quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 25 GIUGNO 2019
Oltre 4 miliardi l’anno di agevolazioni fiscali per fondi integrativi e welfare aziendale. Ecco tutti i conti di Gimbe

Per la Fondazione di Nino Cartabellotta a tanto ammontano le agevolazioni per i quasi 11 milioni di italiani iscritti ai fondi sanitari. Una massa di denaro che per Gimbe andrebbe reindirizzata nella sanità pubblica limitando le funzioni dei fondi alle sole prestazioni integrative.  

Nuovo affondo della Fondazione Gimbe contro la sanità integrativa e il welfare aziendale. Questa volta al centro del report ci sono gli oltre 4 miliardi che, questa la stima Gimbe su dati delle Agenzia delle entrate e della Corte dei conti, verrebbero sottratti al Ssn sotto forma di agevolazioni fiscali per i quasi 11 milioni di italiani iscritti ai fondi sanitari.
 
Una massa di denaro pubblico che secondo Gimbe “alimenta profitti privati senza integrare realmente l’offerta dei livelli essenziali di assistenza, permettendo l’espansione di un servizio sanitario parallelo che aumenta le diseguaglianze, non riduce la spesa delle famiglie e alimenta il consumismo sanitario”.
 
Una massa di denaro pubblico, scrive ancora Gimbe, che andrebbe invece reindirizzata “al rilancio della sanità pubblica, evitando di rendersi complice della sua privatizzazione”.
 
“In un momento di gravissima difficoltà della sanità pubblica – sottolinea Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione – pesantemente segnata dalla carenza e dalla demotivazione del personale, non è accettabile che le agevolazioni fiscali destinate a fondi integrativi e welfare aziendale favoriscano la privatizzazione del SSN. I dati documentano infatti che siamo di fronte alla progressiva espansione di un servizio sanitario parallelo che sottrae denaro pubblico per alimentare anche profitti privati, senza alcuna connotazione di reale “integrazione” rispetto a quanto già offerto dai livelli essenziali di assistenza”.
 
“Finalmente da quest’anno – sottolinea ancora Cartabellotta – sono disponibili i dati ufficiali dell’Anagrafe dei Fondi Sanitari Integrativi mantenuta dal Ministero della Salute e soprattutto gli importi relativi alle detrazioni e deduzioni di imposta presentati dall’Agenzia delle Entrate nel corso di un’audizione parlamentare e ripresi dal Rapporto della Corte dei Conti 2019 sul coordinamento della finanza pubblica”.
 
Questi i risultati delle analisi effettuate dalla Fondazione GIMBE su varie fonti documentano per l’anno 2017:
- 322 fondi sanitari integrativi attestati dal Ministero della Salute
 
- 10.616.847 di iscritti ai fondi di cui il 73% lavoratori, il 22,3% familiari e il 4,7% pensionati
 
- 85% dei fondi sanitari riassicurati e/o gestiti da compagnie assicurative
 
- 40% dei contributi versati erosi da costi amministrativi, oneri di riassicurazione e utili delle assicurazioni
 
- € 2.329 milioni le risorse utilizzate per rimborsare prestazioni agli iscritti
 
- 32% la percentuale di risorse destinate a prestazioni integrative quali odontoiatria e long term care
 
- € 11.164 milioni l’ammontare dei contributi versati ai fondi portati in deduzione da persone fisiche per una spesa fiscale complessiva di € 3.361 milioni, considerando un’aliquota IRPEF media del 30%
 
- € 2.053 milioni l’ammontare dei contributi versati da datori di lavoro/società di capitali, per una spesa fiscale complessiva di € 493 milioni, considerando l’aliquota IRES del 24%

Ai € 3.854 milioni di spesa fiscale per fondi sanitari bisogna aggiungere per Gimbe il mancato gettito fiscale per i premi di risultato previsti dal welfare aziendale.
 
Su questo, in assenza di dati ufficiali dall’Agenzia delle Entrate, la Fondazione ha stimato per il 2017 un importo di circa € 311 milioni sulla base dei seguenti dati:
- 2.038.647 lavoratori hanno percepito premi di risultato
- € 1.270 stima del premio di risultato individuale medio
- 40% dei servizi di welfare aziendale riguardano forme di sanità integrativa
- € 1.036 milioni il totale dei premi di risultato, per una spesa fiscale complessiva di € 311 milioni, considerando un’aliquota IRPEF media del 30%
 
Per la Fondazione queste analisi confermano che “una normativa frammentata e incompleta ha favorito l’involuzione dei fondi sanitari ri-assicurati in strumento di privatizzazione del SSN” in quanto:
- I contributi versati ai fondi sanitari integrativi iscritti all’anagrafe del Ministero della Salute sono deducibili, da parte dell’iscritto e/o dell’impresa, sino a € 3.615,20.
 
- Per l’iscrizione all’anagrafe ministeriale il fondo deve solo autocertificare che “impegna” almeno il 20% delle risorse in prestazioni extra-LEA, ovvero sino all’80% delle risorse possono essere destinate a prestazioni già offerte dal SSN pur mantenendo le agevolazioni fiscali.
 
- Le compagnie assicurative, oltre a riassicurare i fondi, svolgono sempre più il ruolo di gestori “propositivi”: offrono una rete capillare di erogatori privati accreditati e propongono “pacchetti” di prestazioni che alimentano il consumismo sanitario, facendo leva sulle inefficienze del SSN (tempi di attesa) e su un concetto distorto di prevenzione (più esami = più salute).
 
- Le imprese stipulano polizze collettive con le compagnie assicurative che selezionano un fondo sanitario iscritto all’anagrafe; il fondo, dal canto suo, assume la gestione del contratto ai fini fiscali e contributivi e riversa alla compagnia assicurativa i contributi dei dipendenti sotto forma di premio.
 
- La normativa sul welfare aziendale ha ridotto ulteriormente il gettito fiscale con il benestare dei sindacati che hanno barattato una quota di salario e TFR con agevolazioni minime per i lavoratori.
 
“Alla Commissione Affari Sociali della Camera – spiega Cartabellotta – va riconosciuto il merito di aver riportato al centro del dibattito politico il ruolo dei fondi sanitari con l’avvio dell’indagine parlamentare. Tuttavia, con il Decreto crescita il Governo del Cambiamento ha riconosciuto la natura non commerciale dei fondi sanitari nonostante oltre 4/5 dei fondi sanitari siano gestiti da compagnie assicurative, permettendo così alle agevolazioni fiscali concesse ad enti non commerciali di alimentare i profitti di imprese commerciali”.
 
“Abbiamo il dovere morale di informare politica, sindacati, professionisti sanitari, lavoratori e cittadini che, a legislazione vigente, fondi sanitari integrativi e welfare aziendale costituiscono un sofisticato strumento di privatizzazione che erode sempre più risorse alla finanza pubblica, le redistribuisce in maniera iniqua, aumenta la spesa sanitaria totale senza ridurre quella delle famiglie ed alimenta il consumismo sanitario aumentando i rischi per la salute delle persone legati a fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento”, conclude Cartabellotta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA