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04 MARZO 2012
Ictus. Arriva il farmaco che funziona anche se somministrato tardi

L’attacco ischemico è un evento vascolare che va trattato nei minori tempi possibili, ma da oggi una molecola sviluppata in Canada potrebbe regalare ore preziose ai medici che si occupano di cardiologia d’urgenza: un farmaco presentato su Nature si è dimostrato efficace anche a 3 ore dall’ictus.

Per evitare i danni permanenti al cervello, spesso letali, a seguito di un ictus, c’è un solo modo: agire in fretta. Esiste infatti un unico trattamento approvato per sciogliere il coagulo che dà luogo all’evento vascolare e dunque evitare i danni provocati da una mancanza di ossigeno troppo prolungata ed è l’uso della proteina Tpa (tissue plasminogen activator). Questa funziona però solo se somministrata entro 90 minuti dall’ictus, ma non sempre i casi di ictus riescono ad essere trattati entro questo tempo limite. Un farmaco sperimentale presentato su Nature potrebbe però oggi risolvere questo problema, allungando i tempi di azione fino a tre ore.
 
A proporre questa possibilità sono dei ricercatori del Toronto Western Hospital in Canada, che hanno testato su macachi un farmaco sperimentale, inibitore della proteina Psd-95, dalle caratteristiche sorprendenti. Queste molecole intervengono infatti nel processo che innesca la morte cellulare quando il cervello viene privato di ossigeno, interrompendolo.
Le scimmie colpite da ictus e trattate con i medicinali entro un ora risultavano dopo 24 ore avere il 55% in meno di tessuti danneggiati rispetto agli altri. Dopo 30 giorni i risultati rispetto ai primati non trattati erano anche migliori: i macachi ai quali era stato somministrato il farmaco mostravano addirittura il 70% di danni in meno.
Ma soprattutto, gli inibitori Psd-95 dimostravano di essere efficaci anche se somministrati a tre ore dall’ictus, ottenendo risultati simili a quelli riscontrati quando veniva fornito dopo un’ora.
Per ottenere questi dati i ricercatori hanno usato la risonanza magnetica per misurare il volume di cervello danneggiato ogni giorno per il mese successivo all’attacco ischemico, e hanno condotto nel frattempo sulle scimmie esami comportamentali.
 
Secondo gli scienziati la cosa importante di questo studio,oltre al risultato in sé, è che il farmaco è stato sperimentato sui primati. “Nello scorso mezzo secolo sono state sviluppate oltre 1000 molecole che promettevano di curare il danno cerebrale perché i test su topi o cavie andavano bene. Poi si provavano sugli esseri umani e non funzionavano”, ha spiegato Michael Tymianski, ricercatore del team che ha condotto lo studio. “Ma il fatto che questo farmaco funzioni sulle scimmie ci dà qualche garanzia in più”. Tanto che i primi risultati delle sperimentazioni cliniche, condotte dallo stesso Tymiansky, sembrano dare risultati promettenti.
 
Laura Berardi

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