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Giovedì 16 MAGGIO 2019
Al via a Roma gli Stati generali della professione medica. Anelli (Fnomceo): “Noi medici del cittadino, non dello Stato”

Libertà, indipendenza del medico e il suo ruolo sociale, legame forte con il cittadino. Ma anche le criticità del Ssn, a partire dal tema del regionalismo differenziato, fino alla preoccupante recrudescenza di fenomeni razzisti. Questi i punti cardine della relazione del presidente della Fnomceo che ha aperto ufficialmente la prima due giorni di lavoro di un lungo percorso che porterà alla definizione della Magna Carta della professione. E, sul suicidio assistito: “Apriamo al dialogo, salvaguardando la libertà di coscienza e i valori del Codice”. LA RELAZIONE DI ANELLI, LA RELAZIONE DI CAVICCHI

“Siamo i medici del cittadino e non i medici dello Stato. E siamo i professionisti che rendono possibile la piena realizzazione della democrazia in uno stato fondato sui diritti. È pertanto non solo sulle competenze, ma soprattutto sul ruolo di garante dei diritti dell’individuo che dobbiamo rifondare l’autorevolezza del medico, da più parti invocata. È questa la sfida che dobbiamo cogliere con gli Stati Generali, quale luogo dove provare a tracciare nuovi percorsi e condividere nuove soluzioni”.
 
Va dritto al punto Filippo Anelli, Presidente della Federazione degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). Nel suo discorso con cui ha dato ufficialmente il via, oggi a Roma, alla prima due giorni degli Stati Generali della professione medica “Dalla crisi al nuovo paradigma della medicina”, indica con decisione le coordinate del percorso ambizioso, lungo un anno e mezzo e trasversale a tutta la società civile, che la Federazione ha intrapreso per cercare di ri-definire il ruolo del medico, della scienza medica, della medicina e della professione.
 
Il Punto di partenza, le “Cento tesi” messe a disposizione dal filosofo della medicina Ivan Cavicchi (vedi sua relazione introduttiva); quello di arrivo, la scrittura, realizzata e condivisa da tutti, della Magna Carta della professione stessa. Un documento che avrà il difficile e delicato compito di coniugarne i valori fondanti con i diritti e i bisogni dei cittadini, in un contesto sociale e civile sempre più articolato e complesso.
 
E proprio il rispetto e la garanzia dei diritti, dei medici e dei cittadini, è stato il fil rouge della prima giornata di lavori che vede protagonisti i camici bianchi raccolti in cinque tavoli di lavoro che, domani, produrranno altrettanti Documenti sui “Cambiamenti e la crisi della Professione”.
 
I temi dei cinque tavoli di lavoro. Il primo tavolo di confronto, coordinato da Maurizio Grossi e Antonio Panti punta i riflettori sulla “crisi della medicina”. Il secondo tavolo, animato da Giovanni D’Angelo, Giancarlo Pizza e Bruno Zuccarelli, tratta dellaQuestione medica”. La Crisi della metodologia e crisi dell’epistemologia” è invece il tema del terzo tavolo coordinato da Maurizio Benato e Giorgio Berchicci. Il “genere” e la professione medica, metterà a confronto i camici bianchi del quarto tavolo animato da Teresa Galoppi e Maria Maddalena Giobbe. Infine il quinto tavolo su “Errori, insuccessi e responsabilità” coordinato da Giovanni Leoni e Albino Pagnoni.

Insomma, una giornata intensa che Anelli ha voluto aprire con le parole di Carlo Rosselli, antifascista condannato all’esilio, sul significato e sulle possibilità di espressione della libertà e proseguita con la proiezione del corto “Apolide”, del regista Alessandro Zizzo, tratto dalla storia vera di Dabo, un giovane della Guinea, laureato in Scienze politiche, che si trova ad affrontare prima la traversata verso l’Europa e poi la lotta contro il cancro.
 
“Questa storia – ha spiegato Anelli – rappresenta l’incarnazione dei valori del nostro Codice di Deontologia, che impone al medico di accogliere e curare chiunque chieda il suo aiuto, senza distinzioni di sesso, razza, provenienza, cultura, religione. Esprime anche i fondamenti del nostro Servizio sanitario nazionale, che è nato con l’intento di erogare a tutti le stesse cure, secondo i principi di solidarietà, equità e universalità. Questa storia esprime, infine, i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione, su cui fondare il nostro vivere comune, al di là di ogni individuale differenza”.
 
Anelli non ha risparmiato argomenti ‘scomodi’. Ha parlato di razzismo e discriminazione nei confronti degli stranieri, un fenomeno al quale i medici non possono voltare le spalle, ma impegnarsi perché “la cultura dell’accoglienza non è un fatto ideologico, ma una questione deontologica, oltreché di sanità pubblica”. “La salute e il benessere dei migranti – ha perciò ammonito Anelli – devono necessariamente procedere di pari passo con la salute e il benessere della comunità ospitante. Promuovere la cultura dell’accoglienza, anche attraverso la formazione, ci permette di garantire a tutti quel diritto alla salute che, ricordiamolo, non è un diritto di cittadinanza, ma diritto di umanità, che ci spetta in quanto persone”.
 
Ma accanto a questo richiamo ad un’assunzione forte di responsabilità, Anelli chiama in causa anche le criticità che pesano come spada di Damocle sulla professione e sul Ssn. A tenere banco il tema di grande attualità del regionalismo differenziato, che, se condotto senza un congruo sistema di contrappesi, può mettere a rischio la tenuta stessa del Ssn quale sistema che coniuga la sua dimensione universalistica con quella solidaristica, per garantire l’equità nell’accesso alle cure a tutti i cittadini e il diritto alla salute a tutte le persone presenti sul suolo italiano.
 
“Queste peculiarità del Ssn e il diritto alla salute – ha affermato il presidente Fnomceo –  ora rischiano di esser compromesse da una proposta che vorrebbe trasformare la legittima esigenza di autonomia in un processo che vede l’attribuzione della potestà legislativa esclusiva in materia di sanità ad ogni singola Regione. Proposta che rischia di creare modelli di assistenza differenti tra Regione e Regione e di approfondire il solco e le disuguaglianze tra le diverse zone del Paese. Non è questa la migliore opzione – ha aggiunto –  non si deve innescare una contrapposizione tra Nord e Sud del Paese quanto piuttosto trovare soluzioni, anche con finanziamenti dedicati che abbiano come obiettivo l’omogeneità delle prestazioni e dei servizi assicurati ai cittadini”.
 
È dunque tornata, nelle parole di Anelli, l’idea di una sorta di “Piano Marshall” per il servizio sanitario, che recuperi il gap storico, strutturale e organizzativo del Sud attraverso finanziamenti ad hoc, senza quindi penalizzare le regioni virtuose del Nord e senza innescare una contrapposizione nord/sud che non giova all’insieme del Paese.
 
Anelli ha poi toccato il delicato tema del suicidio assistito, procedendo sul solco del tema conduttore, ossia il rispetto e la garanzia dei diritti dei medici e dei cittadini, richiama ai principi del Codice deontologico: “Il medicoè colui che, attraverso l’empatia e il rapporto umano e di fiducia che lo lega al paziente, riesce a garantire i diritti previsti dalla nostra Carta Costituzionale: il diritto alla salute e il diritto all’autodeterminazione. Garantire tutto ciò senza sovvertire l’assetto valoriale dell’essere medico è la sfida che coinvolge oggi non solo la professione medica, ma tutte le professioni sanitarie e la società civile”.
 
Per questo, ha premesso Anelli: “Considero il dialogo sul suicidio assistito utile e necessario, credo che debba essere scevro da pregiudiziali ideologiche o politiche,e animato solo da sensibilità intellettuale e disponibilità a comprendere sino in fondo le ragioni di determinate scelte. Ma anche dalla volontà di valutare le possibili conseguenze del cambiamento del paradigma, quello che vede la malattia come il male e la morte come il nemico da sconfiggere, che sinora ha caratterizzato l’esercizio della professione medica”.
 
Per Anelli bisogna quindi aprire un dibattito pur “salvaguardando sempre la libertà e il principio del primato della coscienza che deve essere garantito a tutti i cittadini, medici compresi, anche attraverso la possibilità di una obiezione di coscienza”.
 
Ester Maragò

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