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Lunedì 23 SETTEMBRE 2019
La medicina d’iniziativa non sia medico-centrica
Gentile Direttore,
concordando con l’articolo di E. Messina sugli aspetti di natura sindacale della Medicina di’iniziativa, rilevo in generale ancora una volta un approccio troppo centrato sulla componente medica. Sarebbe a mio parere più opportuno parlare di “sanità” d’iniziativa, in quanto senza l’apporto di altre figure professionali, segnatamente quelle del settore infermieristico, non sarebbe stato possibile attuare la presa in carico e il coinvolgimento dei malati cronici e dei loro familiari in un percorso di prevenzione e cura delle polipatologie in essere.
Per gli infermieri la Sanità d’Iniziativa ha significato rispettare i contenuti dei percorsi clinico assistenziali standard definiti dai professionisti all’interno dell’Azienda Sanitaria di riferimento e sulla base delle indicazioni fornite dalla Regione, e in particolare, personalizzare alcuni aspetti all’interno di questi percorsi, se e quando indicato dal Medico di Famiglia. La personalizzazione dell’assistenza, di concerto con il medico di MG, implica aver iniziato a conoscere profondamente la persona, avere chiare le risorse personali e familiari disponibili, comprendere le difficoltà personali e socioeconomiche ed attivarsi per trovare soluzioni originali e spesso individuali ai bisogni di salute.
Per l’implementazione del modello organizzativo-gestionale della SdI le figure maggiormente coinvolte sono i medici di MG e gli infermieri; questo, forse, ha reso ancora più vivo tra le due professioni, l’arcaica preoccupazione legata alla presunta invasione di ruolo e di attività, alla perdita di spazi di autonomia operativa, il timore per il sorgere di contrasti per il mantenimento del ruolo professionale o del suo recupero.
La sanità d’iniziativa, almeno come declinata nella Regione Toscana, si proponeva di:
- Offrire agli assistiti le massime facilitazioni nell’accesso ai servizi, utilizzando ampiamente strumenti come linea telefonica dedicata, e-mail e internet nelle relazioni tra pazienti, la famiglia e i professionisti.
- Coinvolgere i pazienti nei processi assistenziali attraverso il più ampio accesso alle informazioni, il counselling e il supporto all’autocura, attraverso personale opportunamento preparato.
- Allestire sistemi informativi in grado di documentare i risultati e la qualità degli interventi sanitari;
- Organizzare sistemi di follow-up e reminding che agevolassero il controllo dei processi di cura, in particolare nel campo delle malattie croniche, come diabete, BPCO, cardiopatica ischemica.
- Garantire l’attuazione di percorsi diagnostico-terapeutici, il conseguente coordinamento tra i diversi professionisti e la continuità dell’assistenza tra differenti livelli organizzativi come tra ospedale e territorio.
Di questo non tutto è andato a buon fine, ma in alcune realtà il processo della SdI ha portato buoni risultati come è possibile verificare consultando i dati dell’Agenzia Regionale di Sanità.
Saffi Giustini
Medico di MG Montale (PT)
Coordinatore AFT Sanità d'iniziativa
Commissione Farmaco Reg. Toscana
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