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Venerdì 09 AGOSTO 2019
Il sole: una terapia contro l’infarto

La luce del sole è vivificante, è un potente anti-depressivo, protegge le nostre ossa, fa crescere le piante. Nessuno però aveva mai sostenuto che l’esposizione ad una luce intensa potesse avere un effetto anti-infarto. Eppure è quanto suggeriscono i risultati di un singolare studio pubblicato su Cell Reports. La luce intensa aumenta l’espressione del gene PER2 e le concentrazioni di adenosina cardiaca, due condizioni che aumentano la cardio-protezione.

La luce del sole, soprattutto se molto intensa, ha un effetto protettivo contro l’infarto. E adesso, uno studio appena pubblicato su Cell Reports, rivela attraverso quali meccanismi il sole svolge la sua azione benefica su cuore e vasi.
Un gruppo di ricercatori dell’Anschutz Medical Campus dell’Università del Colorado (ricercatore senior Tobias Eckle, professore di anestesiologia) ha infatti scoperto che la luce intensa amplifica un gene particolare in grado di ‘rinforzare’ i vasi sanguigni e di proteggere dagli eventi ischemici cardiaci.
 
I ricercatori hanno tenuto dei topi sotto una luce intensa per una settimana, scoprendo che questo migliorava in maniera significativa la cardio-protezione. La terapia della luce ha infatti prodotto una drammatica riduzione del danno a carico del tessuto cardiaco, a seguito di un infarto. Secondo i ricercatori americani, anche l’uomo potrebbe trarre un notevole beneficio da questo tipo di trattamento.
 
Gli autori dello studio hanno sviluppato una strategia mirata a proteggere il cuore, utilizzando una luce intensa per manipolare la funzione del gene PER2, espresso in quella parte del cervello deputata al controllo dei ritmi circadiani. L’amplificazione di questo gene attraverso la luce protegge i tessuti cardiovascolari in condizioni di bassa ossigenazione, come accade in caso di infarto, dove l’apporto di ossigeno ai tessuti si riduce in maniera drammatica. Eckle e colleghi hanno inoltre scoperto che la luce intensa produce un aumento dell’adenosina cardiaca, che a sua volta gioca un ruolo importante nella regolazione del flusso ematico.
 
A riprova che tutte queste alterazioni benefiche fossero dovute alla luce, giunge l’osservazione che i topi ciechi non traevano alcun beneficio dai ‘bagni di luce’; in altre parole, è necessario che ci sia una percezione visiva della luce, per goderne dei benefici.
 
In una seconda parte dello studio, i ricercatori americani sono andati a valutare se un’intensa illuminazione potesse avere effetti simili sull’uomo. A questo proposito un gruppo di volontari sani è stato esposto a 30 minuti di illuminazione intensa (10.000 lux o lumens) per 5 giorni consecutivi. Anche nell’uomo, la ‘terapia della luce’ ha prodotto un aumento dei livelli di PER2, come già osservato nel topo; i trigliceridi plasmatici, utilizzati come surrogato dell’insulino-sensibilità e del metabolismo dei carboidrati sono risultati ridotti in maniera significativa; complessivamente il metabolismo in toto è risultato migliorato.
 
Secondo Eckle è noto da tempo che la luce gioca un ruolo importante nella salute cardiovascolare e nella regolazione dei processi biologici. Dati epidemiologici dimostrano che il numero degli infarti aumenta nel corso dei lunghi inverni senza luce; ma il fattore determinante sembra essere non tanto la durata della luce, quanto la sua intensità.
 
Secondo gli autori di questo studio insomma, i risultati di questa ricerca dimostrano a livello molecolare che una ‘light therapy’ intensa rappresenta una promettente strategia per il trattamento e la prevenzione di condizioni di bassa ossigenazione (ipossia) come l’infarto. Eckle ritiene che la somministrazione della ‘terapia della luce’ per una settimana prima di un intervento chirurgico cardiaco o non, ad alto rischio, potrebbe aumentare la cardio-protezione.  Partendo dai risultati scaturiti da questa ricerca si potrebbe inoltre puntare alla messa a punto di farmaci in grado di simulare l’effetto della luce intensa.
 
Si tratta naturalmente di osservazioni preliminari – ammettono gli autori – che avranno bisogno di ulteriori conferme.
 
Maria Rita Montebelli

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