavoratori, quando i giochi sono ormai fatti. Ma la complessità del processo avrebbe dovuto coinvolgere tutti fin da subito. Non esiste relazione e rispetto per chi manda avanti il funzionamento di interi ospedali con abnegazione e professionalità anche a fronte delle note carenze negli organici. Non abbiamo sostenuto i nostri concorsi nella Aulss 6 per diventare i tappabuchi degli altri, e non siamo una torta da spartire per nessuno, né da svendere. È questo il risultato finale che si meritano medici e operatori sanitari? Una vergogna”.
L’Anaao attacca ancora e parla di “schede ospedaliere modificate in cui inizialmente il Sant’Antonio nemmeno esisteva; comunicati stampa della Regione ambigui; un Direttore Generale che si reca ai comizi politici del partito di maggioranza sulla sanità veneta senza incontrare i propri dipendenti – anche loro sono cittadini – nonostante gli inviti a un confronto sul Sant'Antonio; un altro che dichiara che i medici del Sant’Antonio contrari si contano sulle dita di due mani quando sono in realtà due terzi del totale; il presidente della V Commissione Sanità della Regione che annuncia in aprile che si sarebbe recato al Sant’Antonio ‘per testimoniare in prima persona che i cittadini non hanno nulla di cui preoccuparsi', senza essersi mai visto fino ad ora”.
E poi “i sindacati convocati poco prima di ferragosto per poi essere rimandati a settembre come a scuola nonostante qualcuno fosse rientrato dalle ferie, dagli impegni familiari, o avesse spostato gli appuntamenti assistenziali per partecipare alla discussione, la Commissione bilaterale Sant’Antonio convocata solo una volta; il preside della Scuola di Medicina dell'Università di Padova che dichiara che l'annessione del Sant'Antonio è necessaria per assicurare qualità e sicurezza nelle cure, quando la letteratura scientifica non dice affatto questo; il 16 settembre si cita la “cessione di ramo d’azienda”, ma viene negata la mobilità volontaria dei dipendenti che nel precedente incontro in Commissione bilaterale era stata invece assicurata come possibile; si richiama persino la necessità di una Legge Regionale ancora inesistente per cedere gratuitamente il patrimonio immobiliare del Sant’Antonio per non incorrere in problemi contabili e di bilancio; il Consiglio di direzione dell’Aulss 6 approva il piano attuativo all’unanimità (poteva essere diversamente se non si può contraddire quanto stabilito in sede regionale?); il paradosso del Consiglio dei sindaci dove i territori con minor densità di abitanti e quindi minor bisogno assistenziale vorrebbero decidere cosa serva al territorio a più alta densità di popolazione e di complessità assistenziale come quello padovano; infine, una delibera che presenta un piano attuativo congiunto che è solo un canovaccio massimamente generico, aleatorio e impalpabile: se fosse il documento di un'azienda quotata in borsa assisteremmo solo a un drammatico crollo delle sue azioni”.
“Questa - continua la nota dell’Anaao - la serietà dello scenario in cui si sta muovendo la cessione forzata di un ospedale di fatto clinicizzato perché offerto all’Università padovana e alle sue prerogative, non dimentichiamolo. Manca un vero cronoprogramma, mancano i dettagli di come dovranno essere regolate e normate tutte le attività attualmente in essere di ogni servizio e dei suoi dipendenti e di come le due realtà dovranno integrarsi nelle loro funzioni. Si parla di uno “specifico piano di comunicazione”. E quale? Solo il capitolo 3.2 della delibera riporta “aree di intervento” talmente numerose e importanti che risulta impossibile credere che possano essere normate entro il 31.12.19. L’organizzazione del progetto è stata seguita da un team interaziendale, che saremmo curiosi di sapere quante volte si è incontrato e cosa ha davvero analizzato e deciso visto che il piano ad oggi manca nei dettagli.”
Secondo il sindacato “emerge finalmente dalla delibera che il Sant’Antonio eroga prestazioni e ricovera soprattutto residenti Ulss e ultra 65enni, pazienti con verosimile più alta percentuale di fragilità e necessità di collegamento con il territorio per dimissione protetta ed assistenza domiciliare, nell’ambito di una popolazione destinata ad invecchiare sempre di più. Il Sant’Antonio risponde quindi in primis ai bisogni di salute dei residenti, ma si regaleranno a breve circa 55 milioni di attività assistenziale ogni anno all’Azienda Ospedale-Università con 32 milioni di beni immobili in un solo colpo. Con quali conseguenze e implicazioni economiche e assistenziali? A poco meno di quattro mesi dal trapasso non è ancora chiaro. Si parla di “definizione contratto” dal 28.11 al 17.12. Cosa vorrà mai dire?”.
“Quello che si evidenzia ancora una volta – aggiunge Schipilliti – è il clima di false certezze e di vere incertezze in cui stanno vivendo tutti i lavoratori del Sant’Antonio da mesi nella totale indifferenza di politici e amministratori, danneggiando il benessere lavorativo e organizzativo sui cui grava la delicatezza delle cure per i cittadini, un dato – questo sì certo e documentato in letteratura – su cui nessuno vuole ancora riflettere. Chi cura le persone non è una pedina, né un burocrate. Una mentalità aziendalistica cinica e supponente ha invece ormai cancellato ogni relazione umana e professionale preferendo il confronto nei tribunali, dato che, come qualcuno ha dichiarato, «ben vengano i ricorsi”, e anche sul Sant’Antonio il ricorso al TAR è stato infatti presentato.
“È stato dichiarato alla stampa già in maggio che ‘ci sarà la massima attenzione per il personale’. La pretendiamo - incalza il sindacato -, con un incontro urgente. Altrimenti è la fine della democrazia partecipativa. O si dovrà attendere fiduciosi dicembre, e che Babbo Natale porti il piano esecutivo addolcendo tutti? Passaggi drastici, drammatici e delicatissimi si offrono sotto le feste, una strategia subdola ma ancora di moda purtroppo. I sindacati sperano tuttavia che, come a ferragosto, questo folle piano possa slittare evitando di provocare solo danni”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA