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Mercoledì 04 SETTEMBRE 2019
ESC/2 Prevenire l’infarto con gli antibiotici?
Troppo presto per dirlo (e gli studi condotti finora non hanno dato risultati positivi), ma una ricerca presentata al congresso congiunto ESC/WCC ha riacceso l’interesse sull’argomento. Le placche coronariche degli infartuati contengono batteri pro-infiammatori e il loro microbioma intestinale ha una composizione diversa da quella dei soggetti con angina stabile. La produzione di metaboliti pro-infiammatori da parte di queste popolazioni batteriche potrebbe dunque contribuire a instabilizzare le placche coronariche, a provocarne la rottura e la successiva trombosi, cioè l’infarto. Uno studio di grande interesse che potrebbe inaugurare un nuovo filone di ricerca, mirato alla prevenzione dell’infarto magari anche con un antibiotico.
I microbi potrebbero contribuire a rendere instabili le placche coronariche e dunque a provocare un infarto. A suggerirlo è una ricerca italiana presentata a Parigi al congresso della società europea di cardiologia (ESC) e del mondiale di cardiologia.
I batteri che si annidano nelle placche dei soggetti infartuati sono molto diversi da quelli del microbioma intestinale ed hanno una vocazione squisitamente pro-infiammatoria. I soggetti colpiti da sindrome coronarica acuta inoltre presentano una composizione del microbioma intestinale diversa da quella dei pazienti con angina stabile.
Sono tanti i fattori che contribuiscono a modellare il sistema immunitario, il metabolismo e la fisiologia cellulare. Tra questi, la dieta, l’inquinamento atmosferico, l’età, l’abitudine al fumo, la terapia farmacologica. Ma la loro azione, come hanno dimostrato ricerche condotte in passato, è mediata dal microbioma intestinale. L’ipotesi di fondo di questa nuova ricerca è dunque che il microbioma dell’intestino possa contribuire a instabilizzare le placche coronariche.
Per verificare questa ipotesi, Eugenia Pisano, Giovanna Liuzzo e colleghi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, hanno arruolato 30 pazienti con sindrome coronarica acuta e 10 soggetti con angina stabile. Di tutti sono stati isolati e analizzati i batteri del microbioma intestinale, da campioni di feci. I batteri delle placche coronariche sono stati invece recuperati, estraendoli dai palloncini utilizzati per l’angioplastica.
Dal confronto tra i batteri dell’intestino e quelli della placca sono emerse popolazioni differenti; i batteri fecali avevano una composizione eterogenea, con una prevalenza di Bacteroides eFirmicutes; le placche coronariche contenevano invece soprattutto microbi con fenotipi pro-infiammatori, appartenenti alle specie dei Proteobacteria e degli Actinobacteria.
Ciò sembra suggerire che i batteri pro-infiammatori, presenti nelle placche aterosclerotiche coronariche potrebbero scatenare a questo livello una risposta infiammatoria e la rottura della placca.
Notevoli le differenze di composizione del microbiota intestinale tra i soggetti con sindrome coronarica acuta e quelli con angina stabile; nei primi prevalgono Firmicutes, Fusobacteria e Actinobacteria; nei secondiBacteroides e Proteobacteria. “Le diverse sostanze chimiche prodotte da questi batteri – riflette la dottoressa Pisano – potrebbero influenzare l’instabilizzazione della placca e giocare un ruolo nell’infarto che ne consegue. Almeno in un sottogruppo di pazienti, alcuni trigger infettivi potrebbero giocare un ruolo diretto nella instabilizzazione della placca. Il microbiota dell’intestino e delle placche potrebbero avere un ruolo patogenetico nel processo di instabilizzazione della placca e potrebbe dunque rivelarsi un target terapeutico. Sarà necessario verificare con ulteriori studi se questi metaboliti batterici possano influenzare la stabilità delle placche e se una terapia antibiotica sia realmente in grado prevenire un attacco cardiaco, almeno in alcuni pazienti.”.
Maria Rita Montebelli
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