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Giovedì 28 MARZO 2019
Ospedale Sant’Antonio. Anaao: “No ai diktat dell’Università e della politica”



Gentile direttore,
dopo l’assemblea intersindacale dei medici dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova e dell’Azienda Ulss Euganea del 20 marzo scorso e mentre si sta completando la raccolta firme per la petizione contro la sua dismissione e cessione alla Azienda Ospedale-Università, anche la Segreteria Aziendale Anaao Assomed della AULSS 6 Euganea ritiene doverose alcune precisazioni in merito alle dichiarazioni del Prof. Mario Plebani pubblicate sul quotidiano “Il Gazzettino” il 22 Marzo dal titolo “Ospedale, il Bo dice sì al piano della Regione” anche sul passaggio “obbligato” del Sant’Antonio all’Azienda Ospedale-Università di Padova.

Il Prof. Plebani ha scelto di esplicitare quello che tutti avevamo purtroppo in realtà già capito fra le righe di un’operazione inaudita e senza precedenti, ma le parole sono importanti, hanno un peso, considerato anche il ruolo di prorettore vicario e presidente della Scuola di Medicina che egli rappresenta. Pertanto è doverosa una nostra riposta che non può essere sommaria, giusto perché i cittadini comprendano a che gioco si sta giocando e che il professore capisca la nostra posizione. Si chiama “diritto di critica”.

Di fronte alla posizione del Prof. Plebani, che ama peraltro ancora parlare al popolo con un obsoleto plurale maiestatis, restiamo sconcertati e profondamente offesi. “Siamo aperti”, dice il professore, dopo aver dichiarato che “la Regione ha accettato e ripreso nelle sue linee guida la nostra visione” e che “abbiamo preparato il nostro documento sulla visione degli ospedali”, “sotto una sola regia”, ovvero alle univoche condizioni dell’Università. Ma hanno chiesto qualche cosa ai medici della AULSS 6? Aperti con chi?
 
Nutriamo il massimo rispetto per l’istituzione universitaria, da cui ci si aspetta però cultura, ascolto e dialogo, e non posizioni unilaterali che hanno escluso a priori quelle di chi, quotidianamente e da decenni, cura i pazienti in percorsi assistenziali ormai profondamente radicati e consolidati nel territorio. È questo quello che insegna la Scuola di Medicina che il Prof. Plebani presiede? Sarà contento, il professore, di aver risposto con tono accademico dal pulpito dell’Università, nonostante le posizioni molto critiche dei medici del Sant’Antonio ampiamente pubblicizzate dalla Stampa. Escluderli dalle decisioni sulla programmazione sanitaria e sul proprio futuro è un gravissimo errore metodologico. Un corporativismo universitario inaccettabile, anacronistico, padronale e non professionale. “Occorre riportare l'etica comportamentale al centro della professione medica” – aveva dichiarato il Prof. Plebani – “che non può risolversi in una pratica tecnocratica. Parlo del rispetto autentico tra colleghi” (Il Mattino di Padova, 17/1/2018). Lo pretendiamo.

Allora, dopo aver accennato a una “visione unificata”, il professore precisa che “sono numeri sui quali abbiamo ragionato”. Numeri, appunto. Pazienti e medici, sono numeri. In un momento storico in cui il nostro Ministro della Salute, pure medico, dichiara in TV che “i medici rivedano il rapporto coi cittadini” scatenandosi contro – giustamente – le ire di tutta la categoria, e dove assistiamo alla continua derubricazione e delegittimazione della professionalità dei medici da parte di una politica scellerata, non accettiamo di essere considerati per l’ennesima volta numeri, pedine da spostare da un contenitore all’altro, pura manovalanza, perché c’è chi ha già deciso per noi, totalmente esclusi e dimenticati, una pessima immagine per i cittadini di come stanno operando politici e amministratori, costi quel che costi. Nel 2019 l’Università dovrebbe accendere la luce sulla centralità della figura del medico, sempre più depauperata, invece di pensare solo ai propri progetti accademici.
 
Invece, “quello del S. Antonio è un percorso obbligato” dichiara il professore, “lo si sapeva da cinque anni ed era implicito nei pre-accordi con la Regione”, parole che suonano come un editto che esclude qualsiasi tipo di confronto, verso cui dobbiamo solo chinare il capo, perché il professore non vuole “conflitti o polveroni politici”, per cui "accettiamo" rivolto a tutti, risuona inevitabilmente ma minacciosamente anche come "accettate". La totale mancanza di trasparenza prima e dopo nelle schede di dotazione ospedaliera su questo punto è esemplare, ed è indice di due elementi: l’assenza completa del rispetto delle professionalità e la natura sospetta di progetti condotti dietro le quinte aggirando qualsiasi dialogo. Si procede a una dimensione, in un’unica direzione, quella dell’Università, che cerca spazi perché non ne ha più, a braccetto con quella della politica, che non vuole perdere consensi.
 
Tutto questo spiega le scorrettezze e le forzature nell’imposizione di un tale processo di cambiamento. Si tratta di un modus operandi che si sta consolidando sempre di più in Veneto, un sistema quasi dittatoriale in cui gli ordini centrali passano come per pupi e marionette dalla politica ai Direttori Generali (ora molti di meno rispetto a quando non esistevano le macro-Ulss) e a cascata ai dirigenti apicali e quindi ai medici, in nome di “obiettivi di budget”. Tanto se c’è un problema sarà sicuramente, come prassi, colpa dei medici. Perché, del resto, premere così tanto l’acceleratore per un progetto ancora da avviare, che potrebbe completarsi non prima del 2031, ma già impostato con divisione di pani e pesci da una pianificazione di soli quattro anni fino al 2023? A costo di smontare la centralità di un ospedale, il Sant’Antonio, trasformato in un fantasma, cancellato tout court in “comodato d’uso” come un pacco regalo per l’Azienda Ospedale-Università.

Il professore auspica “un'idea di sanità padovana e veneta fortemente integrata con il territorio” e di “disegnare dei percorsi per i quali il paziente riceva tutte le cure specialistiche”. Alla AULSS 6 li abbiamo già, e funzionano benissimo. I percorsi sono della AULSS, perché questo è il suo territorio, mentre l’Azienda Ospedale-Università espleta, e lo deve fare bene, il proprio compito di alta specializzazione, eccellenza e formazione. Il Prof. Plebani cita il “people mover” che invece di collegare, dimostra solo quanto i due ipotetici ospedali (Giustinianeo e Polo est) siano in realtà scollegati, in barba al DM 70/2015, contraddicendosi da solo, perché per il paziente il professore non vuol “farlo spostare come accade oggi”. Però il people mover va benissimo, ancora in barba anche ai costi per la sua realizzazione, funzionamento, manutenzione e sicurezza per i pazienti. Vogliamo ancora ospedali senza adeguati collegamenti di trasporto e senza parcheggi?

Non aggiunge altro sui pazienti, il professore. Ma è sicuro che le liste di attesa di questi pazienti miglioreranno? E sa che i posti letti previsti saranno di meno? Sanno i pazienti che saranno costretti a operarsi non più al Sant’Antonio ma a Piove di Sacco, Camposampiero, Cittadella o Schiavonia? A titolo di esempio, spieghiamo al professore che in questo "percorso obbligato" si perderanno i letti (30) della Medicina e delle Lungodegenze (54) del Sant'Antonio, e i letti della Geriatria del Polo Est dovranno ospitare anche i letti dell'Unità Semplice Dipartimentale del CRIC (Centro Regionale Invecchiamento Cerebrale), dove vengono studiati in genere pazienti under-70! E dove andranno tutti i più anziani polipatologici che quest'inverno hanno richiesto solo al Sant'Antonio l'apertura di ben 20 letti in appoggio nelle Chirurgie? Forse il people mover servirà anche a portarli negli altri ospedali Ulss?
 
È un taglio con l’accetta al Servizio sanitario, e Padova avrà, come per magia, meno servizio pubblico. E più privato, come Anaao Assomed ha già denunciato. E poi, per chiarezza, “ospedale di comunità” non è quello di cui parla il professore “con un pronto soccorso”, ma indica tecnicamente un altro tipo di struttura, territoriale, dedicata al ricovero di una diversa tipologia di pazienti. Forse intendeva community hospital (rispetto al teaching hospital), che è ben altro, non confondiamo i termini. E delinea ancora maggiore confusione con l’Ospedale della mamma e del bambino: da oltre un anno si deve ancora abbattere l’edificio della Pneumologia; poi però il Prof. Plebani propone una Neurochirurgia pediatrica e un’Ostetricia in centro e una Ginecologia in periferia. Che senso ha spezzare competenze e attività! Razionalizzazione dei primariati? Lo faccia l’Università a casa sua. La carenza di primari all’Ospedale Sant’Antonio da anni si è rivelata un dannoso errore strategico, frutto, evidentemente, di un preciso disegno politico a monte.

Opportunità per gli ospedalieri? E di che tipo? E per chi? Il professore ci considera – noi poveri ospedalieri – “un’opportunità di rango accademico”. Grazie di averci riconosciuto una tale competenza, avevamo proprio bisogno di questa consacrazione. C’era qualche dubbio? Per partecipare a progetti di ricerca collettiva per immaginarie carriere di pochissimi? Ribadiamo che il protocollo di intesa Regione-Università è stato ritenuto illegittimo da Anaao Assomed, che ha presentato più ricorsi in merito.
 
Diciamolo bene ai cittadini, che l’Azienda ha proposto bandi a specialisti con borse di studio da poco più di 1000 euro al mese, e che diversi colleghi si sono trovati a lavorare in Azienda Ospedale-Università di Padova appesi nel limbo per anni con contratti a partita IVA totalmente illegittimi, poiché mascheravano come “consulenti” incarichi da lavoratore dipendente per prestazioni ordinarie. Una pratica illegale contro cui Anaao Assomed ha già diffidato tutte le Regioni e tutte le Aziende Sanitarie del SSN. Medici portati quasi alla gogna sulle pagine dei giornali come “i consulenti più pagati” dell’Azienda Ospedale-Università di Padova. Quali consulenze, era il loro lavoro quotidiano! E che dire sull'imbarazzante pasticcio delle consulenze esterne per milioni di euro in cui sono state coinvolte l'anno scorso la facoltà di Medicina e l’Azienda?

Come ha denunciato Anaao Assomed, in Azienda mancano 153 medici. Ce li prendete dalla AULSS 6 Euganea alla quale mancano 139 dirigenti medici? Ora le opportunità vere sono solo quelle per l’Azienda Ospedale-Università. Abbiamo scelto di lavorare nella AULSS 6 e all’Ospedale Sant’Antonio per essere più vicini possibile ai cittadini, utilizzando tutte le nostre competenze mediche lontano da un certo carrierismo universitario tipicamente italiano, spesso uno specchietto per le allodole.
 
Negli anni il Sant’Antonio si è arricchito di moltissimi reparti e servizi per sopperire alle richieste della popolazione, che non venivano sufficientemente soddisfatte dall'Azienda Ospedale-Università a livello territoriale; col tempo si è anche sopperito al ruolo formativo degli specializzandi, molti dei quali chiedono fortemente di venire da noi per imparare, visto che in Azienda Ospedale-Università si sentono lasciati a loro stessi; negli anni il Sant’Antonio ha dimostrato una vera eccellenza ed efficienza, si vedano il numero di interventi, la degenza media nei reparti internistici con DRG molto pesanti, fra i primi in Italia. Siamo diventati pericolosi “competitors” per il modello universitario? E per concludere in bellezza ci mette persino la ciliegina sulla torta, il professore, perché ritiene ci sia anche un valore aggiunto nell'accordo con la Regione, dato che “l'abbattimento delle cliniche restituirà alla città l'area delle Mura”. Bene, allora prendiamoci il Sant’Antonio. E subito.

Concludendo, non vogliamo che medici e cittadini vengano raggirati da mistificazioni, cadendo in una trappola. La complessa partita sui nuovi poli ospedalieri padovani non può certo giocarsi sulla pelle e l'attrattiva del Sant'Antonio, dei suoi assistiti e di chi ci lavora. Si tratta di una questione di responsabilità, perché la salute non passa per le mani di politici e amministratori, ma attraverso quelle di chi la garantisce, medici e tutti gli operatori sanitari; dimenticarsi di loro per decidere, è semplicemente vergognoso sotto ogni profilo. Grazie, prof. Plebani, per averci spiegato il vostro disegno. Se è questa la modalità operativa che sostengono l’Università di Padova, la sua Scuola di Medicina e la Regione Veneto, noi la rispediamo al mittente.
 
Il Segretario e i Dirigenti Medici della Segreteria Aziendale ANAAO-ASSOMED della AULSS 6 Euganea Mirko Schipilliti, Diego Caroli, Nicola De Piccoli, Emilio Garbin, Filippo Invidiato, Mario Perini, Chiara Seresin, Paola Tessaro, Alberto Villacara

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