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Martedì 17 SETTEMBRE 2019
La bellezza è soggettiva. Lo dicono gli algoritmi. La ricerca dell’Universita La Sapienza
Un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza ha proposto un innovativo metodo d’analisi che utilizza gli algoritmi per indagare le proprietà del volto dalle quali dipende la percezione della bellezza del volto. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, hanno evidenziato la soggettività alla base del criterio estetico.
Un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza ha proposto un innovativo metodo d’analisi che utilizza gli algoritmi per indagare le proprietà del volto dalle quali dipende la percezione della bellezza del volto. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, hanno evidenziato la soggettività alla base del criterio estetico
Sappiamo riconoscere in modo immediato se un volto ci piace o meno, ma quali sono le proprietà del volto dalle quali dipende la percezione della sua bellezza? L'origine e il significato della bellezza del viso hanno affascinato gli studiosi per secoli, dagli antichi canoni greci, fino al più recente machine learning.
Tuttavia, nonostante l’esistenza di una letteratura ricca e multidisciplinare, molte domande fondamentali in questo ambito, sia sulla natura stessa della bellezza facciale e dei suoi determinanti, sia sull’origine delle differenze interpersonali tra i criteri estetici restano ancora senza risposta. Non sembra esistere infatti una regola semplice, in termini di poche caratteristiche di un volto, che possa determinarne con alta probabilità la bellezza percepita. Un nuovo studio del team di ricerca coordinato da Vittorio Loreto del Dipartimento di Fisica della Sapienza ha presentato un metodo alternativo d’indagine che utilizza le tecniche di inferenza statistica per lo studio quantitativo del fenomeno della percezione della bellezza del volto. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, hanno suggerito una soggettività del fenomeno della bellezza del volto in qualche modo maggiore di quella finora proposta in letteratura. L’utilizzo di tecniche innovative, sia sperimentali che di analisi dati, ha consentito ai ricercatori di determinare con precisione l’insieme di modifiche facciali (realizzate attraverso le varianti digitali di un ritratto) preferite da vari soggetti.
“Il nostro approccio, basato su algoritmi di deformazione delle immagini e su algoritmi genetici – spiega Vittorio Loreto – consente al soggetto sperimentale di “scolpire” la sua variante preferita di un volto di riferimento, navigando attraverso “aree preferite” e convergendo su caratteristiche specifiche all’interno del cosiddetto face-space o spazio del viso”.
I risultati dello studio sono compatibili con teorie sulla percezione della bellezza facciale secondo le quali il criterio estetico dei vari soggetti è influenzato dalla loro personalità e nel processo della percezione della bellezza è coinvolta l'inferenza di caratteristiche astratte (personality dimensions) che inconsciamente attribuiamo agli altri a partire dal loro volto. Il nuovo metodo consente inoltre di determinare con precisione le caratteristiche facciali (combinazioni lineari di distanze facciali) che risultano significativamente più differenti nei volti scolpiti da uomini o da donne: queste ultime tendono infatti a scolpire varianti di un ritratto femminile dal volto più largo, mentre gli uomini preferiscono modifiche facciali dello stesso volto con occhi più grandi, i zigomi più alti, minor area mascellare e nasi più stretti e corti.
I ricercatori hanno osservato inoltre che le differenze tra soggetti maschi e femmine (così come le differenze tra soggetti differenti) non risultano evidenti nelle singole distanze facciali, le quali non sono particolarmente significative, ma bensì nelle combinazioni lineari globali: le distanze tendono a variare insieme, coerentemente, da volto a volto. Questo riflette il modo olistico in cui percepiamo i volti: non valutiamo le posizioni dei singoli elementi facciali, uno alla volta, ma bensì l’armonia tra le diverse parti del volto (anche le più lontane) nel loro insieme. Così, il modo in cui viene percepita la distanza tra due elementi facciali è influenzato delle altre distanze del volto.
“Il nostro lavoro – conclude Miguel Ibáñez-Berganza, primo nome dello studio – propone un’efficace schema di analisi sperimentale nell’area di ricerca della percezione del volto (che comprende lo studio dell’inferenza di identità, di età, di attributi psicologici e la facial attractivenes). La percezione del volto è oggetto di ricerca in discipline sempre più varie, come la psicologia dello sviluppo, la biologia evolutiva, la sociologia, le neuroscienze e il machine learning”.
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