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Giovedì 10 OTTOBRE 2019
Bambini prematuri e incremento nutrizionale
Un ampio studio condotto in 55 ospedali del Reno Unito ha valutato il rapporto tra incremento della quantità di latte giornaliero nei bimbi prematuri e sviluppo di patologie e disabilità. La quantità di latte introdotta non sembra avere alcun peso sui tassi di prevalenza ed incidenza delle patologie legate alla prematurità
L’aumento della quantità di assunzione di latte nei neonati prematuri non sembra rappresentare una scelta dirimente in termini di sviluppo di comorbidità. Nei test basati su due incrementi diversi, 30 ml per chilogrammo di peso corporeo al giorno o 18 ml per kg, i tassi riportati di sopravvivenza, sepsi, enterocolite necrotizzante e problemi con disabilità dello sviluppo neurologico non sono stati significativamente differenti.
Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, è stato condotto in 55 ospedali, quasi tutti nel Regno Unito. Precedentemente, alcuni studi limitati avevano suggerito che il lento avanzamento dei volumi di nutrizione enterale potrebbe ridurre le probabilità di enterocolite necrotizzante, ma aumentare il rischio di sepsi ad esordio tardivo.
Lo studio
Il nuovo studio ha confrontato la salute di 1.224 neonati prematuri che hanno ricevuto un’alimentazione a incremento più rapido con 1.246 bambini il cui consumo di latte è cresciuto a un ritmo più lento. Tutti sono nati prima delle 32 settimane di gestazione o avevano un peso alla nascita inferiore a 1.500 g. I tassi di sopravvivenza a 24 mesi senza disturbi del neurosviluppo moderati o gravi sono stati del 65,5% con l’alimentazione più rapida e del 68,1% con quella più lenta (P = 0,16).
Il tasso di sepsi a esordio tardivo è stato del 29,8% con nel primo caso e del 31,1% nel secondo, una differenza non significativa (rapporto di rischio aggiustato di 0,96 con un intervallo di confidenza del 95% da 0,86 a 1,07). E mentre il 5% dei bambini che hanno ottenuto il loro latte più velocemente ha sviluppato enterocolite necrotizzante, il tasso fatto registrare dai bambini che venivano nutriti più lentamente è stato del 5,6%, un valore del tutto comparabile (rapporto di rischio aggiustato di 0,88 con un intervallo di confidenza da 0,68 a 1,16).
Il team di ricerca – guidato da Jon Dorling, della Division of Neonatal–Perinatal Medicine, Dalhousie University di Halifax (Canada) – non ha inoltre riscontrato alcuna differenza nei risultati secondari come la morte prima della dimissione, la durata media dell’alimentazione parenterale o del tempo necessario per raggiungere il volume di alimentazione del latte completo di 150 ml per kg di peso corporeo.
Il tasso di mortalità nei due gruppi è stato del 5,6% per chi è stato sottoposto a nutrizione più veloce e del 6,2% nel gruppo ad alimentazione lenta. I tassi di durata in terapia intensiva o degenza ospedaliera generale non sono stati diversi. Il tasso di insufficienza motoria moderata o grave è stato più elevato nel gruppo con alimentazione più rapida, con un tasso del 7,5% rispetto al 5% nel gruppo con nutrizione più lenta, ma la differenza era appena significativa (rapporto di rischio aggiustato di 1,48 con una confidenza del 95% intervallo da 1,02 a 2,14).
Tra tutti i sottogruppi di bambini analizzati, gli unici che hanno mostrato una differenza sono stati quelli nutriti solo con latte in formula. I loro tassi di sopravvivenza senza disabilità del neurosviluppo moderata o grave sono stati del 40% nel gruppo con alimentazione più rapida rispetto al 70% nel gruppo con alimentazione più lenta, ma solo 70 dei 2.465 bambini con dati completi sul tipo di latte sono stati nutriti con latte in formula.
“Le analisi dei sottogruppi ad alto rischio sono state rassicuranti, perché non vi era alcun suggerimento di risultati peggiori con incrementi più rapidi rispetto a incrementi più lenti”, hanno concluso i ricercatori.
Fonte: N Engl J Med 2019
Gene Emery
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
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