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Lunedì 28 GENNAIO 2019
Sanità integrativa. Nel Rapporto Gimbe molte inesattezze
Gentile Direttore,
sento il dovere da professionista del settore di fare alcune precisazioni su di una serie passaggi contenuti nel Report Gimbe sulla Sanità Integrativa al quale QS ha dedicato ampio spazio nei giorni scorsi. Il Report parte da una considerazione profondamente errata: si sostiene infatti che i Fondi Sanitari sarebbero diventati sempre più sostitutivi appropriandosi di prestazioni di competenza del Servizio Sanitario Nazionale grazie ad una normativa frammentaria ed incompleta che avrebbe, peraltro, anche permesso alle Compagnie Assicurative di travalicare il perimetro riservato alle loro attività.
In proposito bisogna ricordare che i Fondi Sanitari hanno da sempre erogato anche prestazioni ricomprese nei Livelli Essenziali di Assistenza, ed anzi originariamente – diversamente da quanto afferma il Report Gimbe – non erogavano affatto prestazioni extra-LEA. Sono stati la legge Bindi, prima, ed il Decreto Turco, poi, a prevedere quale requisito di accesso ai benefici fiscali che i Fondi Sanitari iscritti all’Anagrafe del Ministero della Salute (e quindi non necessariamente tutti i Fondi Sanitari) dovessero erogare almeno una quota di prestazioni integrative.
Sin dall’origine il legislatore ha collegato l’entità dei benefici fiscali riconosciuti ai Fondi Sanitari ad una erogazione solo parziale di prestazioni integrative. Ed essendo la stessa normativa a fissare tale quota nel 20% dei contributi/premi destinati a coprire le prestazioni integrative richieste dagli assicurati non ha alcun senso puntare il dito verso Fondi Sanitari e Compagnie Assicurative che anzi, come il report stesso conferma, stanno erogando una quota di tali prestazioni già ben al di sopra di quella richiesta a livello regolamentare.
Priva di qualsiasi fondamento risulta anche l’ulteriore tesi secondo la quale la Sanità Integrativa sottrarrebbe risorse alla fiscalità generale che potrebbero essere destinate a finanziare il Servizio Sanitario Nazionale. Buona parte del beneficio fiscale applicato ai contributi versati ai Fondi Sanitari sostanzialmente si “autofinanzia”: le minori imposte pagate dai cittadini assicurati da una Forma Sanitaria Integrativa, che ammontano a non più di 1,2 mld di Euro (contro i 3,3 mld di Euro di minor gettito fiscale per detrazioni sanitarie per le cure private destinati ai cittadini non assicurati da Forme Sanitarie Integrative), trovano buona copertura nelle risorse aggiuntive derivanti all’Erario attraverso l’imposta sui premi applicata a qualsiasi versamento effettuato da parte dei Fondi Sanitari alle Compagnie Assicurative (alla quale andrebbe aggiunta, in realtà anche l’imposta sulle riserve tecniche appostate dalla Compagnia per far fronte al rischio assicurato) e dal mancato riconoscimento di detrazioni sanitarie per le spese sanitarie sostenute dal cittadino per la quota parte oggetto di rimborso da parte del Fondo Sanitario.
Senza voler contare, poi, l’effetto emersione che Fondi Sanitari e Polizze sono in grado di favorire rispetto alle prestazioni mediche ed ai servizi prodotti privatamente (come noto, infatti, per essere risarciti da un Fondo Sanitario è indispensabile presentare a rimborso oltre alla documentazione medica anche una regolare fattura).
Un’ultima, ma non meno grave, incoerenza dell’impianto di Gimbe è quella che riguarda l’appropriatezza delle prestazioni erogate dalle Forme Sanitarie Integrative. Anche perché, è bene ricordarlo, i Fondi Sanitari e le Compagnie Assicurative nel nostro Paese non erogano trattamenti sanitari né sono autorizzati per legge a controllarne l’appropriatezza ma si limitano a garantire il risarcimento dei costi (ticket inclusi) sostenuti dai cittadini per le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria. Il garante dell’appropriatezza, pertanto, sia nel caso del Servizio Sanitario Nazionale sia nel caso dei Fondi Sanitari e delle Polizze Assicurative rimane il medico prescrittore che, peraltro, nella stragrande maggioranza dei casi (soprattutto nel caso dei Fondi Sanitari) risulta essere in base alle regole di polizza proprio il medico di base.
In quest’ottica appare difficile sostenere che i Fondi Sanitari sarebbero diventati in prevalenza sostitutivi del Servizio Sanitario Nazionale ed affermare nel contempo che le prestazioni erogate, che a questo punto non potrebbero che essere in prevalenza proprio quelle ricomprese nei Livelli Essenziali di Assistenza, possano risultare inappropriate o – persino – ingenerare rischi per la salute dei cittadini.
Un’altra contraddizione contenuta nel Report riguarda i due trend decrescenti elaborati da Gimbe per sostenere che i Fondi Sanitari starebbero progressivamente riducendo l’entità media dei rimborsi garantiti ai propri assicurati, con una contrazione più che proporzionale per quanto riguarda le prestazioni integrative.
Tale teoria, infatti, da un lato contrasta con le evidenze dei diversi studi attuariali internazionali che convergono nell’individuare nell’ultimo quinquiennio una crescita media del 7,7% delle prestazioni erogate dai Fondi Sanitari e dall’altro sono agevolmente smentiti dalle principali evidenze contenute nei Bilanci delle principali Forme Sanitarie Integrative. (Ad es. il Fondo sanitario del settore metalmeccanico ha più che raddoppiato l’incidenza percentuale delle prestazioni sanitarie integrative assicurate ai propri assicurati finanziando oltre 60 milioni di Euro di spese odontoiatriche).
Nel Report Gimbe, poi, si parla anche in modo piuttosto “ambiguo” di risorse impegnate per il settore della Sanità Integrativa che dovrebbe essere pari a circa 2,3 mld di Euro. Ora se per “risorse impegnate” ci si vuole riferire alle entrate dei Fondi Sanitari e delle Compagnie Assicurative il dato è assolutamente sottostimato visto che i contributi/premi versati alla Sanità Integrativa ammontano a poco più di 3,9 mld di Euro.
Si consideri infatti che solo le Compagnie Assicurative hanno incassato nel 2017 premi per oltre 2,7 mld di Euro (fonte Annuario Statistico ANIA), pur rappresentando in termini di risorse raccolte poco meno del 70% del settore della Sanità Integrativa. L’inesattezza di tale dato, peraltro, palesa anche un’ulteriore possibile contraddizione rispetto al dato fornito come ammontare rimborsato dai Fondi Sanitari e dalle Compagnie Assicurative indicato, anch’esso, come pari a 2,3 mld di Euro.
Ora se queste risorse fossero davvero “impegnate” in senso tecnico-assicurativo sarebbe irragionevole pensare che possano anche essere integralmente rimborsate, tanto più che contemporaneamente il Report sostiene che i Fondi Sanitari e le Compagnie Assicurative avrebbero costi compresi tra il 40% ed il 50% (in realtà il dato reale è di poco più del 10%) e starebbero, anche, incrementando i propri profitti…
Nessuna spiegazione, da ultimo, viene fornita poi rispetto al raccordo tra tali dati e l’ammontare della Spesa Sanitaria Intermediata che viene indicato come pari a 5,6 mld di Euro risultando del tutto incompatibile con un livello di indennizzo delle Forme Sanitarie Integrative pari in media al 66% del costo delle cure private dei propri assicurati.
Siamo profondamente convinti che un Secondo Pilastro Sanitario, incentrato sugli stessi principi di universalismo ed uguaglianza sui quali poggia il suo fratello maggiore Pubblico, rappresenti ora ed in prospettiva uno strumento imprescindibile per garantire agli italiani un Diritto alla Salute effettivamente esigibile per tutti.
Marco Vecchietti
Amministratore Delegato e DirettoreGenerale di RBM Assicurazione Salute
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